Tra i paesi dell’Africa Occidentale, il Senegal risulta senz’altro una nazione che merita di essere visitata per la natura e la Storia che la ha caratterizzata. Il turismo internazionale, in questa nazione, è sceso di molto rispetto ad alcuni decenni fa, prima per i tentativi di secessione della Caramance ed oggi specialmente per il timore di attentati, anche se nel paese vi sono scrupolosi controlli governativi. È forse questo il momento di riscoprire questa parte del continente africano.
Cenni geografici e naturalistici
Il Senegal ha una superficie di circa 200.000 km2 ed è la parte dell’Africa che si spinge più ad ovest nell’Oceano Atlantico. È rappresentato da almeno tre fasce vegetazionali: il Sahel (una fascia semi arida a clima secco che confina a Nord col deserto del Sahara), la Savana e la Foresta tropicale con un clima umido. Questo paese si caratterizza per la presenza di grandi fiumi, molti dei quali hanno le zone sorgentizie ad Est, sgorgando dal massiccio Futa Jalon in Guinea, importantissimo nodo idrografico da cui nasce anche il Niger, il Bafing (importante ramo sorgentizio del fiume Senegal), il Gambia, oltre ad almeno altri tre corsi d’acqua. Questo tavolato roccioso (alto non più di 1800 metri) è soggetto ad una forte piovosità perché battuto da venti umidi. Il Fouta Jalon fu attraversato anche da Renè Caillè durante la sua incredibile esplorazione africana tra il 1827 e il 1828. Il territorio senegalese, per la sua morfologia, prevalentemente pianeggiante, si caratterizza per grandi ed ampi delta fluviali che hanno prodotto ecosistemi straordinari che si vanno ad aggiungere, all’interno, ad habitat tipicamente di savana e foresta. Sono presenti diverse aree protette e parchi nazionali. A Nord, sul delta del fiume Senegal, al confine con la Mauritania, s’incontra il Parco Nazionale degli Uccelli di Djoudj. Ben 160 ettari coperti da fragmites (canne di palude) e tamerici, ospitano almeno 300 specie di volatili che, stagionalmente, attraversano l’immenso Sahara. Pellicani (fino a 20.000 esemplari), spatole, cormorani, cicogne nere, bianche garzette, fenicotteri e molte altre, alla fine di gennaio sono ancora presenti prima di iniziare la migrazione primaverile. Tra novembre ed aprile l’area è pertanto colonizzata da almeno tre milioni di uccelli. Non mancano facoceri, caprini, oltre a pitoni, iguane e coccodrilli.
Il Djoudj è sotto l’egida dell’UNESCO essendo una delle Riserve ornitologiche più importanti al mondo. Questo sito, che si visita su tipiche piroghe in legno, è situato a poche decine di chilometri a nord di Saint Louis. A sud di questa città di pescatori, nata nell’epoca coloniale, non lontano dalla “Langue de Barberie” (una lunga lingua di sabbia parallela alla costa) vi è la Riserva faunistica di Guembeul, creata nel 1983 per riunire animali africani dei quali molti in via di estinzione. Nei 720 ettari sono presenti, nei boschi di acacia, numerosi mammiferi tra cui grandi orici (che furono spesso raffigurati nelle pitture rupestri sahariane), gazzelle dama, scimmie e grandi tartarughe terrestri. Decine sono anche le specie di uccelli tra cui una colonia numerosa di avocette. Più a Sud, a 75 km ad est di Dakar, vi è la Riserva della Foresta di Bandia (privata) che si presenta con un ingresso tipico da Safari modello Kenia. La Riserva si visita su fuoristrada e lungo il percorso s’incontrano diverse specie tipiche della fauna africana (qui ormai scomparse) come rinoceronti bianchi, antilopi (Eland giganti, impala, gazzelle dama, kudu ecc.), sciacalli, scimmie, oltre a struzzi e coccodrilli, nel lago interno. Si può considerare un moderno “Zoo safari”, comunque interessante perché ci mostra faune che erano presenti anche nel vicino Sahara prima della sua desertificazione.
