Quando, nel 16 a.C., le legioni romane guidate dal proconsole Publio Silio invasero la Valle Camonica, anziché civilizzarla come esse si proponevano, in realtà posero fine ad una grande civiltà – quella dei Camuni – che da ottomila anni occupavano l’alta valle del fiume Oglio, a nord del lago d’Iseo. I primi nuclei di cacciatori epipaleolitici, provenienti dalla sottostante pianura lombarda, avevano infatti cominciato a popolarla all’indomani dell’ultima glaciazione, quando i ghiacciai in ritiro e le mutate condizioni climatiche ne favorirono la colonizzazione da parte di una rigogliosa vegetazione e di un’abbondante selvaggina. Con il tempo la presenza umana aumentò, passando attraverso tutte le fasi evolutive della tarda preistoria e della protostoria, dal Neolitico fino alle diverse facies dei metalli, originando una complessa ed articolata civiltà. Dopo l’avvento di Roma, dei Camuni scomparse abbastanza rapidamente ogni traccia, rimanendo soltanto l’etimo nel nome della zona. Poiché il tempo è comunque galantuomo, dopo quasi duemila anni sono però cominciate a riaffiorare testimonianze sempre più eloquenti di questo industrioso popolo che, racchiuso tra le sue montagne, aveva elaborato in maniera autonoma una civiltà ricca di beni materiali, di conoscenze tecnologiche e di elevata spiritualità, capace anche di aprirsi ad interscambi commerciali e di conoscenze con popolazioni coeve vicine e lontane, come quella micenea (dalla quale mutuò la ruota e il carro), celtica (che contribuì ad arricchirne il pantheon di divinità), villanoviana ed etrusca (dei quali ultimi adottò l’alfabeto).
Fin dall’inizio del secolo scorso si sapeva dell’esistenza a Cemmo, presso Capo di Ponte, di due massi che presentavano antichissime incisioni di animali selvatici e addomesticati, di armi e di utensili, di figure umane. Ma occorrerà attendere la seconda metà degli anni 50 perché ci si rendesse conto che tutta la vallata, dalla sommità del lago d’Iseo fino alla contigua Valtellina, era disseminata di migliaia e migliaia di massi e di rocce affioranti di arenaria, ben lisciati dall’azione glaciale come lavagne naturali, utilizzate dai Camuni per tramandarci i loro messaggi artistici e spirituali, come pure le immagini della loro vita quotidiana, in una autentica autobiografia figurata. A seguito di tali scoperte, che ebbero il potere di polarizzare l’attenzione dell’ambiente scientifico anche internazionale su questo breve tratto delle Alpi Retiche, sorsero progressivamente il Centro Camuni di Studi Preistorici, il Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane, il Museo didattico di arte e vita preistorica, il Parco-museo di Nadro, la Riserva regionale delle incisioni rupestri di Ceto-Cimbergo-Paspardo, nonché altre realtà scientifiche e didattiche che hanno contribuito a rendere celebre il nome della Valle Camonica in tutto il mondo. Un riconoscimento sancito anche dall’Unesco, che nel 1979 ha voluto inserirla nella lista del Patrimonio culturale dell’umanità, primo sito in Italia ad entrare nella lista, nonché della Regione Lombardia che ha assunto il glifo della cosiddetta “rosa camuna” come proprio simbolo.
