Esiste una locuzione latina famosa che suona Nomen Omen. La sua traduzione è che un nome contiene in sè un destino, o il nome è un presagio oppure il destino è nel nome. In forme simili il significato è che spesso i nomi risultano appropriati alle cose, o alle persone a cui appartengono. Non può esistere caso più diverso di Cap Malheureux, Capo Sventurato o Capo Infelice, nel nord dell’isola di Mauritius. Il realtà la motivazione del nome esiste, eccome. Anzi ce ne sono addirittura due. La prima è che Cap Malheureux, posto all’estremità nord della splendida isola tropicale, è stato luogo nei secoli passati di una lunga sequenza di naufragi, causati dalle onde, dalle tempeste e dai cicloni che spesso colpiscono queste isole con grande violenza, nella stagione estiva (il nostro inverno).
La seconda risulta di carattere storico. Dopo i Portoghesi e gli Olandesi, a cui si deve l’estinzione del Dodo, l’innocuo grande pollo che trovarono talmente buono da causarne l’estinzione per scopi alimentari, nel 1715 sull’isola arrivarono i Francesi. Questi decisero di rimanervi stabilmente, tanto che la chiamarono Ile de France, e grazie al governatore Bertrand Francois Mahé de Labourdonnais, vi impiantarono i primi zuccherifici ed una rete stradale. Alla fine del settecento l’isola era un fiorente centro di coltivazione e lavorazione della canna da zucchero, grazie anche a circa 70.000 schiavi africani, nonché rifugio di pirati e corsari attivi soprattutto contro i commerci britannici. Il più famoso fra essi era il corsaro franco-mauriziano Robert Surcouf, il terrore delle navi inglesi nell’Oceano Indiano. Durante le guerre napoleoniche gli inglesi decisero di porre fine a molte colonie francesi nel mondo. La conquista dell’isola poteva chiaramente portare a diversi obiettivi: una nuova conquista territoriale per l’Impero, grandi ed avviate piantagioni e la fine delle scorrerie piratesche. Nel 1810 attaccarono quindi i Francesi nella battaglia di Vieux Grand Port, nel sud dell’isola, ma vennero da questi incredibilmente sconfitti. Alcuni mesi dopo attaccarono quindi a nord, dove le difese erano minime: a Cap Malheureux, conquistando così l’isola che prenderà il nome di Mauritius. Il Capo Sventurato sarebbe quindi quello della sconfitta e dell’invasione.
Oggi la zona del Capo si presenta molto tranquilla ed affascinante da visitare. Si raggiunge da sud est arrivando dalla località di Grand Gaube, oppure dalla costa a sud ovest, percorrendo la strada che viene dall’animatissima Grand Baie ed attraversa la piccola e sonnolenta Pereybere. Qui, al centro del paese si trova una piccola ma frequentata spiaggia, poi proseguendo verso nord si arriva alla lunga Bain Boeuf Public Beach, infine si giunge ad uno dei posti più fotografati di Mauritius: la chiesa di Notre-Dame Auxiliatrice de Cap Malheureux.
Si tratta di uno dei posti più romantici e particolari dell’isola, dove forti colori pastello la fanno da padrone: il rosso delle tegole spioventi della chiesa, il blu del mare, il verde acceso della vegetazione, il giallo, il bianco ed ancora il rosso dei fiori. La chiesa, proprio davanti al mare, appare contemporaneamente fuori luogo e bellissima, in un’atmosfera silenziosa che invita a parlare piano, tranne durante le animate messe della domenica mattina. La sua architettura così insolita per un paese tropicale ed il piccolo campanile a graticci sono diventati il simbolo di questa zona. L’interno appare semplice, con i muri bianchi, la struttura in legno ed un’acquasantiera ricavata da una conchiglia, una grossa tridacna. Dalle finestre si vede lo splendido mare, ed il piccolo parco che circonda la chiesa.
Usciti da essa ed arrivati alla riva del mare, un molo ci porta alla piccola baia di barche di pescatori, con un percorso indicato per fare snorkeling; sulla destra un alternarsi di rocce e piccole calette, dove rilassarsi e prendere il sole. Di fronte invece, a circa 8 km di distanza c’è la particolare sagoma dell’isolotto chiamato Coin De Mire, inconfondibile: richiama il mirino che stava sui cannoni ed aiutava i serventi ai pezzi al fuoco contro le navi nemiche. Attualmente è una riserva naturale che ospita numerose specie rare, con delle pareti a strapiombo ed eccezionali fondali per le immersioni: sotto queste acque c’è infatti il relitto del Djabeda, un grosso peschereccio oceanico diventato la casa di numerose specie marine, dai coralli duri a quelli molli, a carangidi, murene, pesce di barriera e molti altri ancora. Dietro di esso, non visibile dalla riva, ci solo gli isolotti di Ile Plate e Ilot Gabriel, nella cui laguna quando c’è mare buono vengono portati i turisti per fare un eccellente snorkeling. In zona è infatti possibile effettuare diverse attività, la maggior parte delle quali legate ovviamente al mare, e più o meno usufruibili a seconda delle condizioni meteomarine: le escursioni agli isolotti del nord, oppure a vedere delfini e balene, stanziali in queste zone, per fare immersioni o semplicemente snorkeling, oppure gite con le barche dai fondi di vetro per non mette la testa sott’acqua. L’atmosfera risulta sempre rilassante, come ci si aspetta da quest’isola nota per le spiagge, i fiori e l’amore.
Dove dormire: la zona riserva sistemazioni alberghiere per tutte le tasche, a partire dal favoloso Paradise Cove Boutique Hotel a cinque stelle, fino a strutture molto semplici, ma solitamente pulite e confortevoli, sia qui che a Pereybere. Non vi aspettate vita notturna però: per quella dovrete scendere a Grand Baie.
Dove mangiare: se non rimanete all’interno della struttura, scoprirete che a Mauritius si mangia molto bene a prezzi assolutamente accettabili. A Cap Malheureux il ristorante più famoso è Amigo, sulla Royal Road, vicino ai campi da zucchero, dove mangiare pesce e frutti di mare. A Pereybere il migliore è D-Erny’s, situato anch’esso sulla principale Royal Road, dove simpatia e qualità del cibo si accompagnano ad ogni pasto, terminato invariabilmente da un bicchiere dell’eccezionale rum mauriziano alla vaniglia offerto dalla proprietaria. Una piccola gentilezza che vi invoglierà a tornare.
Testo e foto/Paolo Ponga