Un altro Delta/Parco è quello creato dal Fiume Saloum, che fin dal 1981 è stato classificato come “Réserve de Biosphére. Qui il mare penetra nel corso d’acqua risalendolo e ha sviluppato un habitat a “Mangrovie” molto esteso. Con le piroghe si percorrono alcuni dei suoi molteplici canali. Durante l’alta marea, le radici delle Mangrovie sono sommerse dalle acque salmastre e su di esse si attaccano centinaia di ostriche che poi vengono raccolte. I suoi differenti habitat e relativi ecosistemi, si possono riassumere in: umido, marino, di estuario oltre che palustre e lacustre. Da ciò si comprende quanto varia sia la biodiversità che lo contraddistingue. Anche questo Parco ha una grande superficie (76.000 ettari) ed è formato dall’incontro di due fiumi: il Sine ed il Saloum. Molto adatto all’ecoturismo, la visita avviene di solito partendo dall’imbarcadero di Ndangane, su colorate piroghe. Per ovviare al problema della risalita di acquemarine lungo i fiumi senegalesi, son stati creati degli sbarramenti che hanno già dato significativi risultati.
Il fiume Senegal, grazie a queste strutture, ha sensibilmente aumentato i chilometri di acqua dolce, al contrario del fiume Gambia, lungo 1100 km, che ne presenta ben 800 salmastri e solo 300 di acque dolci. Il Parco più vasto è il Niokoto Koba (913.000 ettari). Al suo interno esiste una grande varietà di vegetazione e quindi anche altrettante faune (grandi antilopi Eland, scimpanzè, leoni, leopardi ed anche elefanti, uccelli anfibi e rettili). Purtroppo il Parco è attraversato da una lunga strada statale che tiene lontano gli animali che trovano un rifugio più sicuro all’interno. Nel fiume Gambia (che in parte attraversa questo Parco) vivono anche gli Ippopotami. A sud-est di Kedougou, sul confine con la Guinea s’incontra (dopo un percorso a piedi in mezzo alla foresta) la cascata di Dindefelo alta un’ottantina di metri. L’acqua scende dall’altopiano delle montagne Fouta Djallon (da cui nascono i grandi fiumi dell’Africa Occidentale). Nell’area di Kedougou, a Mako, già da qualche anno è stato scoperto l’oro. Come sempre accade in questi casi, si è iniziata una corsa al prezioso metallo, che sta richiamando gente dai confinanti Mali e Guinea Conacry, con di conseguenza, l’inevitabile verificarsi di seri problemi di ordine pubblico con arresti ed omicidi. La compagnia inglese che ha avuto l’appalto, ha predisposto un progetto di impatto ambientale poiché la località si trova all’interno del Parco Niokoto Koba e sul fiume Gambia.La regione a sud dello Stato del Gambia prende il nome dal fiume Casamance (dal dialetto malinkè che significa Re dei Kasa). È suddivisa in “Alta” e “Bassa”. La seconda confina con la Guinea Bissau ed è già tipicamente tropicale con vaste foreste e temperature che, in febbraio, superano i 38°C. La parte che si affaccia sull’Atlantico si caratterizza per lunghissime spiagge sabbiose. Questa regione, nel 1982, cercò di staccarsi dal Senegal e di diventare autonoma. Per anni si sono verificati scontri molto violenti (forse per questa ragione iniziò un sensibile calo del turismo), ma alla fine, nel 2014, ha rinunciato per sempre al proposito secessionista.
Il Senegal e la preistoria
L’Uomo, apparso in Africa Orientale, ha progressivamente colonizzato l’intero continente. In Senegal il Paleolitico Inferiore è presente in vari siti con grandi amigdale. A Rufisque, non lontano da Dakar e a Rosso, sono stati trovati, lungo i fiumi, raschiatoi, asce ecc. Con l’arrivo del Neolitico compare la ceramica e si sviluppa, sulla costa, la pesca ed il commercio con prodotti provenienti dall’interno. Lungo le coste, dal Marocco alla Mauritania, è abbastanza frequente trovare punte di freccia, raschiatoi di selce o piccole asce in diorite ben levigate, tipiche del Neolitico. Nel I° millennio a.C. il Sahara, in fase di desertificazione, provocò la migrazione di popolazioni (diaspora) che importarono la tecnologia dei metalli anche in queste regioni. Sul confine del Senegal col Gambia, sono presenti tipici raggruppamenti di pietre verticali su una superficie di 39.000 km2. Questi menhir (alti anche due metri) vennero, verosimilmente, eretti tra il III° sec. a.C. ed il XVI° sec. d.C. sopra a sepolture più antiche. Oltre al sito di Wassu (in Gambia), nella regione di Kaolack (in Casamance) sono note diverse zone con cerchi di pietre, come quello di Kabakoto, di Diangou Kaymar, di Ngayene, di Kaungheul ecc. Questi megaliti sono diffusi dal Senegal al Cameroun.
