Esistono dei luoghi, nella nostra memoria, che sembrano provenire da un mondo che sentiamo appartenerci intimamente, ma senza saperne il perché. Tra questi troviamo ad esempio l’immagine di una cascata posta a nascondere, dietro alla cortina d’acqua, una misteriosa grotta. A poche decine di chilometri da Bologna, nella valle dell’Aneva, affluente del fiume Reno, esiste proprio uno di questi luoghi magici: Labante. Questo piccolo monticolo, di roccia travertinosa, è sempre stato conosciuto e frequentato fin dalla antichità.
Labante raccontato dall’Abate Serafino Calindri
Nel 1781 questo straordinario ingegnere e geografo, così descrisse Labante, nella sua opera dedicata all’area bolognese: “…L’aria è buona morendo gli adulti circa l’un per cento. Abbonda in frutta, in castagne, in ghianda, in boschi a legna… Due sarti, un falegname, un fabbro, cinque muratori sono gli artieri di quella popolazione. Scherzanti grotteschi, che in varie guise lo spatoso monte bucano e squarciano e, dentro ai quali, sonosi ancora incavate delle abitazioni, ed una bottega da macello con tutti i suoi comodi…” Meritano anche di essere citati il geologo Domenico Santagata che citò Labante nel 1836, e Giovanni Gozzadini il quale, durante i suoi scavi archeologici a Marzabotto, così, tra l’altro, scriveva: “… Presso la chiesa di Labante, visitato da curiosi per la vaghezza delle sue grotte tutte stillanti brillantissime acque le quali scorrono pei meati e pei muschi con grande contrasto…”. Ma già nel XVI secolo, anche il famoso naturalista Ulisse Aldrovandi aveva conosciuto questo luogo e, nella sua opera “Museum Metallicum”, compare un’immagine del travertino di Labante.
Come arrivare
Da Vergato si risale la strada, tra boschi di querce e castagneti, i quali hanno rappresentato una delle economie più importanti per gli abitanti di queste montagne appenniniche, fino all’inizio del secolo scorso. Poco prima di arrivare alla frazione di San Cristoforo, a sinistra appare il dosso roccioso con la sua cascata, la quale sembra uscire da sotto alla omonima chiesa settecentesca.
L’origine geologica
L’acqua sgorga da una sorgente, attraverso una delle tante fratture originatesi nelle arenarie del Miocene, vecchie di almeno 17 milioni di anni. L’ esistenza di notevoli concentrazioni di Carbonato di Calcio, deriva da una grande quantità di gusci di conchiglie fossilizzatesi in quel mare antico. La presenza di calcare, associato ad un certo livello di Anidride Carbonica (favorita dalla presenza di materiali humici, organici) e per una spiccata differenza di temperatura, alla sorgente, ha generato il travertino. Questa roccia mostra ovunque tracce di foglie, piccoli rami, muschi sfagni ecc. ricoperti da spessori di un bianco calcare. In altre parole si è di fronte ad un potente fenomeno di calcificazione e di incrostazione.
Le grotte
In questo piccolo massiccio roccioso, fin dalla sua formazione al suo interno sono rimasti dei vacui, più o meno grandi. Queste cavità sono state classificate come “Grotte Primarie” cioè non create dall’erosione di acque sotterranee, ma formatesi direttamente durante la crescita della formazione geologica stessa. Questa risulta una condizione abbastanza rara in Natura. Molto interessante è stata la colonizzazione da parte di faune ipogee, presenti solo all’interno di questa area. Si tratta di ragni troglofili, i quali amano vivere in zone dove l’umidità risulta alta e la luce penetra a fatica. Questi aracnidi si cibano preferibilmente di zanzare o di altri ditteri che, con loro, formano un tipo di fauna definita “parietale”. Presenti sono anche grilli depigmentati (genere Dolicopoda) dalle lunghe appendici e diversi altri Artropodi In generale; tutte le faune presenti sono dei tipici rappresentanti del sottobosco.
