Ci sono molti buoni motivi per visitare la regione balcanica e le diverse nazioni che oggi la compongono, retaggio della frantumata ex repubblica federale iugoslava dissoltasi a partire dal 1991. Non serve spendere parole per l’Istria e la Dalmazia croata, ben note ai villeggianti italici che apprezzano da tempo bellezza del mare, monumenti artistici e storici, strutture ricettive, cucina e prezzi abbordabili. Meriterebbero invece più di qualche riga le altre regioni o stati della penisola balcanica, vale a dire Croazia interna, Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro, tralasciando volutamente di parlare di Kossovo e Macedonia ancora oggetto di tensioni etniche. Gli altri sono stati di antica cultura, di notevole varietà etnica e ricchezza naturalistica, con ingenti patrimoni artistici come le chiese e i monasteri ortodossi, ma tuttora trascurati dai circuiti turistici a causa delle ingenti ferite materiali e morali causate da una feroce guerra intestina ancora in atto venti anni fa. Destinazioni al momento forse non adatte per turisti, ma di indubbio interesse per i viaggiatori colti e curiosi, che dovrebbero essere quanto meno attratti dai tanti siti dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità: uno in Bosnia, sei in Croazia, quattro in Serbia. Può esistere anche un’altra motivazione culturale a spingere verso queste terre: la ricerca delle opere dei pittori naifs.
Il termine naif è una parola francese che corrisponde all’italiano ingenuo, primitivo. Nell’arte si riferisce ad un atteggiamento estetico-espressivo dell’artista nei confronti dell’opera e spesso indica una produzione non sorretta da una formazione professionale o comunque scolastica. L’opera è espressione di una creatività soggettiva, che non si colloca all’interno di correnti artistiche o di pensiero. L’artista segue il proprio istinto senza fare riferimento a dettami tecnici, che il più delle volte ignora, dipingendo per sé stesso, esprimendo senza compromessi una visione realistica e al tempo stesso poetica della vita, fantasticando con i pennelli fino ad accentuare le forme e la realtà. Si tratta spesso di autodidatti vissuti in contesti culturali semplici o addirittura marginali, capaci però di esprimere situazioni ed emozioni con un linguaggio elementare, privo di tecnicismi di derivazione scolastica, caratterizzato dalla spontaneità con cui interpretano il mondo che li circonda, oppure quello della loro fantasia.
La loro pittura è costituita da un’esecuzione elementare, quasi infantile (mancanza di proporzioni, di prospettiva, ecc.) e racconta in modo fiabesco scene di vita quotidiana con un ricco accostamento di colori, usati generalmente puri per accentuare l’espressività e meglio scandire le immagini, spesso a soggetto agreste. Nel campo dell’arte il termine naif viene comunemente usato per designare un genere a partire dal 1964, in concomitanza con la mostra “Le monde des Naifs” tenutasi presso il Museo d’Arte Moderna di Parigi. In realtà la pittura naif, che con variazioni locali riguarda un po’ tutto il mondo, nasce ben prima e la si può far risalire al francese Henri Rousseau (1844-1910), molto apprezzato da Picasso, le cui opere che ritraggono immagini della giungla e animali selvatici figurano nei principali musei e in importanti collezioni private. In Italia il maggior esponente è l’italo-svizzero Antonio Ligabue (1899-1965) il quale, nonostante una vita miserrima e gravi problemi psichici, con la sola istintività riuscì a produrre capolavori di potente espressionismo.
Un ipotetico tour artistico nel mondo slavo non può che partire dal Museo croato d’arte naif di Zagabria, l’elegante capitale della Croazia, dove tra un migliaio di opere esposte figurano non pochi quadri di Ivan Generalic (1914-1992), il più noto autore croato a livello internazionale, nonché di altri pittori della famosa scuola di Hlebine da lui fondata, autentico motore dell’arte naif in Croazia. Seconda tappa d’obbligo quindi Hlebine, piccolo villaggio ai confini con l’Ungheria nella regione della Podrovina. Qui, negli anni 30, cominciò ad affermarsi l’arte spontanea, su tela e su vetro, di alcuni giovani contadini locali: tra questi Generalic, il cui realismo si stempra in una vena surreale, che nel 1953 espose a Parigi, facendo conoscere il suo villaggio nel mondo. Da allora Hlebine continua a sfornare artisti, le quotazioni di Ivan sono arrivate alle stelle, gli introiti dell’arte superano da tempo quelli dell’agricoltura e il piccolo villaggio, assieme ad altri vicini come Sigetec, Gola, Molve, Durdevac e Koprivnica, si è trasformato in un centro bohemienne, mentre i Generalic sono arrivati alla terza generazione. Una rassegna storica e un confronto delle diverse personalità si può avere visitando la Galleria d’Arte, il museo locale, la Galleria Generalic e le innumerevoli case-studio trasformate in ateliers, tanto care ai turisti ed ai commercianti d’arte in cerca di buoni affari.
