Essaouira costituisce una delle più graziose cittadine del sud marocchino, estesa su una piccola penisola di roccia protesa nell’Atlantico all’altezza di Marrakech, da cui dista 180 km e due ore d’auto, con le sue case bianche nella medina punteggiate da porte e finestre turchesi, in un melange architettonico arabo-berbero-franco-portoghese, racchiuse entro possenti mura color ocra e sui lati lunghe spiagge temperate da una brezza costante che ne mitiga la calura estiva e si rivela ideale per la pratica del surf. Componenti che hanno fatto da quinte ad alcuni celebri film. Questa antica roccaforte portoghese, di cui restano ancora imponenti torri e bastioni, fin dal 1700 è stato un luogo cosmopolita, da quando cioè il sultano locale decise di farne un porto franco aperto ai commerci e agli insediamenti stranieri, ebrei ed europei in primis. Complice il suo clima di tolleranza e di libertà, negli anni ’60 vi si installarono diverse comunità hippies e schiere di artisti di ogni nazionalità, da Jimi Hendrix a Sting, Cat Stevens, Mick Jagger, Frank Zappa e Orson Welles, ma anche dalla Callas a Pasolini, che lavorarono fianco a fianco con gli artigiani locali, influenzandosi reciprocamente e contribuendo a farne un privilegiato centro culturale ed a risanare gli edifici della vecchia medina, dal 2001 protetta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
Oggi costituisce un vero piacere perdersi tra le stradine del centro di questo antico villaggio berbero che ricorda i paesi bianchi dell’Andalusia spagnola, disseminate di botteghe di ogni genere, dalle spezie ai gioielli, di gallerie d’arte, di laboratori artigianali e di negozi d’antiquariato, tra mille odori penetranti e sciabolate di luce, sedersi a gustare una bibita nei bar sulle piazze, ammirare le onde dell’oceano o il volo dei falchi dall’alto degli antichi spalti tra cannoni ormai consunti, godersi la brezza serale nei ristorantini del porto assaporando pesce freschissimo, oppure assistere ogni pomeriggio al curioso mercatino dove tutti vendono di tutto al miglior offerente. In una calma e in un silenzio quasi irreali, se confrontati a quelli delle altre città marocchine, ultima città fortificata bagnata dall’Atlantico.
Dal 1998 la calma sonnolenta e un po’ snob di Essaouira viene rotta ogni anno a fine giugno (nel 2017 dal 26 giugno all’1 luglio), quando va in scena il Festival di musica Gnaoua, capace di richiamare lo scorso anno quasi mezzo milione di persone da ogni parte dell’Africa e del mondo, una manifestazione che può fare la pariglia con i grandi raduni storici musicali come Woodstock o l’isola di Wight. Difficile definire con esattezza e in poche parole cosa sia il Gnaoua, detto anche Gnawa. Semplificando al massimo si tratta di una confraternita di mistici, discendenti di antichi schiavi neri assai radicata ad Essaouira e Marrakech, in grado di comunicare con il divino attraverso la musica e la danza, terapeuti capaci di aiutare con le note i malati o gli infelici a stare meglio, qualche volta anche a guarire; una musica prodotta da strumenti peculiari come il guenbri, un liuto-tamburo a tre corde suonato dai maalem, i maestri della confraternita, dalle rumorose nacchere giganti di ferro e da vari tipi di tamburi, in grado di curare il corpo e di lenire l’anima, scavando dentro e liberando endorfine e adrenalina.
Oggi la Gnaoua si divide in due filoni: quella profana, concertistica e spettacolare, contaminata da altri generi come reggae, rock, pop o jazz (quella che si esibisce al Festival per intenderci, giunto quest’anno alla 20 ° edizione), e quella sacra, rimasta fedele al repertorio mistico originale, che spesso accompagna riti di esorcismo e di possessione come le Lule, cerimonie notturne per iniziati, a metà strada tra vudu e macumbe, capaci di portare fino al trance. In quei cinque giorni le strade della cittadina parlano mille lingue, accomunate da quella onnicomprensiva della musica, e ogni piazza, cortile o slargo si trasforma in un palcoscenico per ospitare dal mattino fino a notte fonda le performance di artisti famosi, compresi i maggiori percussionisti del mondo, o di illustri sconosciuti, tra il delirio o l’indifferenza del pubblico, perché tanto non ci sono premi, vincitori o vinti: quanti cercano un’esibizione trovano un’intera città e una folla cosmopolita di intenditori pronti ad ascoltarli, perché il vero intento della manifestazione – la più importante del Marocco – è quello di costruire dei collegamenti tra i popoli, le generazioni e le diverse culture del mondo. Tutte le esibizioni sono gratuite, ma se ci si vuole garantire un posto in prima fila bisogna acquistare il Festival Pass, contribuendo in questo modo alle spese organizzative. Si va ad Essaouira attratti dalla musica, ma vi si scopre il fascino di un luogo magico.
www.festicket.com/packages/Gnaoua-festival-2017/, www.festival-gnaoua.net, www.festival-gnaoua.co.ma
Testo/Giulio Badini – foto/Google Immagini