Risalendo la via Emilia ad est di Bologna, superato San Lazzaro, dopo la piccola frazione di Idice si imbocca la valle omonima il cui fiume si è aperto la via attraverso le diverse formazioni geologiche che hanno fatto la storia dell’Appennino Bolognese. Salendo sul Monte delle Formiche, a cavallo tra le valli dell’Idice e dello Zena, e guardando a Sud, si innalza un rilievo coperto di boschi dietro al quale, più lontano, si delinea il crinale appenninico. Questa montagna è nota come Monte Bibele dove, per parecchi decenni, una comunità etrusca visse insieme ad una celtica. Questa condivisione, più unica che rara, è stata messa in luce in anni di scavi, grazie in special modo alla tenacia del Prof. Daniele Vitali (archeologo dell’Università di Bologna), all’acume del Sig.Venturino Naldi (del Comune di Monterenzio) e ad un gruppo di volontari e studenti dell’Università di Bologna. Prima di loro Luigi Fantini ed il Prof. Renato Scarani avevano aperto la strada a queste future ricerche. Oggi questo sito è guidato dal Prof. Antonio Gottarelli (architetto ed archeologo) che continua, con grande impegno, la strada tracciata dai suoi predecessori.
La montagna vista dal geologo
La roccia che costituisce Monte Bibele ha origini marine, databili circa 16 milioni di anni da oggi. Durante una delle prime fasi del periodo miocenico (Burdigaliano), lo stesso su cui poggia la famosa Pietra di Bismantova, il mare che ricopriva questa regione depositò tonnellate di sedimenti. Col passare delle Ere altri mari si avvicendarono su questa regione finchè, alla fine del Terziario, l’Appennino subì forti scatti e si sollevò mettendo in evidenza le formazioni ed i terreni che ne costituivano l’ossatura antica. Nel Pleistocene, le successive epoche glaciali modellarono le vallate e le montagne fino a dare l’aspetto attuale a Monte Bibele, con i suoi 617 metri sul livello del mare.
L’ambiente naturale
Oggi la vegetazione su questo rilievo, considerato di medio /basso Appennino, risulta tipicamente termofila. Il monte, infatti, si caratterizza per la presenza di una estesa copertura boschiva a querce, olmi, castagni, noccioli, carpini ecc. che poco si discosta da quella che esisteva in epoca antica dove, tuttavia, era evidente la presenza di un clima più umido, come testimoniato dalle ricerche effettuate dai paleobotanici sui reperti del sito archeologico. Infatti, in quei secoli, vi erano anche ontani,faggi e salici, piante tipiche di ambienti più piovosi e freschi.
Terminata l’ ultima guerra, i boschi che erano stati drasticamente ridotti, hanno ripreso a svilupparsi, seguiti da entità faunistiche che hanno ricolonizzato il territorio con cinghiali, volpi, tassi, istrici, ricci, cervi, caprioli e numerosi uccelli rapaci. Presente, oggi, è anche il lupo. Al contrario l’orso, che nei secoli precedenti l’era cristiana viveva in queste zone, oggi non è ancora tornato, anche se sporadici avvistamenti sono avvenuti nell’Alto Appennino bolognese.
Monte Bibele:Il toponimo
Questa denominazione è di chiara derivazione latina. Infatti pare derivi dal termine “bibo” che significa bere. Fin dall’antichità questa montagna era nota come Mons Bibulo, probabilmente per la presenza di un certo numero di polle sorgentizie, alcune delle quali anche sulfuree, che risalivano le profonde fratture del massiccio fin verso la cima.
La presenza del genere Homo
Come è testimoniato da centinaia di ritrovamenti preistorici in tutta la Valle dell’Idice (per merito del ricercatore bolognese Luigi Fantini), l’area era frequentata da gruppi di cacciatori-raccoglitori paleolitici (Homo erectus ?). Lungo questa valle numerosi sono stati i ritrovamenti di manufatti del Paleolitico. Tra le varie località di rinvenimento sono da ricordarne alcune, come quelle in località Savazza con scheggioni in ftanite (una roccia locale di origine organogena durissima) provenienti dal greto del torrente. Non meno importanti sono i choppers e chopping tools che il Fantini estrasse dalle ghiaie fluviali plio-pleistoceniche (Calabriano) della cima del vicino Monte delle Formiche, recanti evidenti tracce di fluitazione. Altre importanti testimonianze di frequentazione preistorica in questa zona sono quelle appartenenti al Periodo Mesolitico (che si posiziona tra Paleolitico e Neolitico), provenienti dal crinale che fa da spartiacque tra i fiumi Idice e Sillaro, sopra Monterenzio. A Monte Bibele sono stati raccolti reperti appartenenti all’Età del Rame. In particolare lassù, nella Pianella di Monte Savino, è stata trovata una cuspide di freccia con lavorazione bifacciale avente una punta tipicamente fogliata. La particolarità sta nel fatto che questo strumento è in selce di provenienza prealpina, come altri pezzi identificati sempre nella stessa zona. Ancora una volta si dimostra come gli scambi commerciali, durante la cosidetta Preistoria, fossero incredibilmente frequenti! Anche nella successiva Età del Bronzo esisteva (sempre nella zona di Monte Savino) un piccolo insediamento con capanne. Qui, oltre a resti di vasellame, è stato trovato un macinello che fa supporre venisse praticata anche un’ attività produttiva.
L’arrivo degli Etruschi
Dal XIII° secolo fino al V° secolo a.C. non si hanno più notizie di Monte Bibele. E’ un vuoto che ancora deve essere colmato. Le prime informazioni ripartono dal 400 a.C. quando un gruppo di Etruschi iniziò ad insediarsi su questo monte, edificando un villaggio costituito da una trentina di edifici costruiti su terrapieni di sassi. La base era di pietra locale e la struttura vera e propria in legno con tetto a due spioventi e con copertura di canne e paglia. La superficie abitabile delle abitazioni era di una quarantina di metri e fornite di un soppalco usato come stoccaggio delle riserve di cibo e materiali. Sotto vi era un angolo con telaio per la realizzazione di stoffe, un focolare e gli oggetti comuni per la vita quotidiana. Le acque piovane venivano incanalate dai tetti , lungo le strade in pendenza che confluivano in una spaccatura naturale (La Tana del Tasso). Oltre alle abitazioni vi erano anche strutture per usi collettivi. Secondo le antiche fonti questo insediamento era un “castellum” situato in alta quota e difeso dalle stesse asperità del luogo. Come risulta da recenti scoperte, in buona parte del crinale appenninico gli Etruschi avevano realizzato abitati difensivi a partire dalle Marche passando per la Romagna fino all’Emilia. Monte Bibele e il vicino Monterenzio Alto (praticamente quasi di fronte) ne facevano parte integrante. La potenza crescente di Roma evidentemente preoccupava i gruppi etruschi. Curiosamente quando, durante il 1944, gli alleati decisero di attaccare i tedeschi sulla Linea Gotica, si trovarono di fronte al medesimo schema difensivo: corsi e ricorsi della Storia!
Molte notizie ci sono state fornite anche da una necropoli, che era stata allestita nell’attiguo Monte Tamburino. Qui gli archeologi (dal 1978) hanno portato alla luce 170 tombe praticamente intatte , con i loro corredi che il bosco aveva protetto per secoli: le più antiche erano di genti Etrusche ed Umbre. In un primo periodo le sepolture erano tutte ad inumazione, finchè verso il 380 -350 a.C. si aggiunsero anche tombe in urne (= cremazione). Ma che cosa era successo? In base anche ai corredi, arricchitisi di spade con foderi, elmi, lance, scudi ecc. si confermò lassù la presenza di un nuovo gruppo etnico: i Celti. Questi , verosimilmente Galli Boi, provenivano dall’area transalpina con massicce migrazioni avvenute tra il V° ed il IV° secolo a.C. ( vedi fonti storiche romane di T. Livio e Polibio). Questo era accaduto, si ipotizza, sia per ragioni dovute ad un cambiamento climatico in Nord Europa, ma anche per la necessità di ampliare i loro commerci. Si era nel 350 a.C.. Le ondate migratorie di oggi dimostrano (anche se per altre ragioni) che i popoli si sono sempre spostati colonizzando (volenti o nolenti) nuovi territori. A Monte Bibele si susseguirono almeno tre generazioni miste Etrusco-Celtiche, che rappresentavano una comunità pacifica dove convivevano due lingue, con miti e religiosità differenti, ma in piena concordia. Tombe di guerrieri celtici con, al loro fianco, donne etrusche, hanno confermato questa originale ipotesi generata dall’acuta visione del Prof. Vitali, oggi considerato il migliore conoscitore della cultura celtica al mondo.
I culti
Ancora una volta si evidenzia l’importanza avuta dalla presenza di sorgenti su questa montagna. Infatti, oltre alla cisterna costruita nel villaggio, probabilmente intercettando una falda, nella zona di Monte Tamburino è venuta alla luce una depressione (oggi coperta dal bosco) da cui sono state estratte 195 statuette votive in bronzo oltre a numerosissimi vasetti miniaturistici in terracotta. Si trattava di una pozza sacra (o Stipe) in cui venivano poste offerte in segno di devozione verso una divinità. Questo fenomeno è stato riscontrato anche a Monterenzio Alto, di fronte sull’altro versante dell’Idice. La datazione riscontrata di questi oggetti è ascrivibile tra la metà del V° sec. a.C. fino alla fine del IV° sec. a.C. . La presenza di un culto dell’acqua o delle sorgenti conferma, ancora una volta, la scelta di questo monte da parte degli Etruschi o Italici. Con l’arrivo dei Celti la Stipe non fu più utilizzata. La frequentazione di questa pozza sacra era iniziata quando ancora non c’era il villaggio, per poi ridursi fortemente quando l’abitato era arrivato al massimo della sua estensione. Sulla cima venne, successivamente, creato un luogo di culto (santuario ?) costituito da un recinto di 15 x30 metri circondato da un fossato. Questa costruzione fa pensare a quei santuari all’aperto tipici delle tradizioni celtiche nord europee. Un’altra particolarità di questa straordinaria montagna è l’area dei fulmini. In effetti si è constatato, anche recentemente, che proprio qui si sono osservati numerosi fenomeni legati a scariche elettriche durante i temporali. Questa piccola zona è stata scoperta poco lontano dal villaggio. Fu anche trovato un disco particolarissimo. Per il Prof. Gottarelli questo disco di 8 cm di diametro, in terracotta, era uno strumento astronomico utilizzato per individuare la direzione Nord-Sud che, per gli Etruschi, era identificata come “asse del mondo”. Su di essa veniva orientata la costruzione di un nuovo villaggio o di un tempio. Tutto ciò avveniva attraverso complessi riti detti di “fondazione”, svolti da sacerdoti. Un oggetto simile (di 14,5 cm ) è stato scoperto, molto lontano da qui, a Qumram in Giordania, ma quello di Monte Bibele sembra più raffinato (e anche più antico) e meglio trasportabile. Nel 2004 su Marte scesero due apparecchiature automatiche (Rover) dotate di un disco molto simile a questi antichi, con gli stessi scopi di orientamento.
