La laka scivola incredibilmente veloce sull’acqua in sicuro equilibrio sui due bilancieri laterali, tagliando di sbieco le onde dell’ Oceano Indiano, sensibilmente smorzate nel loro impeto dal cordone della barriera corallina. Kafara, il giovane timoniere, affonda con energia la corta pagaia alternativamente a destra e a sinistra dello scafo, imponendo un ritmo frenetico. Occorre fare presto a superare questo breve tratto di mare che ci separa dalla foresta di Lokobe, prima che la bassa marea lo svuoti completamente dall’acqua, trasformandolo in un’intransitabile distesa di fango mobile.
Dopo un tratto di navigazione prudente e zigzagante tra le radici sommerse delle mangrovie entro la baia di Ambatozavavy, una volta doppiatone il capo possiamo procedere agevolmente in mare aperto facendo rotta verso il villaggio di Ampasipohy, raggiungibile soltanto in questo modo, mentre sulla riva sfilano come in un film paesaggi d’incanto con enormi spiagge deserte di sabbia bianca, palmizi quasi lambiti dalle onde e le prime propaggini della grande foresta che occupa tutto il settore sud-orientale dell’isola di Nosy Be, la maggiore dell’omonimo arcipelago a nord-ovest del Madagascar.
La laka prende terra su di una spiaggia dove diverse nasse messe ad asciugare al sole e parecchie mascelle di pescecane lasciano facilmente intuire quale sia la principale attività degli abitanti del villaggio, celato tra la vegetazione appena dietro ad una fila di palmizi. Un mare eccezionalmente pescoso gli ha da sempre garantito una tranquilla esistenza, mentre i suoi fondali – siano essi corallini o di reef – offrono una varietà e una ricchezza biologica impensabile. Alle spalle del villaggio inizia la foresta che, estesa per ben 740 ettari, forma la Riserva naturale integrale di Lokobe, istituita già nel lontano 1927. La sua importanza è dovuta, tra l’altro, al fatto di costituire l’unico esempio di foresta originale primaria e secondaria di bassa quota che in tutto il nord-ovest del Madagascar sia riuscita a sottrarsi alla distruzione e all’inquinamento con essenze estranee. Essa offre un buon campionario delle oltre 12.000 specie vegetali presenti nell’isola-continente, di cui ben due terzi sono esclusive di quest’isola e non si ritrovano pertanto in nessun’altra parte del mondo.
Foresta larga, aperta e soleggiata, offre pregevoli essenze d’alto fusto, in qualche caso probabilmente ultracentenarie, di baobab, palissandro, ebano, bambù, canfora, acacie, copok, filaos (varietà locale di pino), conifere, palme di diverso tipo, bois de rose, buganvilles coloratissime, banani e ficus dalle enormi radici aeree, flamboyants dai petali rossi che determinano a volte vere esplosioni di colori. Non meno rimarchevoli le essenze di sottobosco con felci giganti, gerani, intrecci di liane e bizzarre piante carnivore che non si può proprio fare a meno di stuzzicare per osservarne le reazioni. In un simile habitat prospera ovviamente anche un’esuberante microfauna, insetti in primo luogo, con innumerevoli specie ancora sconosciute alla scienza, tanto da poter fare la gioia di qualsiasi entomologo. Le farfalle, ad esempio, sono ben note ai collezionisti di tutto il mondo per l’estrema varietà e per la loro inusitata bellezza, quasi quanto quella delle orchidee selvatiche, qui presenti con qualcosa come 690 specie sulle 780 esistenti nel mondo. Pepe, caffè, cannella e vaniglia provvedono a spandere nell’aria i loro caratteristici aromi, anche per giustificare l’appellativo di “isola profumata” dato a Nosy Be. Ma dove l’olfatto rimane letteralmente inebriato è in prossimità delle piante di ylang-ylang, assieme alla canna da zucchero una delle grandi risorse di questa terra, i cui fiori risultano tanto odorosi da essere impiegati industrialmente per produrre essenza di profumo.
