Sulle vecchie banconote slovene da 20 talleri campeggiava l’effigie del barone Janez Vajkard Valvasor (1641-1693), uno dei figli più illustri di quella terra, tanto che un suo monumento bronzeo sorge nel parco antistante il Museo Nazionale di Lubiana. Difficile definire in poche parole questo personaggio poliedrico, perché durante la sua breve vita si occupò un po’ di tutto: fu storiografo, etnografo, naturalista, geografo, geologo, alchimista e numismatico, ma anche scrittore, editore, cartografo, disegnatore e incisore. Il suo colto eclettismo lo fa annoverare tra gli antesignani dell’enciclopedismo illuminista settecentesco, a metà strada tra Rinascimento ed Illuminismo, e non a caso fu accolto come membro della Royal Geographical Society inglese, la più prestigiosa accademia culturale dell’epoca. Tra i tanti meriti gli va riconosciuto quello di essere stato un precursore per lo studio dei fenomeni carsici, il primo a spiegare scientificamente il complesso meccanismo idrologico di intermittenza dei laghi carsici di Cerknica e Planina, di aver intuito e verificato i percorsi ipogei dei fiumi carsici Reka-Timavo, Piuca e Lokva, a descrivere il proteo, il più straordinario abitante delle grotte slovene, a tramandarci l’avventurosa storia del cavaliere Erasmo Lueger, il Robin Hood della Carniola, e dell’imprendibile castello di Predjama, a descriverci i primitivi sci con cui si spostavano d’inverno i montanari carniolani, a misurare l’altezza di parecchie montagne ed a progettare un tunnel sotto la catena delle Caravanche, tra Slovenia e Carinzia, che fu realizzato soltanto nel 1964, ma usando i suoi calcoli ancora attuali. E l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Nato come dodicesimo figlio a Lubiana nel 1641 in un palazzo tuttora esistente affacciato sulla Piazza Vecchia, da una ricca famiglia di origine bergamasca (il nonno Girolamo Vavassori era un commerciante di Telgate trasferitosi in Slovenia alla fine del 1500, mentre la nobile famiglia materna, i Rauber, avevano dato alla città uno dei primi vescovi), il giovane Janez passò l’infanzia tra la capitale e il castello di famiglia di Gallomek presso Islake (nello Zagorje sloveno) dove è sepolto, orfano a 10 anni studiò dai Gesuiti prima in patria poi in Germania, senza mostrare particolare propensione se non per gli aspetti tecnici e scientifici, combattè assieme agli Ungheresi contro i Turchi e viaggiò parecchio per la sua epoca, visitando Germania, Austria, Svizzera, Francia, Italia e nord Africa. Ma soprattutto visitò accuratamente le regioni slovene di allora, che oltre alla Carniola comprendevano anche la Carinzia e l’Istria, descrivendola nella monumentale opera “La Gloria del ducato carniolano”, un libro in 4 volumi scritto in lingua tedesca e pubblicato in appena 500 esemplari a proprie spese a Norimberga nel 1689, frutto di ben otto anni di peregrinazioni e di ricerche in biblioteca. Se le sue 3.532 pagine costituiscono ancora oggi la più ricca messe di informazioni geografiche, storiche, etnografiche, naturalistiche e descrittive sulla Slovenia del 1600, le 535 stupende incisioni allegate illustrano e fotografano città, villaggi, castelli e monasteri, chiese e monumenti come erano a quei tempi, che ne fanno la più antica e completa guida turistica ante litteram di una regione europea. Anche la motivazione che lo portò ad intraprendere una iniziativa tanto impegnativa, e priva di altri precedenti, risulta decisamente moderna: il fatto di aver constatato nel corso dei suoi frequenti viaggi all’estero, soprattutto in Francia, quanto fosse poco conosciuta la sua terra; un misto di orgoglio e di nazionalismo da parte di un erudito che in realtà era, almeno in parte, sloveno solo per acquisizione piuttosto recente.
La presenza del colto barone si può cogliere ancora oggi visitando l’elegante bianco castello rinascimentale di Bogensperk, 40 km ad est della capitale Lubiana, che Valvasor acquistò nel 1672 per trasferirvi la sua ampia biblioteca, tra le più ricche dell’Europa Centrale e ancora oggi conservata quasi intatta presso la Biblioteca Nazionale di Zagabria in Croazia, e le sue molteplici collezioni e per impiantarvi la sua preziosa stamperia, la più antica della Slovenia. A quei tempi infatti per fare l’editore occorreva per prima cosa produrre la carta e per tradurre i disegni in immagini incidere lastre di rame e poi stamparle con inchiostro e pressa. Prima della sua opera più famosa aveva già scritto e stampato, la maggior parte proprio nel castello di Bogensperk, altri otto libri illustrati, principalmente di carattere geografico. L’attività di scrittore, ricercatore ed editore, se da un lato gli garantì una fama imperitura, dal punto di vista economico non si può purtroppo dire che gli portò fortuna. Oberato dai debiti, nel 1692 fu infatti costretto a vendere tutte le sue proprietà, compreso il bel castello, per ritirarsi a vivere in una modesta abitazione a Krsko, dove morì un anno dopo, solo, povero e negletto, a soli 52 anni. A Bogensperk, ora trasformato in museo, la presenza di Valvasor è rimasta però immutata nel tempo: c’è ancora il suo studio, una copia originale del suo ponderoso libro, il laboratorio della carta e la macchina per la stampa, un’esposizione delle sue suggestive incisioni, gli strumenti cartografici e geodetici, i trofei di caccia, una raccolta di costumi sloveni seicenteschi e una curiosa collezione di oggetti di medicina popolare, di magia e di stregoneria, materie tutte di cui fu profondo cultore. Curiosamente questo eclettico genio carniolano, ben noto in Slovenia come simbolo culturale nazionale, risulta quasi sconosciuto in Italia (nonchè all’estero), sua terra d’origine. Idealista ma anche pragmatico, nazionalista e internazionalista al tempo stesso (era di origini italiane, viveva in Slovenia e scriveva in tedesco), lo si può definire un cittadino europeo, e del mondo di allora, ante litteram. Ogni volta che sfogliamo una guida turistica, dovremmo rivolgergli un pensiero riverente.
Testo / Giulio Badini