E’ sempre stata unanimamente considerata come il monumento simbolo dell’arte romana e l’espressione più significativa dell’epoca imperiale augustea: ci riferiamo all’Ara Pacis Augustae, voluta dal Senato romano per festeggiare il ritorno a casa nel 13 a.C. di Augusto e del suo esercito, dopo una spedizione militare pacificatrice da questi condotta in Spagna e in Gallia meridionale durata tre anni, e dall’imperatore a sua volta dedicata alla divinità della Pace, personificazione di quella pax augustea da tutti auspicata e finalmente perseguita dopo un lungo periodo torbido di guerre civili fratricide e di lotte intestine con cui si era dissolta la Roma repubblicana. Il monumento, inaugurato il 30 gennaio del 9 a.C. (il giorno del compleanno di Livia, moglie di Augusto, dopo tre anni e mezzo di lavori) con una solenne cerimonia da parte di senatori, magistrati, sacerdoti e vergini vestali con tanto di sacrifici, sorgeva nel Campo Marzio, nel luogo consacrato dalla tradizione alla celebrazioni delle vittorie militari, e distava esattamente un miglio dal Pomerium, il limite della città dove i consoli di ritorno da una spedizione militare perdevano i poteri militari per riassumere quelli civili, non potevano cioè valicare a capo del loro esercito senza essere accusati di tradimento e di ostilità a Roma.
Augusto, in realtà chiamato Caio Giulio Cesare Ottaviano, era figlio adottivo ed erede politico designato di Giulio Cesare; fu il primo imperatore romano, a cui l’impero fu debitore di un periodo di pace e di intensa prosperità, con l’invidiabile primato di essere anche quello che governò indisturbato per il periodo più lungo, durato ben 44 anni. L’ara, eretta con un chiaro intento politico-propagandistico legato alla figura di Augusto, si presenta come un rettangolo (m 11,6 x 10,6 x 3,7) di candido marmo bianco su un basso podio, con due porte, quella anteriore preceduta da una rampa con nove gradini; l’interno ospita l’altare su una gradinata. Le superfici del recinto marmoreo, sia interna che esterna, presentano una raffinata decorazione a rilievo che ha per soggetto la pax augustea e la storia romana a partire da Enea, per onorare la discendenza della nobile gens Julia imperiale. Aveva due ingressi: quello anteriore su Campo Marzio, quello posteriore sull’antica via Flaminia. Pur essendo un monumento assunto per la sua armonia a simbolo dell’arte romana di epoca augustea, in realtà mischia in un riuscito eclettismo elementi di arte greca classica, ellenistica e romana, opera di botteghe di artisti e di artigiani greci. Dopo due secoli di vita, con le varie sovrapposizioni edilizie della Roma imperiale, l’ara era finita al fondo di una fossa, tanto che ne sporgeva fuori soltanto la sommità, e fu quindi necessario costruirle d’attorno a protezione un muro di mattoni. Poi fu l’oblio per tutto. I primi frammenti cominciarono ad affiorare nella Roma papalina rinascimentale attorno al 1568, ma parecchi andarono dispersi tra collezionisti di antichità (compresa la collezione medicea oggi ospitata agli Uffizi di Firenze), prima dei primi scavi regolari iniziati nel 1859, poi intensificati in epoca fascista alla ricerca di una romanità imperiale. L’apposito museo fu inaugurato nel 1938, in occasione del bimillenario augusteo. L’attuale, discusso, rifacimento in acciaio, travertino chiaro e vetro, è opera dell’architetto americano Richard Maier, ed è stato inaugurato il 21 aprile 2006, in occasione del Natale di Roma. Pochi monumenti riescono a trasmettere come l’Ara Pacis Augustae la storia, le credenze, gli ideali e le ambizioni di un’intera epoca, quella più fulgida della nostra lunga storia. A partire dai rilievi con la raffigurazione del sacrificio di Enea ai progenitori, e a quello della nascita di Romolo e Remo, personaggi, gesti, divinità e animali illustrano le origini di Roma e della famiglia di Ottaviano Augusto.
L’ara si presenta quindi come un indiscusso capolavoro rigorosamente in bianco-nero, dove i rilievi ed i giochi di luci dipendono esclusivamente dalla profondità di incisione delle immagini nel marmo. Oggi, perché all’epoca di Augusto – lo sappiamo per certo – essa era colorata con diverse e sgargianti tonalità, acquistando un movimento e una dinamicità plastica ben superiore a quella odierna, con risultati di grande effetto. Da un po’ di tempo si è pensato di ricorrere alla più moderna tecnologia per visualizzare il monumento in tecnicolor, nello splendore originario della sua policromia. Nel novembre del 2009 si è cominciato illuminando a colori il lato principale e quello secondario con una tecnologia d’avanguardia virtuale, applicata per la prima volta nella storia dell’archeologia su un monumento di età romana. Ma il passo successivo, determinante al riguardo, si è raggiunto soltanto il mese scorso, quando ha preso il via l’iniziativa delle visite serali per “L’ara com’era – un racconto in realtà multisensoriale aumentata”. In pratica, in estrema sintesi, calzando un apposito visore è possibile sovrapporre elementi virtuali alla percezione visiva per assistere ad un racconto multimediale, comprendere l’aspetto originario e la funzione dell’altare e osservare le trasformazioni subite da Campo Marzio dove è ubicato. Il progetto, promosso da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita Culturale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, e organizzato da Zàtema Progetto Cultura, è stato affidato ad Ett spa. L’ara com’era presenta un’innovativa esperienza di Augmented Reality – Realtà Aumentata unica nel suo genere. Utilizzando particolari visori AR (Samsung Gear VR) e la fotocamera dei device in essi inseriti, elementi virtuali ed elementi reali si fondono direttamente nel campo visivo dei visitatori. La particolare applicazione AR riconosce la tridimensionalità dei bassorilievi e delle sculture, effettuando un tracking in tempo reale. I contenuti virtuali appaiono al visitatore come ancorati gli oggetti reali, contribuendo all’efficacia, all’immersività e al senso di magia dell’intera esperienza. In questo percorso di scoperta il visitatore è invitato a svolgere una serie di gesti e di azioni che coinvolgono più canali percettivi. E così, osservando da varie angolazioni i plastici e i modellini, i visitatori li vedono popolarsi di personaggi, intenti a celebrare il sacrificio, ascoltando suoni e voci come in uno spaccato dell’epoca, mentre i calchi raffiguranti la famiglia imperiale prendono vita e si raccontano in prima persona. Ma questa tecnologia regala anche un’ulteriore miracolo: consente infatti al visitatore di ammirare l’Ara Pacis esattamente così com’era, compresi i numerosi pezzi mancanti andati perduti nel tempo, per una visione davvero integrale.
Info: Museo dell’Ara Pacis Augustae, Roma, Lungotevere Augusta, tel. 06 06 08, aperto ogni giorno con orari 9,30-19,30. Info@arapacis@comune.roma.it, www.arapacis.it
Le visioni a colori avvengono tutte le sere dalle 20 alle 24 (ultimo ingresso alle 23), biglietto intero € 12,00, ridotto € 10,00. Accessibile solo per adulti, ragazzi a partire dai 13 anni.
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