Le etnie presenti in Senegal
Diversi gruppi etnici convivono in questa nazione. Tra questi i Wolof sono i più rappresentati (circa 40%). Vi sono anche i Peul (18%), i Serere(15%), i Diola (7%) ed i Lebou (2%) che prevalgono nella regione Casamance, oltre ai Mandingo, Bedick ecc. I Lebou sono una comunità di pescatori con piroghe coloratissime presenti nella zona di Saint Louis. Molto vicini ai Wolof, anche se musulmani, continuano a praticare l’animismo. Anche i Serere sono abili pescatori, in prevalenza cristiani e risiedono nel delta del Saloum. I Peul provengono dal Sahara da cui uscirono quando iniziò la desertificazione. Tipici pastori di grandi mandrie di zebu, sono stati islamizzati e, attualmente, vivono nella regione di Kolda, nella Casamance meridionale. L’area della cascata di Diendefelo, è il territorio del popolo Bassari, minoranza etnica ancora molto chiusa, animisti ed in parte cristiani. Le donne, che qui vivono, hanno l’usanza di lavare i panni nel fiume battendoli con dei bastoni, ma non amano essere fotografate. Anche i Diola (o Jola) sono animisti e affermano di conoscere il linguaggio delle piante. Coltivatori di riso, conoscono molto bene i canali e le foreste della Casamance. I Bedick sono un altro piccolo gruppo etnico con una propria lingua e assolutamente animisti, anche se hanno subìto un’influenza cristiana. Per non venire islamizzati fuggirono dal Mali e si rifugiarono in piccoli villaggi su colline granitiche. Il villaggio di Angel ne è un tipico esempio con le sue capanne circolari, costruite con mattoni di paglia e fango cotti al sole e tetto di frasche, attorno ad una piccola area centrale che usano per le loro feste e cerimonie. Il continuo contatto con la Natura ha favorito la nascita e lo sviluppo di una religiosità che risente in maniera potente delle condizioni ambientali, a volte estreme. La presenza di alberi strani e giganteschi ha, da sempre, influenzato la fantasia dei popoli primitivi. Nel Senegal vi è una fascia a Savana in cui crescono giganteschi Baobab.
Questi alberi, che gli arabi definirono “padre di molti semi”, sono diffusi con sette specie in Africa. Caratterizzati da un grande tronco, la cui circonferenza può raggiungere la trentina di metri, hanno la capacità di immagazzinare acqua all’interno e sopravvivere alla siccità. Spesso l’albero è cavo ed offre rifugio a colonie di pipistrelli (genere Miniopterus). Era un’antica tradizione, dare sepoltura nella cavità del tronco a persone importanti del villaggio, come confermato dal reperimento di diversi scheletri. Oggi il governo vieta questa usanza. Altra curiosità, legata ai Baobab, è quella che proibisce ai bambini fino ai dieci anni, di sostare, sotto queste piante, dalle 10 alle ore 15 e dopo il tramonto. Non è ben chiara la ragione di questa regola, ma è stato ipotizzato che l’albero possa emettere sostanze velenose o, per meglio dire, influenze negative per i giovani. Oltre ai grandi baobab, anche lo slanciato e altissimo Fromager è un albero delle zone tropicali, ritenuto sacro dalle popolazioni locali, forse anche per la sua imponenza e per le radici che penetrano nel terreno. A tal proposito è necessario precisare che, anche in queste regioni, sopravvivono i culti dei boschi sacri (come era il “Lucus” per i romani). Qui, queste coperture vegetali, sono ancor oggi intoccabili al punto che, nelle zone a risaia, si possono vedere macchie boscose che emergono in mezzo a tali coltivazioni e che nessuno osa abbattere.
