Una leggenda che si racconta a Borgo Rivola, antico paese della Valle del Senio nel Faentino (Ravenna) tra Riolo Terme e Casola Valsenio, narra come in tempi molto antichi un re di nome Tiberio, per sfuggire alla profezia di un oracolo che gli aveva predetto una morte imminente perché colpito da un fulmine, si era insediato dentro una grotta esistente nei Gessi di Borgo Rivola. Lì era rimasto per molto tempo, forse per anni, insieme alla sua famiglia e ai suoi sudditi. Nel timore si potesse avverare l’infausta previsione, non usciva in sostanza mai dal suo antro. Un giorno però, stanco di quella volontaria clausura, chiese ad un servo di controllare quale tempo facesse all’esterno. La risposta fu tranquillizzante: tutto sereno, salvo un’innocua piccola nuvoletta. Montato a cavallo, Re Tiberio finalmente uscì dalla grotta e cavalcò verso il fiume, inebriato dalla luce del sole e dall’aria profumata dei fiori. Poco dopo però l’innocua nube cominciò a crescere e diventare grande e scura, fino a coprire il sole. Visto il mutare della situazione, il re girò in fretta il cavallo e si precipitò al galoppo verso l’ingresso della cavità, ma non fece in tempo a entrarvi che l’accecante bagliore di un fulmine, seguito dal fragore cupo del tuono, lo colpì facendolo crollare a terra. Da allora la grotta porta il nome di Tana del Re Tiberio. L’origine di questa leggenda rientra nelle tradizioni popolari della valle faentina e si perde lontana nei tempi. Come quasi sempre accade, i racconti anche se fantastici nascondono sempre qualche elemento di verità. Infatti l’origine di tale leggenda va ricercata nella storia antica riguardante questa grotta, nella quale affioravano numerosi reperti preistorici, rinvenuti da pastori o da occasionali visitatori (e da falsari di cui parleremo più avanti).
Le ricerche archeologiche
L’imolese Giuseppe Scarabelli (1820 – 1905), famoso geologo, archeologo e politico, viene considerato il fondatore dell’archeologia preistorica italiana, in quanto fu il primo a realizzare uno scavo stratigrafico. Vi furono diversi studiosi che seguirono questa sua metodologia, tra cui Francesco Orsoni, lo scopritore della Grotta del Farneto nel 1871, che effettuò uno scavo stratigrafico nella suddetta cavità preistorica. Fu però lo Scarabelli che, per primo nello stesso 1871, eseguì accurate ricerche archeologiche nella Grotta del Re Tiberio, da cui ricavò un’ingente quantità di reperti in ceramica e altri materiali. La grotta fu interessata infatti, come del resto altre cavità emiliane e romagnole, da diverse fasi di frequentazione umana antica. La prima, la più antica, fu quella databile alla fine dell’Età del Rame (III millennio a.C.), con un utilizzo tipicamente sepolcrale. Anche nella fase del Bronzo Antico (inizio II millennio a.C.) sono stati rinvenuti alcuni frammenti di ceramiche e un’ascia piatta di rame, oltre a scheletri umani e ad un livello stratigrafico contenente carboni di un focolare. Nella successiva seconda Età del Ferro, nella zona vicino all’ingresso fu realizzato un arcaico (ma efficiente) impianto di raccolta e di deflusso delle acque di stillicidio, scavando delle piccole vasche di raccolta nel gesso. Vi era, accanto alla grotta, anche un’area sacra di età umbra. Questo luogo, divenuto di culto delle acque dalla metà del I millennio a.C., si colloca tra i più importanti della regione. Infatti si ritiene che la raccolta delle acque di stillicidio fungesse da “tramite” per stabilire un contatto con la divinità.
L’utilizzo come santuario non ha mai avuto interruzioni fino all’epoca di Roma Imperiale, in altre parole fino al III sec. d.C. I tecnici romani eseguirono una risistemazione della cavità, livellando il piano di calpestìo, compreso un rimodellamento del sistema di drenaggio. La presenza di moltissimi bronzetti votivi e di centinaia di vasetti miniaturistici, sempre posti vicino alle vasche in cui si raccoglievano le acque, dimostrano una grande affezione cultuale per questo luogo particolare. Nel 2010 gli scavi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, hanno ricostruito l’intero sistema di vaschette votive presenti nella parete presso l’ingresso. Occorre arrivare al Medioevo, tra la fine del XIV e fino al XV secolo, per ritrovare la Tana del Re Tiberio, questa volta in una veste certamente più profana. Infatti allora la cavità fu utilizzata, a più riprese, da falsari che battevano moneta, il cui materiale, verosimilmente, era ricavato fondendo i bronzetti che ancora si trovavano nel terreno vicino all’entrata. Sono stati scoperti, a tal proposito, residui metallici e monete riuscite male. Forse proprio da questi ultimi ritrovamenti, come accennato all’inizio, è nata la leggenda tra la gente del posto di un fantomatico Re Tiberio.