Evoluzione morfologica della cascata di Labante
Nel 1868 il professore Giovanni Capellini (fondatore del Museo Geologico dell’Università di Bologna) visitò il sito e scattò una fotografia. Più tardi, nel 1933, il ricercatore bolognese Luigi Fantini, durante una sua visita, realizzò nuove foto. Confrontando queste immagini con altre di questi ultimi anni, i geologi hanno potuto studiare il rapido avanzamento della cascata. Gli spessori del travertino hanno progressivamente coperto alcune cavità, ben evidenti, nella prima foto del 1868. Diversi crolli, avvenuti in epoca storica, sono stati ricoperti da nuove concrezioni. Uno studio molto approfondito, eseguito da geo-archeologi (e non ancora completato), ha permesso di evidenziare la presenza di antichi lavori di cava, ormai nascosti sotto il suolo ed i depositi calcarei. E’ stato anche realizzato un accurato rilievo topografico in 3D delle grotte presenti. (Dr. F. Finotelli –D. De Maria)
Un Luogo Sacro
E’ noto quanto le sorgenti siano state sempre predilette e rispettate dal popolo Etrusco. Infatti essi ritenevano che le acque sorgive fossero punti di contatto col mondo dell’oltretomba, sotterraneo. A poche decine di chilometri da qui, a Marzabotto, sorgeva l’importante città etrusca di Kainua. Questo antico centro si caratterizza, oltre che per il reticolato urbanistico ben strutturato, anche per un’ area templare (costruita su un luogo elevato) e necropoli, più in basso. In queste zone le costruzioni sono state realizzate con il travertino di Labante. Analogamente furono fatte altre tombe, scoperte molti anni fa, nei Giardini Margherita di Bologna (la Felsina etrusca). Da studi effettuati su tali materiali, è stato confermato il loro luogo d’ origine: Labante. Da recenti scavi archeologici, attigui alla Cascata di San Cristoforo, si è avuto conferma dell’ utilizzo, come cava, di questo monticello roccioso, fin dal V secolo a.C.. All’interno della vicina Grotta dei Tedeschi, anni fa venne scoperto un bronzetto votivo ed altri materiali. Questa cavità, che oggi si presenta con un ingresso abbastanza ampio, per il costante stillicidio, si era formata una grande pozza in cui, forse venivano poste le statuette a scopo devozionale, un culto che si ritrova in molte altre località dell’Appennino bolognese (Monte Bibele, Monteacuto Ragazza, Kainua, ecc.). Si trattava, in altre parole, di una “stipe votiva”. Nella grotta sotto alla cascata si osservano invece delle nicchie scavate nel travertino, di cui però appare difficile confermare la loro origine etrusca, anche se certamente antiche. Nella volta di questa grotta si notano, comunque, ancora oggi, pezzi di ceramiche, rimasti inglobati nella roccia. Molti reperti sono stati asportati da visitatori, più o meno occasionali, dei quali si sono purtroppo perse le tracce.
Labante :Sito di Interesse Comunitario
Nel 2006, grazie all’opera puntigliosa e appassionata di un abitante del luogo (Sig. Beppe Minarini del Gruppo Speleologico Bolognese) e del vecchio parroco Don Gaetano Tanaglia, questa piccola curiosità naturale fu dichiarata SIC, ovvero “Sito di Interesse Comunitario”, diventando un luogo, quindi, vocato alla protezione degli habitat presenti. In questo modo è stato possibile concordare con Hera (l’Azienda bolognese della distribuzione idrica) affinchè non venisse sottratta l’acqua della sorgente e quindi potesse essere sempre mantenuta in attività la cascata con il suo delicato habitat . In ogni stagione Labante merita una visita. Infatti la primavera lo arricchisce di splendide fioriture, mentre in estate la vegetazione e le acque rinfrescano l’ambiente. L’autunno colora i boschi, mentre in inverno, la cascata si ricopre di lunghi ghiaccioli, creando un’ atmosfera irreale, quasi magica, specialmente se le nubi si abbassano a lambire queste rocce. Infine è ormai diventato famoso, durante il periodo natalizio, il suggestivo presepio, costruito con semplicità all’interno della grotta che era stata considerata sacra dagli Etruschi: corsi e ricorsi della Storia.
Info: Pro Loco di Castel d’Aiano, tel. 370 349 08 03 – prolocolabante@gmail.com – https://www.lorenzotaccioli.it/grotte-di-labante/ – Prenotazione visite tel. 328 25 24 443 –
Testo/Giuseppe Rivalta – Foto/Giuseppe Rivalta e Google Immagini