Il Pacifico del Nord Ovest si mostra in tutta la propria bellezza, lungo i suoi selvaggi litorali, verso lo Stretto di Behring. Direttamente, oltre il confine con l’Oregon, entrando nel Washington State, al di là della foce a estuario del Columbia River, c’è Cape Disappointment, su cui Clark innalzò una grande bandiera americana, a significare la vittoriosa conclusione del lungo viaggio di esplorazione di 2000 km, insieme a Lewis, dall’Atlantico al Pacifico, alla fine del 1805. Oggi un faro troneggia sulla parte più alta dello storico capo.
Seguendo la strada“101”, si passa da Aberdeen, una città che si affaccia su una baia molto protetta dalle onde del Pacifico. Si tratta del Grays Harbor, dal nome del suo scopritore che qui attraccò nel 1792. All’inizio del ‘900 fu un importante cantiere navale per l’abbondanza del legname. Ancora più a Nord s’incontra la Penisola Olympic, di fronte a Seattle, che, da Parco Nazionale, nel 1961 divenne Riserva della Biosfera e, nel 1988, fu dichiarata “Olimpic Wilderness” per la sua unicità. E’ costituita da una zona costiera sul Pacifico, da una seconda caratterizzata da un’area a foresta pluviale temperata (con cedri giganti) e, infine, da un’ampia fascia di montagna. Questi tre habitat differenti sono i fattori ecologici che hanno dato luogo alla sua grande biodiversità. Il golfo, noto come Pudget Sound (su cui si affaccia Seattle), è il risultato dell’azione erosiva prodotta dai ghiacciai durante il Quaternario. La zona è costituita da numerose isole, fiordi e valli tipicamente glaciali. La maggior parte dei residenti dello Stato, abita a Seattle, una bella città che si può ammirare dall’alto dello Space Needle (ago spaziale), una torre di quasi duecento metri.
Diversi sono i musei, ma certamente, quello più interessante, è il Burke Museum, naturalistico ed etnografico, con sedici milioni di reperti e manufatti (10.000 oggetti), che lo classificano al quinto posto al mondo per l’arte dei nativi americani. Geograficamente parlando, la lunga catena della Cascade Range, corre da Sud a Nord influenzando il clima e dividendo a metà questo vasto territorio. Si tratta di una lunga porzione della “Cintura di Fuoco del Pacifico” creatasi dallo scontro tra diverse placche tettoniche che s’inseriscono sotto il continente del Nord America, che, inesorabilmente, avanza verso oriente sull’oceano. Almeno cinque sono i principali vulcani che s’innalzano nello Stato di Washington, fino al confine canadese. Famoso alle cronache, fu l’esplosione del St. Helene, nel maggio del 1980, la cui cima si disintegrò lasciando, al suo posto, un enorme cratere. A 80 km., a sud di Seattle, si eleva il Mount Rainier, con la vetta più alta dello Stato (oltre 4000 metri). A 140 km. a nord di Seattle, s’incontra la città di Bellingham affacciata sull’omonima baia. Fu il navigatore George Vancouver che la scoprì e che lì sbarcò nel 1792. La zona era ancora abitata da nativi di diverse tribù, quando, nel 1858, dalla California arrivarono i cercatori d’oro che si dirigevano sui campi auriferi del Fraser Canyon, nel vicino Canada. Per questa ragione si sviluppò il porto di Bellingham, che divenne importantissimo per fare arrivare i materiali verso i campi minerari dell’Alaska, necessari alle migliaia di ”prospectors” impegnati nella corsa all’oro. Ancora oggi, da questa baia, è molto attivo il trasporto, via mare, di persone e merci. In altre parole, non si tratta di una via terrestre ma marittima, attraverso il famoso “Inside Passage” lungo circa 1500 chilometri.
Geograficamente si tratta di un’area del Pacifico separato da gruppi d’isole, ravvicinate, tra la costa continentale dell’Alaska, della British Columbia (Canada), fino a Seattle. E’ un mare molto ricco di pesce, con decine di barche di pescatori, anche russe e giapponesi, in concorrenza con quelle americane. Una flottiglia di grandi traghetti percorre, in più giorni, questo “passaggio interno”, lungo una volta e mezzo l’Italia. Superata la lunga Isola di Vancouver (dopo essere partiti da Bellingham in nave) spesso s’incontrano, foche, balene e orche che qui vivono, dove partoriscono. Attorno, ovunque, ghiacciai e foreste selvagge che sembrano scivolare nelle acque tranquille. Il sole si alterna a temporali e alle nebbie tipiche del Grande Nord.
Prince Rupert è una cittadina importante, fulcro per spostamenti e scambi commerciali via terra, aereo e mare. Ancora più a settentrione si entra in Alaska, nei territori che furono russi. Il primo centro che s’incontra è Ketchikan, su una grande isola che, nei tre mesi estivi vive col turismo delle navi passeggeri, oltre che della pesca al salmone. Nacque, infatti, come accampamento estivo dei pescatori Tlingit (popolo delle maree). Il paese fu fondato nel 1885 da Mike Martin, un pioniere imprenditore, che costruì una fabbrica di sale e un negozio di generi alimentari. Risalendo il Canale Clerance si raggiunge Wrangell. Il luogo era abitato, fin dall’antichità, dai Tlingit i quali vennero in contatto con il famoso commerciante di pellicce russo Shelikhof, che, nel 1796, compilò una mappa dell’America Russa, di grande interesse. Le navi si spostano anche all’esterno dell’Inside Passage, per ancorarsi a Sitka, una piccola città storicamente famosa, sull’Isola di Chichagof. Fu fondata dal governatore russo dell’Alaska, col nome di “Nuova Arcangelo”. Il 18 ottobre 1867, con la vendita dell’Alaska agli Stati Uniti, rimase comunque popolata ancora da gente russa.
Sitka è dominata dal vulcano Edgecumbe che si eleva sulla vicina isola di Kruzof, il cui nome gli fu dato da James Cook, nel 1778. Anche in questa città, in cui si può visitare una bella chiesa ortodossa costruita dai russi, si respira un’aria antica ancora autentica. Uscendo dal museo cittadino, ricco di reperti indigeni, si può iniziare un percorso a piedi, pieno di fascino. Infatti, s’incontrano, all’improvviso, diversi altissimi totem che svettano verso il cielo nuvoloso, al centro di radure circondate da una fitta foresta di slanciati abeti rossi (Picea sitchensis) che superano i 100 metri di altezza, con tronchi del diametro di oltre cinque metri. Alcuni esemplari sono vecchi di 700 anni. Gli originali abitanti delle coste del Nord Pacifico, realizzarono, con questi alberi, i loro pali totemici per celebrare leggende famigliari, clan o eventi importanti, talvolta anche a scopo funebre. Questi posti, un tempo, erano letteralmente disseminati di piccoli villaggi costieri, purtroppo, nel 1804, scoppiò una rivolta per cacciare gli europei da Sitka, diventata una capitale commerciale per le pellicce.
La marina russa colpì, gli insediamenti di legno, a colpi di cannone, causando vittime e l’abbandono di Sitka, da parte dei nativi. Sui rami delle grandi conifere, che ricoprono l’isola, sostano numerose aquile di mare dalla testa bianca, che vanno a pescare sulle battigie, ricche di molluschi e di salmoni spiaggiati. Agosto è l’epoca in cui, questi pesci, stanno risalendo i corsi d’acqua dall’oceano, per depositare le uova nei siti dove sono nati. Non mancano anche i grandi orsi Grizzly. Ritornando dentro all’Inside Passage, sempre circondati da ghiacciai (che si buttano in mare sotto un cielo grigio, tipicamente alaskano) più a Nord, si entra nell’arcipelago “Alexander”, costituito da un migliaio d’isole assolutamente selvagge.
Si arriva a Juneau, la capitale dell’Alaska. Fu Joe Juneau, cercatore d’oro, che scoprì, in questo luogo, numerose pepite del prezioso metallo, alla fine dell’800. La città è raggiungibile solo via mare. Una funivia (Mont Robers Tramway) sale a 548 metri, da cui si domina l’Inside Passage e, sotto, la città di Juneau. Molto bello è l’artigianato Tlingit, realizzato in loco, direttamente. Non lontano dalla città, c’è la spettacolare e mistica chiesetta di Santa Teresa di Lisieux, immersa nella quiete della foresta pluviale. Più avanti s’incontra l’affascinante lingua del ghiacciaio Mendenhall in evidente regressione. L’inside Passage termina a Skagway, una piccola cittadina che ebbe un ruolo fondamentale per la Gold Rush dell’Alaska. Da qui i “prospectors”, arrivati da Seattle, iniziavano la loro vera avventura, verso le lande durissime del Nord Alaska. Il paese, ancora oggi, ha mantenuto le caratteristiche di fine ‘800, con case di legno e un piccolo cimitero in cui sono sepolti chi non vide realizzarsi il sogno di arricchirsi con l’oro. Ogni pietra tombale (anche d’italiani) sembra volerci raccontare quelle tragedie. Molte sono le lapidi che recano la scritta “unknown”. Il vecchio film di Chaplin, La febbre dell’oro, offre un quadro realistico di quei tempi. La via verso il nord dell’Alaska, parte da questo piccolo centro, fuori dal mondo, pieno di suggestioni difficili da raccontare in poche righe.
Bibliografia dell’autore:
Dalla Terra del Fuoco all’Alaska in camper 4×4 –La riscoperta delle Americhe – Edito nel 2012
Testo/foto Giuseppe Rivalta – Foto d’apertura – Wikipedia