Il Senegal e lo schiavismo
Colonizzazione e schiavismo, qui si fondono in un unico tragico capitolo della Storia dell’Uomo. Già prima del medioevo era fiorente in Africa (ma non solo) il commercio di schiavi. Tra il XVI° e XIX° secolo si assistette ad una vera e propria tratta degli schiavi tra l’Africa Occidentale e le Americhe. Questo portò ad uno sviluppo economico notevole delle colonie europee nel Nuovo Continente. Questa “tratta” fu favorita dalla connivente intermediazione delle stesse popolazioni africane che procuravano ls “merce” umana ai colonizzatori portoghesi, olandesi, inglesi, francesi, spagnoli, svedesi ecc. Furono secoli in cui si perpetrò un olocausto di circa 4 milioni di persone. Si pensa che almeno 12 milioni di schiavi furono deportati nelle Americhe. Venivano ammassati nelle stive di navi, perennemente incatenati l’uno all’altro, con poco cibo ed acqua e brutalmente trattati e seviziati dall’equipaggio. Ancora piena di suggestione è l’isola di Karabane, sulla foce del fiume Casamance, nell’estremo sud del Paese. Qui i Portoghesi arrivarono nel XVI° secolo per commerciare avorio e schiavi. Poi nel 1836 venne ceduta ai francesi. Anche se restano in piedi ben poche strutture (dove venivano ammassati questi uomini), il luogo ricorda ancora l’atmosfera di quei tempi lontani. Di fronte alla capitale Dakar si trova l’isola di Gorée o “Bir” (= Ventre della donna). Fin dal 1444 fu soprannominata anche “Porta dell’Inferno” poiché da qui venivano imbarcati i prigionieri per trasferirli in Brasile, Caraibi ecc., come forza lavoro per i campi di cotone e canna da zucchero. La scelta di queste persone si era resa quasi “necessaria”, da parte dei trafficanti, poiché gli indigeni americani (indios) non risultavano abbastanza “robusti” per quel tipo di lavoro. Osservando i costumi coloratissimi, e ricchi di frappe, delle donne senegalesi viene spontaneo il confronto con i costumi tipici del Brasile: sono quasi gli stessi! Queste genti hanno saputo, ad un certo momento, reinventare le proprie tradizioni ed abbigliamenti anche al di là dell’Oceano dove erano state deportate.
Il mondo dei pescatori
L’Oceano Atlantico che bagna le coste del Senegal, da sempre si è dimostrato una fonte di ricchezza per l’incredibile abbondanza di prodotti ittici. Fin dai tempi antichi, alcune popolazioni rivierasche hanno sviluppato particolari soluzioni tecniche per sfruttare questa risorsa portata dalle correnti oceaniche non lontano dalle coste sabbiose. Quegli uomini divennero ottimi carpentieri e costruirono lunghe piroghe che abbellirono con coloratissimi disegni raffiguranti simboli religiosi, disegni geometrici, nomi di famiglie, o semplicemente segni enigmatici di difficile interpretazione per noi occidentali. Queste barche possono resistere anche per quarant’anni alle onde dell’oceano senza mostrare danni al robusto legno dello scafo. Di diverse misure, le maggiori imbarcazioni possono reggere bene le onde dell’oceano anche molto lontano dalla costa spinte alla ricerca di grandi branchi di pesci. Vi sono alcuni pescatori del Gambia che si sono specializzati nella cattura degli squali ai quali vendono tagliate le pinne (=finning) e rivendute nei mercati dell’Oriente dove vengono utilizzati nelle zuppe cinesi! Questa pratica è internazionalmente vietata perché sta riducendo drasticamente le popolazioni di pescecani i quali rivestono una funzione molto importante nell’ecosistema marino.
