Il responso autorevole che il mondo cattolico attendeva da diversi decenni finalmente è arrivato: speriamo sia anche quello definitivo, nel qual caso costituirebbe un momento storico. I pellegrinaggi mariani a Medjugorje, piccolo paese nei Balcani della Bosnia-Erzegovina dove dal 1981 si registrano apparizioni della Madonna ad alcuni veggenti, fino ad ora ostacolati – o comunque non favoriti – dalla chiesa, da questo momento risultano ufficialmente autorizzati ed incoraggiati, “anche perché non si può impedire a dei fedeli di andare a pregare la Madonna in qualsiasi luogo”. Questo senza entrare nel merito degli aspetti miracolistici, cosa competente alla Santa Sede ed al Papa. Ad annunciarlo non è una voce qualsiasi, ma quella di monsignor Henryk Hoser, arcivescovo emerito di Varsavia-Praga, inviato espressamente da Papa Francesco nella cittadina bosniaca per “acquisire più approfondite conoscenze della situazione pastorale e sulle esigenze dei fedeli che arrivano a Medjugorje, proponendo migliorie”. Al di la delle espressioni curiali, mandato con il chiaro intento di indagare e di fornire al Santo Padre – al quale spetta ovviamente l’ultima parola al riguardo – un parere definitivo in merito ad un problema che travaglia la chiesa da ben 36 anni, divisa e combattuta tra opposte fazioni sugli aspetti miracolistici delle apparizioni balcaniche.
Fin dalle segnalazioni delle prime apparizioni, la chiesa si è comportata al riguardo in maniera contraddittoria: favorevoli i francescani della parrocchia locale, scettici e contrari il vescovo di Mostar e la Conferenza episcopale jugoslava, non schierato il Vaticano, il tutto senza esclusione di colpi bassi tra i contendenti. Intanto milioni di pellegrini vi affluivano, singolarmente o guidati da preti credenti, per partecipare ad un rito a metà strada tra fede e turismo. Una bella gatta da pelare per le autorità ecclesiastiche, dalle quali i fedeli si sarebbero attesi parole chiarificatrici, e non atteggiamenti contrapposti. Dopo l’ostracismo dichiarato, prima della guerra civile balcanica, dalla Conferenza episcopale locale, papa Benedetto XVI Ratzinger nel 2010 creò una apposita commissione pontificia, formata da teologi, vescovi e cardinali guidati dal cardinale Ruini, con l’intento di indagare la soprannaturalità o meno delle apparizioni e indicare le soluzioni pastorali più appropriate. Nel 2014 tale commissione arrivò al riconoscimento delle sole prime sette apparizioni, quelle avvenute tra il 24 giugno e il 3 luglio 1981, negativo per tutte quelle successive ed attuali, nonché parere negativo per i messaggi ecumenici e per i dieci segreti comunicati ai veggenti, proponendo infine di sottrarre Medjugorie al clero locale per farne un santuario mariano pontificio. A conferma delle lotte intestine vaticane, nel 2016 la Commissione per la dottrina della fede, ex Santo Uffizio guidato dal cardinale Muller, confutò tali conclusioni, costringendo papa Francesco ad inviare un proprio personale emissario, appunto monsignor Hoser, sul posto per un responso univoco e definitivo. Appunto quello or ora annunciato, con il riconoscimento come luogo di culto della Madonna.