Mezzo secolo di intense ricerche, di indagini e di comparazioni hanno consentito di accumulare un novero insperato di acquisizioni: lo studio sistematico di qualcosa come trecentomila figurazioni martellate o incise con pietre dure sulla roccia, di cui circa due terzi concentrati nella sola area attorno a Capo di Ponte, hanno permesso una loro datazione e l’attribuzione a specifiche facies culturali. Ciò ha permesso a sua volta di ricostruire i modi di vita di questo popolo, le sue attività economiche, la struttura politica e sociale, l’ambiente ecologico, il suo mondo spirituale e religioso dalle più antiche tribù di cacciatori-raccoglitori epipaleolitici agli agricoltori e pastori neolitici, fino alle più complesse strutture della tarda età del Ferro. E’ stato accertato che l’ 80 per cento delle immagini risalgono al I° millennio a.C., durante l’età del Ferro, con notevole concentrazione negli ultimi quattro secoli, quando la civiltà camuna raggiunse il proprio apice. Un vero e proprio archivio storico, un libro di pietra scritto in un linguaggio di pittogrammi e di ideogrammi. Le ingiurie del tempo hanno reso oggi alcune immagini di difficile lettura, altre – soprattutto quelle simboliche – ci risultano di non facile comprensione. Sicuramente le figure prodotte dai sacerdoti-incisori dovevano essere ben chiare, ed anche esteticamente più apprezzabili, quando il messaggio affidato alla roccia disponeva, oltre che del rilievo, pure dei colori forniti da una vasta gamma di pigmenti naturali.
Seppure ad un ritmo inferiore a quello del recente passato, le nuove acquisizioni proseguono tuttora: spesso la rimozione dello strato superficiale del terreno porta in luce sconosciute superfici istoriate, assicurando il lavoro di studio ad altre generazioni di specialisti. Le incisioni della Valle Camonica costituiscono comunque già al presente e di gran lunga la più ricca documentazione artistica della preistoria europea, nonché la sua maggiore concentrazione spaziale, facendo degli antichi Camuni le genti preistoriche e protostoriche oggi meglio note anche nelle loro essenze più profonde e complesse, come quelle della sfera spirituale. Sappiamo, ad esempio, che debbono gran parte delle loro fortune alla presenza in loco di ingenti giacimenti di siderite, minerale da cui si ricava il ferro, che erano molto religiosi e superstiziosi, conosciamo i loro altari e le aree sacre, conosciamo in dettaglio la struttura delle loro capanne, l’organizzazione dei villaggi, la distribuzione dei campi e la rete di sentieri che li collegava grazie a vere e proprie carte topografiche, sappiamo tutto della tessitura e dei relativi abiti, che bevevano una specie di birra, avevano buone conoscenze astronomiche e si dilettavano con le lotte tra gladiatori, ben prima che queste diventassero lo sport nazionale dei Romani. Il tutto grazie ad uno sconosciuto scalpellino che parecchie migliaia di anni or sono pensò bene di utilizzare i bei liscioni glaciali per ritrarre ciò che lo circondava e le idee che gli passavano per la mente.
Una così ricca messe di nozioni ha finito anche per mettere in serio la definizione stessa di preistoria attribuita a quelle popolazioni che, prive di scrittura, non hanno potuto lasciare traccia leggibile delle loro vicende. Di fronte alla qualità ed alla potenza espressiva, a volte quasi didascalica, dei disegni camuni risulta però difficile negargli il valore di documento storico. Altro aspetto rilevante risulta il fatto che l’interpretazione dei messaggi affidati alle rocce della vallata lombarda non serve soltanto per la conoscenza dei Camuni: sono stati infatti individuati vari simboli universali, come la spirale, presenti presso popolazioni preistoriche di altre regioni o continenti le quali, avendo lasciato un minor numero di testimonianze, risultano oggi meglio intelligibili grazie alle incisioni lombarde.
Le incisioni non sono le uniche testimonianze lasciate dai Camuni: oggi conosciamo anche grotte e ripari sottoroccia, villaggi e resti di capanne, strutture megalitiche, menhir, statue-stele, castellieri fortificati e tombe. Le incisioni rupestri formano una scrittura ideografica capace di codificare una grande quantità di concetti, rendendoli accessibili nella loro sostanza alle generazioni future. A fini didattici gli studiosi ripartiscono l’arte e la cultura camuna in sei diversi periodi:
Protocamuno (8.000-500 a.C.): arte di tipo naturalistico con influenze paleolitiche, soggetti fauna selvatica con prevalenza di alce; cultura epipaleolotica con insediamenti stagionali, economia basata su caccia, pesca e raccolta di frutta selvatica.