Secondo una leggenda quando i primi navigatori occidentali arrivarono in queste zone, domandarono agli indigeni che nome avesse il loro paese, questi indicando le piroghe risposero “sunu gall”, da cui nacque la parola volgarizzata di “Senegal”. Il territorio di pesca dei senegalesi spazia fino alle coste della Mauritania dove, sulla spiaggia di Nouakchott, ogni giorno si assiste al ritorno dei pescatori. Le piroghe vengono tirate verso riva con una lunga cordata di persone, mentre nel frattempo, specialmente donne, con cesti sul capo, si avvicinano alle barche, immerse nell’ acqua gelida fino alla cintola. Subito vengono riempiti i cesti che, uno alla volta, verranno riversati a terra o portati all’attiguo mercato, il tutto con una confusione di voci e richiami a cui si aggiungono quelli di decine di gabbiani che volteggiano sopra a questa straordinaria “humanitas”. A Saint Louis c’è un lungo porto dei pescatori accanto al quale vi è il quartiere dove questi vivono. Le condizioni igieniche sono indescrivibili con sporcizia ovunque e un fetore di pesce marcio che ammorba l’aria. Sulla strada vi sono file di camion-frigo pronti per caricare i prodotti ittici e trasferirli in Europa. Il Governo della città aveva proposto ai pescatori un progetto di riqualificazione, ma è stato assolutamente rifiutato: ancora una volta le vecchie tradizioni hanno avuto il sopravvento.
Alcuni spot sul Senegal odierno
L’economia di questo Paese è legata alle coltivazioni di arachidi e di riso, oltre che alla pesca. Purtroppo il turismo, attualmente, è ancora molto scarso. Il Senegal, tra il 1978 ed il 2008, salì agli onori della cronaca per l’arrivo, sul Lago Rosa, del massacrante rally Paris-Dakar che produsse una grande pubblicità al paese finché serie minacce terroristiche costrinsero a sospendere la gara. Le religioni (musulmana, cristiana ed animista) convivono pacificamente. Il governo è molto attento al mantenimento di questa situazione, anche perché vi è un alto numero di immigrati dalle nazioni vicine. Monitorato è il movimento jihadista. Nel Senegal si sta cercando di ridurre la natalità. Il 75% è costituito da popolazioni di giovani di età inferiore ai 15 anni. L’emigrazione è molto alta. Dalla città santa di Touba’ (dove c’è la più importante moschea dell’Africa Occidentale) partono generalmente i cosiddetti “voucumprà” che arrivano in Europa ed in Italia, sulle nostre spiagge, con le loro stoffe colorate ed oggetti. La situazione delle vie carrozzabili e dei trasporti è ancora problematica.
Per ridurre gli incidenti mortali di bambini e persone in genere, sono stati realizzati rallentatori, ma, inesorabilmente, questi ostacoli causano ritardi nella consegna delle merci con danni per l’economia in generale. Un grave problema attuale è quello dei rifiuti. Il Presidente della Repubblica Leopold Sengor (in carica dal 1960 al 1980), poeta e politico illuminato, cercò di migliorare le condizioni culturali (analfabetismo) ed igieniche del Senegal. Durante il suo mandato emanò diverse leggi tra cui quelle che obbligarono la popolazione a raccogliere il pattume e la plastica che poi veniva adeguatamente stoccata. I risultati furono incredibili. Oggi tutto ciò non esiste più ed il Paese è regredito di oltre quarant’anni. L’analfabetismo è ancora piuttosto elevato (54%). La mortalità infantile è molto alta e scarseggiano i medici (uno per 50.000 persone). La presenza di credenze animiste si riscontra anche in strutture di maternità dove è possibile osservare feticci appesi sopra alle poltrone da parto. Comunque, in generale, il Senegal è un paese accogliente e, con il Marocco, rappresenta al momento ancora un luogo adatto all’accoglienza di un turismo internazionale.
E il disco infuocato del sole declina nel mare vermiglio.
Ai confini della foresta e dell’abisso, mi perdo nel dedalo del sentiero.
L’odore m’insegue forte e altero, a pungere le mie narici
Deliziosamente. Mi insegue e tu mi insegui, mio doppio.
Il sole si immerge nell’angoscia
In una messe di luci, in un’esultanza di colori e di grida irose.
Una piroga sottile come un ago nella ferma intensità del mare
Uno che rema e il suo doppio.
Léopold Sédar Senghor – Da “Il Disco Infuocato del Sole”
Testo e foto/Giuseppe Rivalta