La distruzione del villaggio di Monte Bibele
Nel 390 a.C. il Gallo Senone Brenno conquistò Roma e lì rimase per sei mesi mettendo l’Urbe a ferro e fuoco. Questo episodio non venne assolutamente accettato dal senato romano che incaricò Furio Camillo di liberare la città ed i Galli, inseguiti dai romani, furono costretti a rifugiarsi in Nord Italia. Per chiudere definitivamente in una morsa i popoli dell’Italia settentrionale, i consoli Marco Emilio Lepido e Gaio Flaminio avanzarono rispettivamente da Rimini (Ariminum) e da sud (attraverso i passi dell’Appennino Bolognese).Tra il 200 ed il 187 a.C. gli insediamenti etrusco-celtici di Monte Bibele e Monterenzio Alto, scompaiono dalla storia. Erano stati attaccati dai romani che avevano incendiato e distrutto l’insediamento? Questa era un’ipotesi che per molti anni era stata proposta come verosimile. Oggi gli archeologi non si sbilanciano più. In effetti vi fu un incendio, ma è probabile che fosse divampato per cause fortuite ed improvvise. Forse la ragione si potrebbe ricercare nella caduta di una serie di fulmini, visto che l’area era nata proprio a lato del luogo noto per l’alta percentuale di tali fenomeni elettrici ? Certo è che le case, collassate sotto l’azione potente del fuoco, per circa 2000 anni hanno nascosto, sotto alle ceneri, tutte le suppellettili che gli archeologi oggi hanno ritrovato. Nel 189 a.C. i Galli furono sconfitti a Bologna (Bona o Bononia) e subito iniziarono i lavori per costruire quella che sarà chiamata Via Emilia, completata nel 187 a.C.(Rimini –Piacenza). Nello stesso anno, il console Gaio Flaminio iniziò la costruzione di una strada transappenninica che avrebbe collegato la Via Emilia ad Arezzo. La citazione dell’ Idex Flumen , nella importantissima Tabula Peutingeriana (la più nota rappresentazione cartografica del mondo antico), oltre a diversi ritrovamenti romani ed altrettanti toponimi, fa pensare che sullo spartiacque tra Idice e Sillaro passasse la cosidetta Flaminia Minor, una via ormai diventata sicura dopo la resa di tutte le popolazioni locali. Questa strada passava proprio su Monterenzio Alto e di fronte a Monte Bibele. In breve tempo la viabilità transappennica si stava arricchendo di altre vie di comunicazione (es. Flaminia Militare) per meglio collegare Roma al Nord Italia.
Conclusioni
Monte Bibele, per la sua posizione geografica e per l’importanza che ebbe nel mondo antico per la vitalità dei commerci tra Nord e Centro Italia, oltre ad essere un “unicum” per la fattiva cooperazione creatasi tra Etruschi e Celti, occupa un ruolo di grande importanza, anche a livello internazionale, per la acquisizione di nozioni riguardanti quelle popolazioni nordiche che, inizialmente, furono definite “barbare” , retaggio di una propaganda negativa che era stata volutamente creata da Roma per minimizzare la sconfitta subita da Brenno.
I reperti trovati sono esposti al Museo Civico Archeologico Luigi Fantini di Monterenzio, con allestimenti modernissimi e didattici, ed in parte al Museo Civico Archeologico di Bologna. Oggi l’area archeologica è a libero accesso e si possono visitare i resti dell’antico villaggio completamente restaurati nel 2015. Con il Museo “Luigi Fantini” di Monterenzio si possono concordare anche visite guidate.
Si ringrazia, per i suggerimenti, la Dr.ssa Annachiara Penzo, curatrice del Museo Luigi Fantini di Monterenzio
Contatti
Museo Civico Archeologico di Monterenzio (BO)
indirizzo: VIa del Museo, 2, 40050 Monterenzio (BO)
telefono: 051 929766
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Orari
Sabato e Domenica: 10-18
Lunedì: chiuso
Martedì: apertura su prenotazione
Mercoledì,Giovedì: 09 – 13
Venerdì: apertura su prenotazione
Testo/foto : Giuseppe Rivalta, Presidente dell’Associazione Parco Museale della Val di Zena