Neolitico (5.500-300 a.C.): arte simbolica in stile sintetico caratterizzata dalla stilizzazione di figure umane e solari; nascita della religione con aree sacre, culti solari, idoli antropomorfi, ideogrammi e simboli astronomici; economia basata su agricoltura e allevamento di bovini, caprini e suini, inizio dei commerci; comparsa di cane, arco, ascia e boomerang.
Calcolitico (3.300-500 a.C.): arte in un nuovo stile figurativo con ampie composizioni, compaiono le prime scene con contenuto narrativo costituite da più figure, accentuazione dei simboli astratti e del concetto di divinità; con la comparsa di oggetti in rame inizia la specializzazione artigianale, l’organizzazione gerarchica e la suddivisione in classi; compaiono carro, aratro, mehir e strutture megalitiche di tradizione indoeuropea.
Bronzo (2.500-200 a.C.): arte simbolica e verista con composizioni sacre, scene narrative di vita quotidiana, di culto degli eroi e mitologiche; accentuazione della produzione e commercio di armi, utensili e oggetti ornamentali in metallo; nascita dei castellieri fortificati e di governi autoritari.
Ferro (1.200-16 a.C.): sviluppo dell’arte verista e narrativa, con descrizione del mondo sacro e profano; massimo apogeo della cultura camuna, affermazione del politeismo, sensibili influssi da parte di altre civiltà coeve, introduzione dell’alfabeto nord-etrusco.
Romano (16 a.C.- Medioevo): decadenza economica, sociale, culturale e artistica, sovrapposizione di scritte latine prima e di simboli cristiani poi.
Al turista colto che voglia conoscere in situ la civiltà camuna non resta che l’imbarazzo della scelta tra musei, itinerari tra le rocce istoriate e parchi didattici. Provenendo da sud, appena oltre la sommità del lago d’Iseo la prima grande concentrazione di incisioni rupestri si incontra in località Luine, Crape e Simoni, nel comune di Darfo-Boario Terme; a Boario si trova anche l’importante struttura didattica dell’Archeopark (t. 0364.529552, www.archeopark.com), parco interattivo sulla preistoria che copre gli ultimi 15 mila anni, spaziando da una grotta con dipinti ad una fattoria neolitica, da un villaggio palafitticolo ad un castelliere. A Cividate Camuno tappa d’obbligo per la visita del Museo Archeologico della Valle Camonica (t. 0364.344301), con resti romani, e dell’annesso parco con resti del teatro, dell’anfiteatro e del tempio di Minerva. Dopo 10 km si svolta a destra per Foppe di Nadro per visitare l’omonima riserva con belle rocce istoriate. La maggior concentrazione e le più elevate espressioni si trovano però poco oltre nel Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane (t. 0364.42140), ricco di 120 rocce, con il grande masso che annovera da solo quasi 900 figure.
A Capo di Ponte ha sede il Centro Camuno di Studi Preistorici, con ricca biblioteca, e meritano una visita i due massi istoriati di Cemmo, i primi ad essere studiati, il Museo didattico d’arte e vita preistorica (t. 0364.42148, www.intercam.it/valcam/assoc/archeo/archeo.htm) con l’annesso Archeodromo, ricostruzione di un villaggio neo-eneolitico con sei capanne costruite con tecniche e materiali d’epoca, dove si può abitare e imparare a macinare cereali, cucinare, filare, tessere, scheggiare selci, lavorare osso, legno e pietra, plasmare l’argilla e cuocere ceramiche, costruire armi e strumenti. La sovrastante zona di Serandina è tra le più ricce di incisioni del comprensorio, mentre la vicina località di Bedolina presenta curiose carte topografiche del territorio istoriate sulla roccia. Altre aree interessanti infine si trovano nei comuni di Cimbergo e Paspardo.
Testo/Giulio Badini – Foto/Giulio Badini e Google Immagini