L’incontro più curioso che si possa fare a Lokobe è comunque con due animali, entrambi estremamente singolari. Il camaleonte risulta assai diffuso, ma per vederlo occorre una notevole abilità visiva, tale da riuscire a superare il suo celebre adattamento mimetico ai colori dell’ambiente. Questo innocuo lucertolone dalle sembianze di mostro preistorico in miniatura, lungo da 10 a 60 centimetri, offre una notevole dimostrazione delle proprie capacità venatorie quando, grazie agli occhi che possono ruotare l’uno indipendentemente dall’altro e ad una lingua velocissima e lunga quasi quanto lo stesso corpo, riesce a catturare minuscoli insetti anche a ragguardevole distanza. Ancora più eccezionale l’incontro con i lemuri, i quali ci riportano indietro nel tempo per centinaia di milioni d’anni, quando il Madagascar costituiva l’epicentro del Gondwana, il supercontinente originario dal quale si sono successivamente staccate America, Africa, Antartide, India e Australia, oltre allo stesso Madagascar. Queste curiose e simpatiche proscimmie rappresentano un importante anello di congiunzione nella storia dell’evoluzione animale. Mammiferi innocui e facilmente addomesticabili, si nutrono di frutta e vivono in piccole comunità sugli alberi, spostandosi con notevole abilità da un ramo all’altro grazie alla grossa coda prensile. La presenza di aree protette come Lokobe risulta quindi assai importante per la vita di questo preziosissimo fossile vivente che, sopravvissuto solo in Madagascar grazie al totale isolamento e alla mancanza di predatori, appare purtroppo oggi in grave pericolo d’estinzione. Il turista preferirebbe poi forse evitare altri incontri, in genere poco graditi, come quello con il boa costrictor o quello con il serpente dal naso porcino: ma, come tutti gli altri rettili malgasci, nonostante la loro considerevole mole sono del tutto inoffensivi.
Una piacevole sorpresa per la sete accumulata durante la marcia viene costituita dalla scoperta delle risorse idriche celate nella ravinala, la cosiddetta palma del viaggiatore assunta anche come simbolo della compagnia aerea di bandiera: bastano infatti alcuni leggeri colpi di machete per far stillare un abbondante liquido acquognolo. A questo punto dopo ananas, manghi, babane, cocco e papaye non si nutre più alcun dubbio sulle capacità della foresta equatoriale di fornire una completa autonomia alimentare a quanti vi si avventurano. Prendiamo per esempio la palma: si possono ottenere vino, olio e latte di cocco, si mangiano il cuore del frutto e l’interno del tronco e infine i frutti secchi servono come combustibile. Esistono poi parecchi altri frutti commestibili e saporosi, totalmente sconosciuti a noi occidentali, quali jack, pocpoc, i combava, il coeur de boeuf, ecc., per non parlare delle tante piante con proprietà medicinali, fondamentali in un paese dove l’industria farmaceutica risulta inesistente e le medicine di sintesi inacessibili.
La foresta di Lokobe culmina ai 450 metri di quota del monte omonimo, massima altitudine dell’isola. Da questa altezza si domina tutto l’arcipelago di Nosy Be fino a Mont Passot con la sua stupenda corona di crateri vulcanici occupati da laghi, ultimo rifugio per i superstiti coccodrilli malgasci. Il tramonto sulla vetta di Lokobe, rapido e improvviso come tutti i tramonti d’Africa, con il cielo che si arrossa e le zigzaganti evoluzioni delle volpi volanti, pipistrelli frugifugi con un’apertura alare di poco inferiori al metro che vengono dal mare verso terra non appena la sfera incandescente si spegne all’orizzonte, costituiscono un’esperienza davvero indimenticabile.
Il ritorno alle piroghe riserva un’ennesima sorpresa: a seguito della bassa marea infatti il mare è letteralmente scomparso e le lake si adagiano su un fondo di sabbia e di fango esteso a perdita d’occhio, con un gruppo di aironi intenti a cibarsi di alghe e di molluschi. Impareremo a nostre spese quanto sia faticoso procedere su queste sabbie mobili, sulle quali occorre muoversi in velocità per non sprofondare più di tanto, prima di riuscire a raggiungere un pescaggio sufficiente a far galleggiare gli scafi. Ma ci consola la convinzione che dopo aver visitato Lokobe è facile immaginare come potesse essere il Paradiso Terrestre.
Non sono in molti gli operatori turistici a proporre il Madagascar, una meta non facile, e tra questi parecchi si limitano ai soli soggiorni balneari. Il tour operator Harmattan propone itinerari nell’interno alla scoperta dello straordinario ambiente naturale della grande isola, nonché alla sua variegata e incredibile popolazione.
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Testo/Anna Maria Arnesano – foto archivio Arnesano-Badini