Enzo Tiezzi, quando nel 1973 entrò a Col d’Orcia come direttore della tenuta, descrive il contesto socioeconomico di Montalcino (Si) usando termini forti, ma che restituiscono bene la situazione vissuta allora da un territorio “poverissimo, in grande difficoltà economica, ancora legato alla mezzadria, e da cui giovani e meno giovani migravano verso i centri industriali vicini e lontani”.
A settembre di quell’anno a Col d’Orcia, nata nel 1958 dalla divisione della storica Fattoria di Sant’Angelo in Colle della Famiglia Franceschi, arriva dal Piemonte Alberto Marone Cinzano, con alle spalle una delle storie imprenditoriali di maggior successo in Italia e nel mondo, quella della multinazionale Cinzano, nel settore sin dal 1757, e forte di una fitta rete commerciale internazionale. È qui che comincia il racconto di una meravigliosa cavalcata verso l’apice del mondo vinicolo mondiale.
Nel 1973, a Col d’Orcia, c’era un solo ettaro iscritto alla DOC Brunello di Montalcino, gli altri vigneti erano promiscui, e condividevano il proprio spazio vitale con gli olivi, l’altra coltura caratteristica della macchia Mediterranea e di Montalcino. Dove, in generale, era ancora tutto da costruire: mancavano cantine all’avanguardia, mancavano le botti e mancavano le risorse finanziarie. Il Brunello, all’epoca, s’imbottigliava quando arrivava un ordine, per non dover comprare tappi e bottiglie. Come raccontano i registri del Consorzio del Brunello di Montalcino, ancora nel 1974, a fronte di una produzione di 8.014 ettolitri, furono appena 75.000 le fascette consegnate ai produttori, di cui solo 1.000 a Col d’Orcia. L’esperienza dei Marone Cinzano coglie non solo il potenziale del Brunello come grande vino da invecchiamento, ma anche quello dei vini più giovani prodotti con il Sangiovese di Montalcino. Nel 1983, grazie alla duplice azione di Col d’Orcia da Montalcino e dell’Amministratore delegato Edoardo Virano dalla casa madre, i Marone Cinzano si assicurano che il Brunello 1980 fosse il primo vino in Italia ad ottenere la DOCG.
Parallelamente, fin dall’inizio degli anni Settanta, Col d’Orcia punta forte anche sul vino giovane di Montalcino: il Rosso, menzionato nel disciplinare come “Vino Rosso dai vigneti di Brunello”. Un vino che conquistò subito la rete commerciale della Cinzano, semplicemente con la sua qualità che, come ricorda Enzo Tiezzi, si faceva – da solo – in vigna. È grazie allo sforzo di Enzo Tiezzi, Presidente del Consorzio e direttore di Col d’Orcia, che il Rosso di Montalcino, nel 1983, ottiene la DOC. Nel frattempo, si piantano vigneti all’avanguardia, scegliendo i cloni migliori, e dal 1989 inizia un grande lavoro di ricerca portato avanti con il Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università di Firenze, che abbraccia ogni aspetto sensibile della vitivinicultura. Oggi Col d’Orcia conta, complessivamente, 150 ettari vitati. La vecchia tabaccaia è trasformata in una cantina moderna e attrezzata, e nel 1990 viene costruita la bottaia: due piccole rivoluzioni strutturali che accompagnano la costante crescita della produzione di Brunello. Nel 1982 arriva in cantina la prima vendemmia del “Poggio al Vento”, la Riserva di Brunello destinata a diventare storia integrante della Denominazione. Nel 2005, infatti, il “Poggio al Vento 1997” è il primo Brunello premiato come Vino Rosso dell’anno dalla “Guida Slow Food e Gambero Rosso”. Due anni dopo, il giudizio sarà confermato dalla guida dell’Espresso, con il “Poggio al Vento 1999”, Miglior Rosso dell’anno.
Pioniere nella ricerca sul Sangiovese, Col d’Orcia, per volontà di Francesco Marone Cinzano, nel 2010 ottiene la certificazione biologica, dimostrando che un approccio olistico e sostenibile può essere applicato anche ad aziende con più di 100 ettari. Oggi, il Brunello e Montalcino sono diventati un simbolo del Made in Italy nel mondo: una storia di successo scritta e costruita a più mani, con il contributo fondamentale della Famiglia Marone Cinzano, che ha festeggiato giovedì 16 novembre i suoi primi 50 anni alla guida di Col d’Orcia nella cornice della Fortezza trecentesca che svetta su Montalcino, brindando con il raro Brunello 1973, la prima annata prodotta dalla Famiglia Marone Cinzano a Col d’Orcia, nei bicchieri degli ospiti. “Il contributo che la mia famiglia e Col d’Orcia possono dare oggi alla magnifica realtà del Brunello di Montalcino è quello di lavorare a beneficio dell’ambiente in cui viviamo pensando alle future generazioni”, ha commentato Francesco Marone Cinzano, seconda generazione alla guida della tenuta.
La terza, ben rappresentata da Santiago Marone Cinzano, guarda già al futuro, “con l’ambizione di portare avanti un percorso di crescita che possa contribuire a fare ancora più grandi i vini di Montalcino – ed il nome della nostra famiglia – nel mondo. Una famiglia che ha dato un apporto fondamentale al successo internazionale prima del vermouth, poi degli spumanti ed oggi del Brunello di Montalcino”.
www.coldorcia.it
Testo/Claudio Zeni – Foto fornite dall’azienda