“Voglio vederti danzare come le zingare del deserto con candelabri in testa o come le balinesi nei giorni di festa. Voglio vederti danzare… al suono di cavigliere del kathakali“. Franco Battiato ha portato fino a noi tutta la magia della più antica danza indiana, evocata dalle immagini di un suo famoso brano. Ma per conoscerla dal vivo e apprezzare tutto ciò che sta dietro uno spettacolo di kathakali bisogna fare un lungo viaggio nel tempo e nello spazio, per arrivare fino all’India di circa quattro secoli fa, e più precisamente nel Kerala.
Questo stato sulla costa tropicale di Malabar, uno dei più floridi della penisola indiana, famoso per le spiagge e i palmeti, per l’ayurveda e per la fama che lo rese il paradiso degli hippie negli anni Settanta, affonda le sue radici e lega persino i suoi colori nel kathakali. Chi arriva in questi luoghi li associa infatti alle maschere colorate vendute come souvenir. Dietro queste maschere però c’è una storia ricca di suggestioni, che si ripete ogni giorno nelle scuole dove viene tramandata: la più nota si trova a Cochin. Nato dall’altra parte del globo, mentre nell’antico continente Shakespeare diventava il maestro della drammaturgia occidentale, l’arte del kathakali costituisce una forma espressiva di teatro danza basata sulla messa in scena di personaggi che rappresentano tipi – riconoscibili appunto attraverso le maschere – e raccontano storie, sentimenti e passioni senza tempo, come l’eterna lotta fra il bene e il male. A interpretarla, come accadeva nel teatro greco antico, sono solo gli uomini: maschi sono i personaggi, anche quando interpretano le donne, e maschi i musicisti.
Tecnicamente il kathakali è una combinazione di cinque diverse forme d’arte: letteratura, musica, pittura, arte drammatica e danza. I suoi personaggi, coi volti preziosamente dipinti di colori accesi, elaborati copricapi e costumi ricchissimi, alcuni dei quali arrivano a pesare fino a 25 chili, raccontano storie tratte dal Mahabharata e dal Ramayana, i due più importanti poemi epici dell’India, accompagnati da cantanti e percussionisti. Il Kerala Kathakali Center, a Cochin, rappresenta la principale scuola di questo stato e l’unico teatro autentico dove kathakali, musica, arti marziali e altre forme di danza sono insegnate e proposte al pubblico di tutto il mondo, con spettacoli quotidiani (www.kathakalicentre.com). Il teatro si presenta piccolo ed accogliente, molto diverso dai nostri scintillanti templi della prosa o della danza, ma non bisogna farsi confondere dall’aspetto essenziale della sala o dalla possibilità, consentita a tutti, di assistere al dietro le quinte. Le fasi del trucco e della preparazione infatti qui si svolgono davanti al pubblico.
Se sul palco va in scena un concetto semplice, come quello dell’eterna lotta tra il bene e il male giocata da personaggi dalle fattezze quasi divine, uno spettacolo nello spettacolo è infatti quanto avviene prima. Non si può accostarsi al kathakali infatti senza avere assistito alla preparazione e alla complicata fase del trucco, un rituale quasi sacro capace di durare ore e che va seguito trattenendo il fiato. Il trucco appare fondamentale, poiché questa è l’unica forma di danza indiana in cui tutto il corpo, anche il più piccolo muscolo facciale, serve a trasmettere a chi assiste le diverse emozioni, grazie a una serie di espressioni codificate e quindi subito riconoscibili. Hanno un codice antico anche i costumi. E abiti e trucchi diversi rappresentano le diverse maschere del kathakali: l’eroe (Sathwika), il cattivo (Kathi), la donna (Minukku).
Il trucco segue un rituale complesso durante il quale gli attori, sdraiati o seduti, entrano via via nel loro personaggio, trasformandosi negli eroi o nei demoni che devono interpretare. Come base sul viso viene stesa una miscela di pasta di riso e calce, anche gli occhi vengono evidenziati. I protagonisti si dipingono persino gli occhi di rosso con semi di chundanga per stimolare le lacrime e intensificare la drammaticità dello spettacolo. Il trucco verde, tagliato con segni rossi sulle guance, rappresenta il re demone Ravana. I cattivi vestono di rosso, mentre gli abitanti delle foreste sono truccati di nero e le donne hanno un volto giallastro e lucente. Durante il rituale del trucco gli attori approfittano per prendere concentrazione. Anche in questo caso arte è addestramento e disciplina, garantita dalle tecniche di concentrazione e dalla conoscenza della kalaripayattu, antica arte marziale del Kerala. Alla fine la rappresentazione comincia: si parte al tramonto, alcuni spettacoli possono durare fino all’alba.
Ma Cochin non costituisce solo la capitale del kathakali. Anzitutto è la città più cosmopolita dell’India del Sud, primato garantito dai suoi numerosi conquistatori che si sono succeduti nel tempo, come testimoniano il Palazzo olandese a Mattancherry, la sinagoga con il quartiere ebraico, la chiesa di San Francesco (costruita nel 1500, è la più antica chiesa europea in India) dove si conserva la lapide di Vasco De Gama, fino alle stesse spiagge lussureggianti costellate dalle reti da pesca cinesi, che ricordano i suoi antichi abitanti. Furono i portoghesi dell’antica colonia di Macao infatti a riportare queste reti a Cochin, nelle sue acque costiere molto pescose. Prima ancora ci furono i cinesi, spazzati via dagli arabi, che le tolsero di mezzo. Ora le gigantesche reti cinesi sono tornate: sfruttando un sistema di contrappesi garantiscono grandi risultati. Durante la giornata le reti vengono calate sott’acqua più volte per un periodo che va da 5 a 20 minuti, per essere poi rialzate dalla squadra di pescatori, raccogliendo il pesce che nuota vicino alla riva.
Il risultato di una sola pesca risulta in grado di sfamare un paese. Ma l’effetto delle reti cinesi non è solo economico. La loro trama, che ricama sotto il sole il litorale della laguna di Cochin, costituisce uno spettacolo da non perdere soprattutto all’alba e al tramonto. Ancora in grado di lasciarci senza parole, uguale a quanto avveniva sei secoli fa…
Info: www.viaggindia.it – tel. 800 131 001 e 035 039 30 51
Ufficio nazionale Turismo Indiano: www.indiatourismmilan.com – tel. 02 80 49 52
info@indiatourismmilan.com –
Testo/Monica Guzzi – Foto/Monica Guzzi e Google Immagini