La grotta come Sepolcreto
Per quello che concerne le inumazioni antiche rinvenute in grotta, sono state fatte accurate ricerche. I primi ritrovamenti si devono a Giuseppe Scarabelli e a Giacomo Tassinari a metà del XIX secolo. Gli scheletri furono rinvenuti in una zona non lontana dall’ingresso. Nel1870 lo Scarabelli scoprì, a circa 5metri di profondità, ossa umane appartenute a due individui, rispettivamente di un adulto e di un giovane adolescente. I resti scheletrici erano deposti su uno strato di gesso e ricoperti da un livello di terra con abbondanti resti ceramici, databili all’Età del Bronzo. Negli anni ’70 e ’90 del secolo scorso, grazie alle ricerche del Gruppo Speleologico Faentino e dello Speleo GAM di Mezzano, sono stati rinvenuti nuovi resti umani risalenti al Bronzo Antico (XXIII-XXI sec. a.C.). Si tratta di sei individui adulti di ambo i sessi e di età giovanile. Nel 2004 sono stati individuati altri quattro scheletri maschili e femminili, di età compresa tra i sedici ed i trent’anni. Presente era anche un bambino di appena sei anni e un neonato di pochi mesi. Nel 2010, nella parte più lontana dal corridoio d’ingresso della grotta, sono venuti alla luce altri quattro resti umani di cui uno di età adulta (maschio), un ragazzo di circa 14 /16 anni, un bambino di circa sei anni ed un neonato. In tutto, finora, sono stati scoperti sedici individui di varia età e sesso. Tuttavia oggi gli archeologi ritengono che il sepolcreto romagnolo fosse di dimensioni maggiori ma, a causa dei lavori della attigua e sottostante cava di gesso, tali escavazioni avrebbero provocato la perdita di numerosi reperti.
La grotta sotto l’aspetto speleologico
La cavità si apre sulle pendici gessose di Monte Tondo (Valle del Senio), facente parte della Vena del Gesso romagnola; il sistema carsico di cui fa parte presenta uno sviluppo di circa 7.800 metri ed un dislivello totale di 227. Si tratta di una risorgente attiva la cui formazione è iniziata ben prima dell’ultimo periodo glaciale. Il tratto visitabile turisticamente rappresenta un’antica risorgente fossile, ora non più percorsa dalle acque, le quasi si sono progressivamente abbassate fino a scorre ora in un ramo attivo che si apre pochi metri sopra il fiume Senio. Notevole la complessità morfologica della Tana, con ricchezza di speleotemi (depositi di concrezioni di carbonato di calcio) piuttosto inusuali, considerando che si apre all’interno di Gessi Messiniani vecchi di circa 6 milioni di anni. La massa rocciosa di Monte Tondo ospita al suo interno oltre undici chilometri di grotte, su appena 247 metri di dislivello. La presenza di concrezioni di carbonato di calcio nella cavità gessosa indica che, in un certo momento del Quaternario e durante una fase di clima temperato, l’anidride carbonica presente nell’aria era sensibilmente più abbondante di oggi. Questo fenomeno si ritiene sia stato direttamente collegato alla presenza di fitte coperture vegetali, oggi invece molto più ridotte, con conseguente maggiore produzione di materiale organico e quindi di CO2. Questo elemento dimostra che in quel tempo il clima era certamente non molto freddo, in probabile fase interglaciale. Non è ancora stato possibile stabilire se quel periodo di clima temperato sia da collocare prima del 20.000 a.C. (e quindi antecedente alla fine della glaciazione di Würm) o verso l’ 8.000 a.C., perciò durante l’attuale periodo interglaciale. Gli studi radiometrici sono attualmente in corso.
La presenza di depositi ghiaiosi e sabbiosi (anche interposti alle croste alabastrine) indica che la cavità ha avuto fasi di riattivazione delle correnti idriche dall’esterno, per forti fenomeni atmosferici. Attualmente la Tana del Re Tiberio si trova posta a 79 metri sopra il livello del fiume Senio, il che fa supporre che la quota della valle si sia abbassata appunto di 79 metri. Infatti la grotta, un tempo attiva risorgente carsica, risulta oggi fossile, cioè priva di scorrimento idrico. Questo fenomeno è anche da ascrivere agli imponenti lavori della cava ANIC che, in 60 anni di attività, hanno addirittura trasformato una risorgente, ancora presente più in basso, in una galleria di miniera. Non meno grave è stata la distruzione di una gran parte della montagna, come si evince da diversi foto-confronti. All’interno della grotta sono evidenti le varie fasi (almeno 7) che hanno portato allo sviluppo del sistema carsico rappresentato da più livelli, creando morfologie tipiche dei Gessi emiliano-romagnoli (ad esempio numerosi fenomeni anti gravitativi a canali di volta, ecc.), ancora visibili in certi tratti intercettati dalle gallerie di cava.