Il nostro tour non può prescindere nemmeno da Kovacica, piccolo centro della provincia autonoma della Vojvodina, nel nord-est della Serbia a 50 km da Belgrado. Questa vasta pianura agricola, bagnata dai fiumi Danubio, Sava e Tiso e considerata il granaio della montuosa Serbia, concentra un elevato numero di etnie diverse: serbi, ungheresi, croati, slovacchi, rumeni, cechi, tedeschi, ucraini, rom e tanti altri, che qui convivono attirati dalla fertilità del suolo. La stessa Kovacica, famosa in tutto il mondo per i pittori naifs, è un villaggio a maggioranza slovacca, che vi si trasferirono all’inizio del 1800 per volere della monarchia austro-ungarica. Molte case sono dipinte o piastrellate con il tradizionale colore azzurro chiaro e recano sul timpano il nome della famiglia, e capita ancora di incontrare anziane signore nei loro svolazzanti costumi tradizionali, soprattutto alla messa domenicale nella chiesa evangelica protestante. Nel 1952, per festeggiare i 150 anni di Kovacica, venne organizzata una mostra di prodotti locali: assieme a begli articoli di artigianato in legno comparvero decine di quadri naif, opera di sconosciuti pittori contadini che rivelarono di possedere una notevole maestria. I primi ad affermarsi anche a livello internazionale furono Martin Jonas e Zuzana Chalupova, le cui opere figurano oggi nei principali musei e collezioni private del mondo, con quotazioni di tutto rispetto, ma l’intero paese si rivelò essere una vera fucina d’arte, tanto che l’Unesco lo ha inserito nella lista dei tesori umani.
Nei primi anni 80 ero in Vojvodina per un reportage e le mie guide vollero farmi incontrare i due massimi artisti locali, entrambi di etnia slovacca. Jonas era un contadino semplice e mite, dalle mani callose e screpolate: viveva in una casa misera, dove regnava sovrana la confusione più assoluta. Se non fosse stato per un cavalletto con quadro in corso, non sarebbe nemmeno sembrata la casa di un pittore, in quanto non c’era nemmeno l’ombra di un quadro: lavorava a cottimo e le sue opere venivano acquistate dai galleristi prima ancora di essere realizzate, sulla fiducia. Difficile comunque riconoscere in lui l’autore di quelle luci prepotenti rosse, gialle e arancio, e soprattutto di quei giganti dalle mani e dai piedi enormi che sovrastavano ogni paesaggio, quasi facessero fatica ad essere contenuti nella cornice. Completamente diversa la casa della Chalupova, ampia e ordinatissima, con i quadri che riempivano le pareti di ogni stanza, dal pavimento al soffitto. Era piccola e paffutella, completamente vestita di nero e con tanto di fazzoletto in testa, e mostrava molto di più dei suoi anni. Sembrava davvero la nonna di tutti quei bambini allegri e colorati che dai suoi quadri erano diventati ambasciatori nel mondo dell’Unicef attraverso le cartoline d’auguri. Aveva fatto la contadina per tutta la vita, ora era sola e aveva tanto tempo a disposizione per esprimere sulla tela la sua visione edulcorata del mondo che la circondava, con gli occhi di bimba.
Diverse opere di Jonas e della Chalupova, nonché di parecchi altri artisti locali, possono essere ammirate nella Galleria d’Arte Naif di Kovacica, ricca di oltre 500 opere. Gli artisti attuali espongono invece nella vicina Etno-Centar Babka, creata nel 1991 per valorizzare i giovani talenti. Oltre ai dipinti sono in vendita anche piatti e vetri decorati, ceste, bambole realizzate con i cartocci delle pannocchie e l’ottimo strudel ai semi di papavero.
Info: www.croatia.hr/it, www.serbia.travel/
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini