Dopo avere spento i riflettori su Matera, con il nuovo anno sono stati accessi – durante il lungo fine-settimana dall’11 al 13 gennaio scorso, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella – quelli su Parma 2020 capitale italiana della cultura (www.parma2020.it). Parma, città che sotto l’headline “La cultura batte il tempo”, ha inaugurato sabato 11, presso il Palazzo del Governatore, nel cuore dell’urbe (piazza Garibaldi 19, tel. 0521–218929), la mostra Time Machine – Vedere e sperimentare il tempo (fino al 3 maggio), nata da un’idea dell’assessore alla Cultura Michele Guerra e curata da Antonio Somaini, docente di Teoria del cinema, dei media e della cultura visuale alla Sorbona di Parigi, con la collaborazione di Eline Grignard e Marie Rebecchi.
D’altronde, com’è noto grazie alla considerazione ontologica del cinema del filosofo francese Maurice Merleau-Ponty (1908 –1961), il cinema è venuto a capo di assai di più della “rappresentazione del movimento”: grazie ad esso, infatti, è nato “un modo nuovo di simboleggiare i pensieri, un movimento della rappresentazione”. La mostra in oggetto è, all’atto pratico, un’indagine sulla maniera in cui il cinema (e gli ulteriori, correlati new media basati sulle immagini in movimento) ha modificato, negli ultimi 125 anni (dal 1895, con il romanzo fantascientifico The Time Machine: An Invention di H.G. Wells, e con la prima presentazione pubblica del Cinématographe dei Fratelli Lumière), l’umana percezione del tempo attraverso una serie di tecniche di manipolazione temporale: dall’accelerazione al ralenti; dal fermo-immagine al time-lapse; dalla proiezione a ritroso al loop alle infinite varianti del montaggio, fino alle più recenti machine learning e network neutrality.
Di conseguenza, cinema, docu-film e video-art proposti come vere e proprie ‘macchine del tempo’, secondo tre differenti categorizzazioni: media capaci di registrare, archiviare, ripresentare fenomeni visivi e audio-visivi; media che rendono possibili diverse forme di ‘viaggio nel tempo’; media che operano multiple forme di manipolazione temporale. La mostra, un immersivo percorso attraverso 25 sale, tra immagini, proiezioni, documentari, estratti filmici variamente estrapolati, si sviluppa fino alle più avanzate tecniche di manipolazione temporale delle immagini in movimento, prodotte tramite intelligenza artificiale, mantenendo in ogni caso la sua fondamentale peculiarità di ‘viaggio nel tempo’ e spaziando tra filmmaker quali Jean-Luc Godard, Martin Arnold, Harun Farocki, Bill Morrison e artisti quali Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Jeffrey Blondes, Grégory Chatonsky, Ange Leggia, Robert Smithson, Alain Fleischer, Jacques Perconte.
Quest’ultimo, cineasta e artista francese dei nuovi media, considerato il pioniere dell’internet art francese ma poco conosciuto in Italia, è quello che più ci ha colpiti per il possente lavoro presentato, Le Tempestaire, ispirato dal cortometraggio omonimo (1947) di Jean Epstein: l’edizione 2020 (generative video, dancing compression video, data edited on the fly) è un’opera straniante e ipnotica, che produce e rigenera in continuazione differenti e artistiche immagini di tempesta, riprese in Normandia, e “destrutturate per esplorare nuove plasticità dell’immagine digitale”, come ha spiegato il curatore Somaini. In pratica, il giovane Jacques Perconte (Grenoble, 1974, ma vive e lavora a Parigi) ha realizzato un video generativo, vale a dire alimentato da un software che fa in modo che le immagini si rincorrano, cambiando in continuazione, senza mai ripetersi. Una straordinaria opera di video-art dall’insolita possibilità di durare in eterno, senza annoiare, anzi trasportando il fruitore in un mondo quasi trascendente. Biglietti: intero 8 euro; ridotto 5 e 4 euro. Orari d’apertura: martedì e mercoledì 15–19; giovedì-domenica e festivi 10–19; chiusa il lunedì.