Se non fosse per le apparizioni mariane, Medjugorje sarebbe ancora un anonimo e sconosciuto paesino collinare di viticoltori nel sud-ovest dell’Erzegovina, a breve distanza dai confini meridionali della Croazia, attanagliato tra storici problemi etnici e religiosi, formando un’enclave croata e cattolica in una nazione a netta prevalenza bosniaco-musulmana e serbo-ortodossa. Ma il 26 giugno 1981 sei ragazzi tra i 10 e i 16 anni annunciano che è comparsa loro in visione la Madonna, presentatasi in un bagliore di luce con il titolo di “Regina della Pace”, affidandogli messaggi e disposizioni di preghiera e di carità. Per tre ragazzi le apparizioni si ripetono tutti i giorni, ancora oggi a distanza di 36 anni (e che alcuni adulti e sposati hanno lasciato il paese, una vivendo a Monza, un altro a Boston), mentre per gli altri tre soltanto saltuariamente. La voce si spande in un baleno, cominciano ad arrivare macchine di curiosi, poi pullman di fedeli e charter di pellegrini da tutta Europa in questa novella Lourdes dei Balcani, guidati dagli immancabili fanatici religiosi, locali ed esterni. Il paese si trasforma: case, fienili e magazzini si trasformano in alberghi, ristoranti, negozi di souvenir, agenzie di viaggi, e tutti ne beneficiano trovando ognuno il proprio business. La chiesa, sempre prudente in materia, si astiene da giudizi definitivi. In fondo preghiere, messe e processioni, se pur in maniera esagerata, non hanno mai fatto male a nessuno.
Poi arriva la terribile guerra civile etnica jugoslava: Medjigorje si salva, non per intercessione divina, ma perché compatta enclave croata, ma tutto intorno scoppia la delizia della pulizia etnica e la vergogna delle fosse comuni. Dopo il conflitto, l’ostilità da parte di alcune autorità religione e la crisi economica fanno crollare l’afflusso turistico (arrivato negli anni d’oro ad oltre un milione all’anno), creando non pochi problemi economici a tutto l’indotto. In paese c’è poco da vedere: tutto gravita sulla lunga via principale che conduce alla centrale chiesa di San Giacomo, epicentro delle funzioni religiose, con la sua arena estiva di preghiera dotata di 5 mila posti a sedere; nei pressi una grande statua metallica del Cristo senza croce. A meno di 3 chilometri si trovano invece la Collina delle Apparizioni e il Monte della Croce, luoghi di preghiera e di processione lungo impervi sentieri, entrambi dotati di Via Crucis.
Detto tutto ciò Medjugorje, con la sua collaudata ricettività alberghiera a prezzo di saldo (e una cucina di terra e di mare d’impronta italiana davvero genuina a prezzi per noi incredibili), merita una visita di parte di tutti. Per chi ha fede c’è soltanto l’imbarazzo della scelta tra le molteplici funzioni religiose, per chi fede non ha costituisce un formidabile punto di partenza per una serie di escursioni in giornata nel raggio di 50 km ad alcune località poco note, di sicuro interesse turistico. Tra le più famose Mostar, capoluogo dell’Erzegovina, con l’immagine del ponte cinquecentesco sulle gelide acque della Neretva ad unire le due parti dell’abitato, quella occidentale croata e quella orientale bosniaca e turca, che campeggia su tutti i depliants pubblicitari come immagine della città. Questo ponte cinquecentesco, capolavoro dell’ingegneria ottomana costruito da Solimano il Magnifico, venne distrutto assieme a gran parte dell’abitato durante la recente guerra interetnica, ed è stato ricostruito con un lavoro da certosino in maniera quasi perfetta.
Da non perdere anche il quattrocentesco monastero derviscio di Blagaj, meta di pellegrinaggi, il villaggio etnografico turco di Pocitelj, le cascate di Kravice, la riserva avifaunistica nelle paludi del lago Deransko a Hutovo Blato e la cittadella fortificata ottomana di Stolac. Senza contare che la croata Dubrovnik/Ragusa, città Unesco, dista 133 km, Sarajevo capitale della Bosnia-Erzegovina 157, il mare Adriatico e la riviera croata di Makarska appena 46. Sicuramente l’attuale pronunciamento porterà a Medjugorje nuove frotte di pellegrini e di turisti. Oltre a numerosi organismi ecclesiastici, viaggi su questa destinazione vengono organizzati da numerosi tour operator italiani.
Tra questi segnaliamo, tra i primi, Rusconi (www.rusconiviaggi.com – med@rusconiviaggi.com – tel. 0341 36 30 77) e Il Piccolo Tiglio (www.ilpiccolotiglio.com – info.ilpiccolotiglio@mamikiti.com – tel. 0381 72 791).
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini