Ero stato a Trapani nel lontano 2007 per seguire la 32° America’s Cup, la più importante manifestazione velica del mondo, e il colpo d’occhio sulla terraferma dal campo di gara mentre le barche gareggiavano faceva risaltare la fragilità di questa città sormontata dagli oltre 800 metri del Monte Erice. Ma solo apparente perché Trapani, città allora di importanza strategica e al centro dei collegamenti militari e commerciali con il Nordafrica, sotto la dominazione spagnola del Regno di Sicilia (XVI-XVIII secolo) fu un principale baluardo contro le scorrerie dei pirati e le invasioni turco-ottomane della costa occidentale della Trinacria. Sia a Trapani che a Marsala, il mio principale interesse di reporter amante della natura furono la visita alle famose saline, tasselli di un variopinto mosaico sullo sfondo turchese del mare, con la pesca principale fonte di reddito delle popolazioni locali. Luoghi pieni di fascino e di storia, dove quel bene tanto prezioso da essere usato nell’Antica Roma come “moneta” per pagare i soldati delle legioni (da cui il termine ‘Salario’), lo vedi fiorire passo a passo, tra quelle vasche dai colori cangianti.
Tra i cumuli bianchi di sale spuntano coloriti i mulini a vento, come quelli immaginati nelle pagine del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Vengono usati ancora oggi per asciugare questo prodotto fondamentale per l’alimentazione umana, ma usato anche a livello industriale. Quelle di Trapani si trovano nella ‘Riserva naturale integrale delle Saline di Trapani e Paceco’, istituita dalla regione Sicilia nel 1995. Da non perdere la visita al Museo del sale, realizzato dentro un antico mulino a vento. Si trova in via Chiusa, nella frazione di Nubia, a Paceco (Tp). Per info: museodelsale@virgilio.it. Per chi fosse interessato, visite guidate gratuite sono effettuate dal Wwf. Per le prenotazioni: salineditrapani@wwf.it. Le saline ‘Ettore e Infersa’ di Marsala si trovano invece nella Laguna dello Stagnone, in contrada Ettore Infersa, e sono gestite da privati. Ottimamente conservate, arrivano a produrre anche diecimila tonnellate annue di sale marino integrale. Sono visitabili e non solo. Per info e prenotazioni: info@salinedellalaguna.it
Precedentemente ero stato anche ad Alcamo, con le pale eoliche che ormai hanno invaso tutte le aree del Belice, nonchè ad Erice, un tempo ‘Monte San Giuliano’, col castello sorto sulle rovine del Tempio di Venere Erycina, dove dall’alto degli oltre 750 metri slm si presidiava tutta la valle fino al mare, e quel suo borgo medievale simile a quello di Civita di Bagnoreggio, nel Viterbese, anch’esso location di tanti film. Ma qui, per arrivarci, non devi percorrere a piedi quel lungo e stretto ponte che attraversa la valle. A Erice ci si arriva anche in auto, ma con la funivia è un’altra cosa. Alla stazione di partenza ci sono parcheggi comunali a costi accessibili a tutti, ma ci si attiva anche col bus 201. Per info: www.funiviaerice.it.
Quando per la prima volta dall’aeroporto di Palermo sono arrivato a San Vito Lo Capo per il Cous Cous Fest2017, il conducente del taxi cercava di raccontarmi cosa c’era lì attorno alla Statale 187, dicendo nomi e indicando con la mano. Ma in quel buio profondo della strada appena illuminata dai fari, mi sembrava di stare su un altro pianeta. E mentre l’auto si avvicinava alla meta, nonostante cercassi di aguzzare la vista, attorno vedevo comparire saltuariamente solo grappoli di luci sparse a costellare quelle che ritenevo fossero colline. Mai avrei però immaginato quanta bellezza fosse attorno a me, in quei misteriosi luoghi incontrati nel viaggio notturno, lungo quella strada tortuosa. Quella era una piccola parte della Sicilia non ancora inserita nei miei appunti di viaggio. Come Castellammare del Golfo o San Vito Lo Capo. Conosciuta solo dai racconti e le foto di amici e parenti. Ad osservarla dall’alto del piazzale sul promontorio di Contrada Belvedere, le immagini e i racconti di Castellammare del Golfo non le rendono adeguata giustizia. Da lì la vedi tutta nella sua maestà, plasmata ai piedi del complesso montuoso di Monte Inici, come un tassello di un enorme mosaico che fa un tutt’uno con l’omonimo golfo.
Il lungo braccio in cemento del grande porto turistico ne fende il mare d’un azzurro profondo, moderno baluardo davanti al castello arabo-normanno databile attorno al X secolo, realizzato sui resti di precedenti fortificazioni. Un luogo da sempre importante dove – secondo gli studiosi – già dagli inizi del V secolo a. C. fu realizzato il porto della vicina città di Segesta (Emporium Segestanorum) fondata dagli Elimi, una popolazione di origine italica che ne fece ben presto il suo centro politico e amministrativo. Di essa rimangono molte testimonianze, nell’omonima area archeologica gestita dalla Regione Sicilia-Dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana, come il tempio greco. Si trova sulla strada provinciale n. 68, in Contrada Barbaro, a Calatafimini (Tp). Aperta ai visitatori, per informazioni: 0924952356.
Quella del promontorio della Riserva naturale dello Zingaro, con la spiaggia di Guidaloca, le calette e le scogliere lavorate dal tempo, rappresenta una zona da non perdersi, almeno alla vista. Ma lì attorno non c’è solo mare, perché tra vigneti bassi e pregiati uliveti in parte bruciati dalla mano assassina di gente senza dignità, all’improvviso compaiono in lontananza i riflessi bianchi delle cave di marmo di Custonaci, seconde al mondo solo a quelle di Carrara. Fondamentali per l’economia di una zona con poche migliaia di abitanti, danno al paesaggio un aspetto surreale, col forte contrasto di colori dominato dalle bianche pareti marmoree intagliate sapientemente a blocchi, tali da potersi definire loro stesse un’opera d’arte. Cave di marmo come quella ormai in disuso situata a Monte Monaco, massiccia figura che con i suoi 530 mt slm sovrastata verso est San Vito lo Capo, la destinazione finale del viaggio.
Località balneare a livello internazionale, quest’ultima si trova sulla punta estrema del promontorio omonimo. Con la spiaggia di sabbia bianca e sottile lunga 3 km, piena di ombrelloni. Con gente che, benché si stia a fine settembre, fa ancora il bagno nel mare cristallino dalle molteplici sfumature, più volte premiato con le 5 Vele di Legambiente nell’annuale campagna di Goletta verde. Mentre il bianco faro di 40 metri, punto di riferimento per i navigatori, si staglia deciso tra cielo e mare. Qui si svolge il Cous Cous Fest, con le sue voci, colori, odori, sapori. Ma di questo abbiamo già detto.
Testo/Maurizio Ceccaioni – Foto/Maurizio Ceccaioni e Google Immagini