Ma il programma generale di Parma 2020 capitale della cultura, che in un anno prevede oltre 150 diversi eventi – capaci di coinvolgere enti locali, imprese, associazioni di categoria, diocesi – e che ha dichiarato a chiare lettere l’ambizione di fondere “patrimonio, culture e creatività internazionali, tra mostre, laboratori, convegni, concerti musicali e distretti contemporanei”, non ha di certo dimenticato la ‘sostenibilità nel piatto’, coinvolgendo ovviamente Barilla all’inaugurazione dell’anno culturale parmense, in collaborazione con il National Geographic Italia. La Fondazione Barilla (www.barillacfn.com) era infatti già presente ai tre giorni d’inaugurazione con Noi, il cibo, il nostro Pianeta: alimentiamo un futuro sostenibile, esposizione multi-disciplinare e divertentemente interattiva, finalizzata a sostenere una ‘rivoluzione dei consumi’, dichiaratamente orientata allo sviluppo sostenibile.
Infatti sino al 13 aprile, gli spazi della galleria San Ludovico (borgo del Parmigianino 2) e dei Portici del Grano (piazza Garibaldi 1) ospitano un intelligente ‘percorso esperienziale’ per fare capire a tutti l’inestricabile legame esistente fra la tutela del Pianeta e quella della nostra salute, a cominciare proprio da cibo. D’altronde, come ha dichiarato Anna Ruggerini, direttore operativo di Fondazione Barilla,“l’alimentazione, la nutrizione e la tutela dell’ambiente sono elementi fortemente correlati tra loro. Infatti, correttamente nutriti, i bambini possono imparare, gli adulti possono condurre una vita sana e le società possono assicurarsi prosperità. Curando la nostra terra e adottando un’agricoltura sostenibile, le generazioni presenti e future saranno in grado di nutrire una popolazione in crescita e di mitigare i cambiamenti climatici, consumando meno acqua e producendo meno gas ad effetto serra”.
Come d’altronde già ben sappiamo grazie all’International Forum on Food and Nutrition che Fondazione Barilla organizza ogni anno a Milano in dicembre, la produzione di cibo rappresenta l’attività umana che più contribuisce al cambiamento climatico (fino al 37%), superando persino il riscaldamento degli edifici (23,6%) e l’inquinamento dei mezzi di trasporto (18,5%). Di conseguenza, bisognerebbe velocemente ripensare al modo in cui produciamo il cibo perché, da qui a trent’anni (2050), saremo 10 miliardi di persone sul Pianeta e altrettante bocche da sfamare e ciò renderà necessario produrre molto più cibo, ma proseguendo a farlo con l’attuale modello di consumo, non-sostenibile, i danni per il Pianeta saranno incalcolabili. Oggi un terzo del cibo prodotto a livello globale non viene neanche consumato, si spreca nel percorso che va dal campo alla tavola”.
La saggia e interattiva mostra-laboratorio della Fondazione Barilla si conclude con una selezione, da parte del visitatore, di un proprio menù preferenziale, per il quale verrà alla fine emesso uno ‘scontrino ambientale’, in cui viene in primis calcolato il ‘costo’ delle cibarie in termini di emissioni (ma anche di calorie). Vale a dire: se, per esempio, si scegliesse una lasagna, seguita da pollo e patate e, infine, una mela, si produrrebbero 2,34 kg di Co2, equivalente a quelli prodotti da un viaggio in auto di 19 chilometri; oppure, se si scegliesse invece una pasta al pomodoro, seguita da un merluzzo con zucchine e, infine, una banana, si genererebbe un Co2 equivalente a quello prodotto da un viaggio in auto di 8 chilometri. I dessert non vengono neanche contemplati. Mostra a ingresso libero. Orari d’apertura: lunedì-venerdì dalle 9 alle 17, sabato-domenica dalle 10 alle 18.
Info: www.parma2020.it
Testo/Olivia Cremascoli – foto courtesy Parma 2020 e Fondazione BCFN