Tutti partono con il mito dell’ India come aspirazione dell’anima, molti si perdono o si ritrovano, raccontando che in India è ancora possibile “sentire gli dei”. Un paese che ti ingoia e ti digerisce, ti trita e ti espelle, poi ti fagocita di nuovo e ti abortisce in un ciclo senza fine. Se cercate questo, solo questo, smettete di leggere il presente pezzo. Se invece volete partire alla scoperta dell’India più selvaggia, di animali, ruggiti e bramiti, di corna, palchi, zoccoli, zanne e ali…preparate lo zaino. Perché qui, come da nessun’altra parte del pianeta, vedrete leoni e tigri, incrocerete lo sguardo di carri armati a quattro zampe, cercherete strisce di fuoco che si muovono nella giungla e antilopi sacre dalle corna impossibili. L’itinerario naturalistico-etnografico nelle aree più incontaminate del subcontinente indiano si srotola in direzione ovest-est, dall’ultimo rifugio dei leoni asiatici in Gujarat alle piane alluvionali del Brahmaputra nella remota frontiera a nord-est, passando per il regno della tigre del Bengala nelle foreste del Madhya Pradesh. Si tratta sicuramente di un’immersione globale nella wildlife indiana, sia indigena sia immigrata nel subcontinente dalle regioni occidentali, himalayane e dal sud est asiatico durante il Terziario. Ecco allora che la felice posizione geografica, accoppiata all’incredibile varietà di ecosistemi, fanno dell’India uno scrigno unico di biodiversità e una gioia per l’appassionato, lo studioso o il curioso di natura.
Il percorso parte dalla penisola del Gujarat, patria del Mahatma Gandhi ed estrema propaggine occidentale del subcontinente. Dimenticate le foreste lussureggianti di Kipling, con tigri annesse. L’area protetta di Gir è invece una foresta decidua arida, la cui superficie complessiva è paragonabile ad una provincia italiana, composta da un Santuario (con nuclei abitativi e attività umane di pastorizia regolamentate), un Parco nazionale a protezione integrale, e una zona “tampone” di ulteriore foresta a protezione variabile. Il clima è semi arido e l’ambiente è formato da colline sparse, solcate da fiumi perenni con vegetazione a Tectona grandis, Anogeissus spp, Acacia spp and Ziziphus spp. Anche se si tratta di un’ ottima location per l’osservazione di ecosistemi unici, e di specie altrimenti difficili da osservare, quali la iena striata, il chinkara o gazzella indiana, l’antilope quadricorne, il coccodrillo di palude, molte specie di uccelli e il leopardo asiatico, è inutile ricordare che chi viene qui viene soprattutto per i leoni. Il parco ospita infatti l’ultima popolazione al mondo del leone asiatico, con numeri decisamente ragguardevoli (più di 400 esemplari, in costante crescita al punto che si stanno muovendo fuori dai confini del parco). Ridotti a meno di 50 individui alla fine del diciannovesimo secolo (causa caccia e perdita di habitat), i leoni asiatici (Panthera leo persica) sono sopravvissuti solo qui, grazie agli sforzi dei sovrani di Junagadh e successivamente del dipartimento forestale dello stato indiano. Il Leone asiatico, un tempo presente in Turchia e in Iran, fino all’Afghanistan e all’India centrale, differisce dal “cugino” africano per l’impostazione più arretrata della criniera, ciuffi di pelo sui “gomiti” e pennello sulla coda particolarmente evidenti, e sovente una piega longitudinale di pelle sul ventre. Geneticamente presenta affinità con l’estinto Leone berbero e con gli ultimi leoni presenti in territorio europeo (fino ai tempi delle guerre persiane). La secolare e attuale coesistenza dei leoni con i pastori Maldhari rimane un esempio vincente di gestione delle risorse naturali, e una classica situazione win-win. Induisti, vegetariani e con una forte etica rivolta verso tutte le manifestazioni naturali, i Maldhari subiscono annualmente perdite di capi di bestiame da parte dei leoni, la cui dieta consiste tra il 25% e il 42% di bovini (ma solo il 16% viene effettivamente predato). Tuttavia, un meccanismo virtuoso di diritti esclusivi di pastorizia e compensazioni economiche garantite dallo stato fa sì che tale coesistenza sia vantaggiosa per entrambe le parti, anche se incontrare i bambini Maldhari al pascolo armati di bastoni o della classica accetta in foreste letteralmente brulicanti di leoni può provocare al turista un certo disagio.
Il vicino e piccolo Parco nazionale di Velavadar, sempre nello stato del Gujarat, rappresenta invece l’occasione migliore per l’osservazione del magnifico blackbuck (Antilope cervicapra), oltre che essere noto per la facilità di osservazione del lupo indiano (Canis lupus), del gatto della giungla (Felis chaus) e occasionalmente della iena striata (Hyaena hyaena). Visibile in branchi forti di centinaia di esemplari, il Blackbuck è esclusivo del subcontinente indiano, venerato e glorificato in numerosissimi testi religiosi e mitologici indiani. Le corna spiralate dei maschi lunghe fino a oltre mezzo metro ne fanno sicuramente una delle antilopi più belle al mondo. Una tappa per la magica salita all’alba con i pellegrini lungo le migliaia di gradini che si inerpicano sulla collina di Palitana ci ricorda che siamo in India. Il complesso templare di Shathrunjaya, a Palitana, equivale alla Mecca della religione Jainista; ancora oggi vigono regole molto strette per la fruizione e la documentazione del sito. A differenza di Khajuraho, oggi eminentemente sito archeologico, si tratta infatti di una meta di pellegrinaggio attiva e vitale per la più non-violenta delle religioni indiane. Sulla collina si ergono centinaia di templi, costruiti tra l’anno 1000 e il XVI secolo. Essere tra i pochi, se non gli unici, occidentali favorisce indubbiamente la sensazione di autenticità dell’esperienza, a tratti quasi onirica.
Muovendosi verso est si arriva infine al cuore del subcontinente, a quell’India che tutti conosciamo e ci aspettiamo, alle suggestioni di Kipling e all’attesa del predatore col manto dalle strisce di fuoco. Siamo al centro dell’India, in Madhya Pradesh, in due parchi divenuti leggendari. Il Parco nazionale di Kanha con una superficie che, tra parco e aree cuscinetto, copre una superficie paragonabile alla Valle d’Aosta, è la più grande area protetta dell’india centrale. Costituito da vari ambienti (foreste di sal – Shorea robusta, di bambù, praterie e laghi), il parco ospita una comunità biologica ricca e varia, tra cui diversi cervidi (2000 chital, 3600 sambar e oltre 1000 barasingha – il Cervus duvauceli branderi, rarissima sottospecie, ridotta in passato a soli 60 sopravvissuti), il gaur, il nilgai, etc., oltre ad una comunità di carnivori estremamente complessa, al cui vertice si trovano un numero impressionante di superpredatori tra cui la tigre, il lupo indiano, il dhole (Cuon alpinus) e il leopardo. Il parco nazionale di Bandhavgarh, in passato proprietà del maharaja di Rewa, è un parco di discreta estensione (tra core areas e aree tampone un migliaio di km²), ed una delle riserve del Project Tiger di maggiore successo. La varietà di habitat (dalle foreste umide decidue ad ambienti decisamente aperti) garantisce una ricca biodiversità, con 37 specie di mammiferi e oltre 250 di uccelli. L’area aperta ai turisti (circa il 12% dell’area protetta) è densamente popolata da diverse specie di megafauna, con una densità di tigri pari a un esemplare ogni 4,7 km². La possibilità di osservare in natura il massimo predatore del continente, e il più grande dei felidi (un maschio di Tigre del Bengala in media pesa 235 Kg), deve essere inquadrata nel contesto drammatico della conservazione della specie, che ha perso oltre il 90% dell’areale nel corso dell’ultimo secolo. Nel 2016, per la prima volta, il censimento delle tigri sul territorio indiano ha mostrato un lieve incremento, con 2226 adulti; un’inversione di tendenza che accende una speranza per il futuro di questo magnifico animale.
Ancora più a est si arriva infine nella delicata terra di confine, nota in passato come provincia dell’Assam (che in realtà comprende sette stati distinti, tra cui l’Assam vero e proprio), collocata tra il Bhutan, il Tibet (Cina), il Myanmar (ex Birmania) e il Bangladesh. Collegata al resto dell’India solo dallo stretto corridoio di Siliguri, l’intera area risulta decisamente remota. Fino alla metà degli anni ’90 le visite di stranieri erano vincolate a permessi speciali, raramente ottenibili, e le turbolenze indipendentiste su base etnica rendevano la situazione politica instabile; ancora oggi per visitare le poche aree accessibili in Arunachal Pradesh è necessario il Restricted (Prohibited) Area Permit. Di fatto, per i visitatori occidentali, è tuttora in gran parte terra incognita.
Kaziranga rappresenta l’ultima Asia selvaggia, almeno per quanto riguarda la grande fauna. Il Regno degli Unicorni, così viene definito questo Parco nazionale incastrato tra il Bhutan, il Tibet, il Bangladesh e il Myanmar. O dei Giganti, vista la mole della fauna preservata in maniera estesa solo qui in Asia. Rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis, fino a 2100 kg, i tre quarti della popolazione mondiale risiede qui), elefante asiatico (Elephas maximus fino a 4000 kg e oltre), bufalo asiatico selvatico (Bubalus arnee, fino a 1200 kg, la più consistente popolazione in assoluto al mondo) e gaur (Bos gaurus, fino a 1200 kg) sono i FabFour di questo parco nella piana alluvionale del Brahmaputra. Tutto questo condito con lontre, orsi, cervi di diverse specie, langur, gibboni, oltre allo straordinario platanista, il delfino di fiume. Una densità ed una varietà in termini di grandi mammiferi paragonabile soltanto ai grandi parchi africani. Gli uccelli superano le 450 specie (classificato Important Bird Area da Birdlife international). La tigre ha numeri da capogiro in questo parco (la più alta al mondo), ma la difficoltà nell’avvistarla è dovuta all’alta vegetazione erbacea. Partire ora per non dover rimpiangere nulla domani.
Il tour operator “Biosfera Itinerari” (tel. 347 30 42 700, www.biosferaitinerari.it), composto da biologi e naturalisti e specializzato in ecoturismo con accompagnamento qualificato, propone in India un itinerario per piccoli gruppi della durata di 14-15 giorni attraverso gli stati del Gujarat, Madhya Pradesh e Assam, con particolare attenzione all’ambiente ed alla fauna endemica. Quote indicative da 2.822 euro, voli e visti esclusi.
Testo/Davide Palumbo – Foto/Biosfera Itinerari