Le vite nascoste dellaTana
Come tutte le cavità dei Gessi emiliano-romagnoli, anche quelle di Monte Tondo conservano interessantissimi ecosistemi. In particolare all’interno della Re Tiberio sono state individuate almeno 48 diverse specie tra artropodi e molluschi, con diversi gradi di adattamento alla vita ipogea. Alcuni risultano endemici, come la Ramusella caporiacci, animale tipicamente guanobio. Importante è, inoltre, la presenza di pipistrelli, con ben 7 specie accertate. Il Rinolofo euriale in svernamento si raggruppa in una colonia di un centinaio di esemplari, ma nelle sottostanti gallerie di cava si radunano fino a circa 4000 individui, come del resto accade nelle ex cave del Monte Croara, nel Parco dei Gessi Bolognesi.
Monte Tondo e l’ultima Cava di Gesso della Regione
L’attività estrattiva qui ebbe inizio nel1958 da parte della società ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili). Negli anni sessanta del secolo XX la coltivazione mineraria, oltre a procedere in superficie, iniziò anche in galleria. Successivamente si cominciò di nuovo all’esterno creando alti gradoni sul fianco meridionale di Monte Tondo. I danni ambientali sono stati (e sono) notevoli, anche se l’azienda ha approvato interventi di ripristino. Monte Tondo con la sua Tana del Re Tiberio oggi si presenta come un’immane cicatrice, nonostante si trovi nell’area di pre-parco del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola. La situazione dei rapporti tra Ente Parco e l’azienda mineraria, tuttavia, non è stata ancora risolta. Solo un giorno, che auspichiamo vicino, quando si deciderà di porre fine all’attività estrattiva, l’intera l’area entrerà a far parte del Parco Regionale, ma i danni e le distruzioni prodotti non si potranno mai più cancellare. Al presente non sappiamo cosa resterà del massiccio di Monte Tondo e del suo interessantissimo sistema carsico.
Come visitarla
Apertura: dal 1 aprile al 31 ottobre. Aprile, maggio settembre, ottobre: sabato, domenica e festivi dalle 9,30 alle 12,30 dalle 15.00 alle 18.00 giugno, luglio, agosto: sabato, domenica e festivi dalle 9,30 alle 12,30 dalle 15.00 alle 19.00
La grotta è visibile gratuitamente durante le visite guidate, previste ai seguenti orari di apertura:
sabato: ore 15.30, domenica e festivi: ore 10.00 e 15.30
Le visite durano circa 1 ora e 30 minuti e sono limitate ad un massimo di 20 partecipanti per volta. È consigliata la prenotazione. Oltre alle visite gratuite è possibile prenotare visite guidate, a pagamento ed al di fuori dei giorni e orari di apertura, al tratto storico e al tratto speleologico. Visita al tratto storico: € 6,00 a persona con un minimo di 7 paganti
Visita al tratto speleologico: € 10,00 a persona con un minimo di 8 paganti
Prenotazioni: Cell. 335 1209933 – email: retiberio@atlantide.net – sito web: www.atlantide.net/retiberio
Si precisa che la Grotta è visitabile solo con guida e non è possibile accedere in modo autonomo. Durante tutto l’anno c’è possibilità di organizzare visite speleologiche personalizzate con le Guide Speleologiche del Parco della vena del gesso. Il percorso può essere di difficoltà facile o media, a seconda delle richieste. Quota di partecipazione: adulti euro 16.00, ragazzi fino ai 14 anni euro 8.00. Ai partecipanti saranno forniti: tuta speleo, guanti e caschetto con luce. Occorre avere scarpe con suola scolpita. Tariffe agevolate e possibilità di attività didattiche per gruppi organizzati e scuole.
Info e prenotazioni: cell 389 031 2110 – e-mail: retiberio@nottola.org, www.retiberio.it
Ristoranti ed alberghi nei dintorni
Sono almeno una decina comprensivi anche di agriturismi nei dintorni e in paese. Su TripAdvisor si possono ottenere tutte le informazioni necessarie. Riolo Terme è una importante stazione termale.
L’ autore ringrazia la Federazione Speleologica dell’Emilia Romagna per le informazioni e le fotografie fornite, e Claudio Busi per la rilettura del testo.
Testo/Giuseppe Rivalta – Foto/Atlantide, La Nottola Aps-Asd e Google Immagini