Sarà perchè sono nato e cresciuto in campagna, pianura padana bolognese, tra piante ed animali, ma detesto i cacciatori assassini della fauna fin da quando ero bambino. E allora, nel primo dopoguerra, per parecchi poteva ancora passare per uno dei pochi svaghi possibili, un modo atavico di socializzare tra poveracci. Una volta cresciuto e divenuto uno dei primi giornalisti specializzati in tematiche ecologiche, ho affrontato in mille occasioni – su carta stampata, radio, televisioni e convegni-dibattiti – l’argomento caccia, mettendone in risalto l’assurdità, la violenza, la distruzione di un patrimonio comune ed i danni ambientali, l’assenza di etica e l’assoluta antisportività, non potendo esistere competizione tra un’arma automatica ed un animale nel proprio ambiente. A giudicare dai risultati, credo di non essermi speso inutilmente, insulti e minacce comprese. Ma non avrei mai immaginato che dopo quasi mezzo secolo sarei dovuto tornare ad inveire ancora contro i cacciatori, in questo caso in combutta con la peggior specie di politici. Il mondo responsabile auspicato da un giovane ecologista ottimista, evidentemente non si è ancora realizzato.
Il connubio tra cacciatori e pubblici amministratori non rappresenta certo una novità e costituisce un legame consolidato: in poche parole i politici varano norme a favore dei cacciatori (e contro gli interessi della collettività) e questi li ricambiano con pacchetti di voti sicuri alle elezioni. In giurisprudenza si chiama voto di scambio, tipico degli ambienti malavitosi, e determina un reato. E’ quello che ha tutta l’aria di aver fatto di recente la Regione Liguria, altrimenti non si spiegherebbero una serie di provvedimenti assunti di recente a favore dei seguaci di Diana e contro gli interessi generali. Purtroppo risulta sempre assai difficile provarlo, perché le lobby non agiscono certo alla luce del sole.
In Liguria, come in tutta Italia, i fanatici della natura morta sono in netta e costante diminuzione: le licenze erano 20 mila nel 2012, oggi sono scese a 15 mila; ad aumentare è soltanto l’età dei praticanti perché i giovani, cresciuti con una coscienza ambientalista, ben difficilmente ambiscono ad imbracciare un fucile. Chiunque avrebbe preso atto di una tale situazione, per altro in linea con le tendenze presenti in tutte le nazioni civili e quindi irreversibile, e si sarebbe adeguato. Non gli amministratori della Liguria, i quali hanno visto squagliarsi uno dei loro tradizionali bacini di voti, e quindi una fetta del loro potere. Cosa hanno allora pensato di fare ? Per fermare l’emorragia di fucili-consensi, unici al mondo hanno pensato bene di togliere per una anno la tassa (90 euro) ai neo cacciatori per avere il tesserino venatorio. Una voce, quella del portafogli, a cui i liguri sono tradizionalmente parecchio sensibili. A parte i dubbi di presunta incostituzionalità di questa bizzarra norma, i pubblici amministratori – pur di perseguire il proprio tornaconto – non si sono posti minimamente il problema del danno erariale per la collettività per il mancato introito, nonché per i mancati risarcimenti sottratti in questo modo agli agricoltori.
Questa norma, oltre a spaccare i partiti, ha prodotto il sollevamento unanime da parte delle associazioni protezionistiche, alle quali non resta che attendere il responso del Tar a cui hanno fatto ricorso, o in seconda istanza all’impugnazione da parte del nuovo governo nazionale. Di recente infatti il governo Gentiloni aveva impugnato e respinto un’altra assurdità della Regione Liguria sotto forma di regalo ai cacciatori: la possibilità per i privati di sparare ai cinghiali e di venderne la carne. Pur di agevolare i loro pupilli, gli amministratori liguri sono pronti a tutto, compresa quella di fare la figura di ignoranti: un anno fa la Corte Costituzionale aveva bocciato la norma regionale che consentiva la caccia ai cinghiali anche nelle aree protette. Quello della presenza dei cinghiali risulta un problema annoso per tutti, per altro prodotto proprio dai cacciatori, da gestire con ben altre soluzioni.
Per concludere il quadro di connubio perverso tra pubblici amministratori e cacciatori liguri, da segnalare infine che la Liguria risulta essere l’unica regione italiana a consentire la pratica venatoria notturna, fino a mezz’ora dopo il tramonto, proprio quando gli animali diurni tornano al nido e quelli notturni ne escono: una vera carneficina. L’acme dell’assurdo e del ridicolo lo si è raggiunto però con l’ultima proposta di legge della Giunta genovese: d’ora in poi quanti vanno per funghi in Liguria saranno obbligati ad indossare un giubbotto fosforescente, per evitare di essere impallinati. Perché si sa che i cacciatori, quando vedono qualcosa muoversi, prima sparano e poi chiedono chi è. Per coerenza ci aspettiamo che l’obbligo del giubbotto fluorescente venga esteso a tutti coloro che, per qualsiasi ragione, frequentano campi, prati e boschi. Viva la libertà !
Come detto, probabilmente parecchie di queste norme non verranno mai applicate, stroncate dalle varie autorità di controllo. Ma risulta già estremamente grave il fatto che pubblici amministratori le abbiano deliberate, per ingraziarsi elettoralmente una esigua minoranza a scapito degli interessi palesi della comunità. Tali persone vanno punite, a prescindere dal loro colore politico, perché pronti a svendersi alla prima lobby che incontrano, anche contro il bene comune. Punirli come ? Se si è cittadini liguri, votandogli contro alle prossime elezioni. Se liguri non si è, colpendo la regione nel portafogli. La Liguria è un territorio piuttosto bello e varie, tra mare e monti, con tanti tesori ed un clima invidiabile, dove il turismo costituisce la principale risorsa, ma anche con un difetto: piuttosto cara. Finale Ligure è la seconda spiaggia più costosa al mondo, su 330 analizzate. Orbene, le prossime vacanze programmatele altrove: risparmierete, sarete accolti meglio e, soprattutto, non rischierete di essere impallinati se non indossate un giubbotto fluorescente.
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini