Rientrerebbero probabilmente nell’elenco dei luoghi “vittime” della crisi climatica, causa innalzamento del livello del mare, se non fosse che molto prima di essere sommerse finiranno per essere abbandonate e dimenticate. Deserte e con un patrimonio di tradizioni, storie e piccoli o grandi monumenti scivolato nelle mani dell’oblio. Sono alcune delle isole giapponesi raccontate da Francesca Scotti in “Shimaguni – Atlante narrato delle isole del Giappone” (Bompiani).
Quando esiste un termine appositamente coniato per indicare l’effetto combinato dell’invecchiamento della popolazione, della bassa natalità e dell’aumento della domanda di servizi, significa che tale effetto esiste ed è anche fortemente impattante. In Giappone, è shōshikōreika, infatti, ci si aspetta che entro il 2065 la popolazione resterà un terzo di quella attuale (Dati Bloomberg). Ottantotto milioni di persone, “solo”, e nemmeno sparse per il territorio ma concentrate a Osaka, Tokyo e nelle altre poche città che offrono lavoro. Entro il 2040 oltre 800 municipalità (quasi metà delle totali) rischiano di scomparire. Mancano oltre dieci anni ma il fenomeno è già evidente, tanto che il Governo ha varato una serie di misure per cercare di “spalmare” la popolazione in giro per il Paese, anche nelle aree in cui ci sono più case abbandonate che abitate. Non è gradevole dover utilizzare la parola “entro” nel raccontare un’esperienza di viaggio e di esplorazione, ma nel caso delle isole di Francesca Scotti non si può ignorare che quelle da lei intensamente descritte sono micromondi unici e a forte rischio di estinzione. “Stiamo assistendo a uno spopolamento feroce di queste zone: la natura si riprende il suo spazio ma lo fa con tristezza – spiega l’autrice – perché ogni isola è legata a storie, tradizioni, patrimoni orali e riti fondativi antichi e segreti che rischiano di andare persi. Sono tanti piccoli mondi, ora in pericolo”.
Delle oltre 14.000 isole che formano il Giappone, Scotti ne seleziona e racconta solo una piccola parte, per prendersi e darci il tempo di visitarle con quella delicata intensità partecipata necessaria per coglierne l’unicità. Stringe il cuore, la storia di Kudakajima, la prova fatta a isola di quanto l’emergenza culturale legata allo spopolamento delle aree rurali sia forte. Presa in prestito dagli dèi, questa briciola di terra era sede di vari rituali, soprattutto legati al raccolto. Le sacerdotesse Noro ogni anno del cavallo, ogni dodici anni quindi, ne svolgevano uno riservato alle donne sposate tra i trenta e quarantuno anni, vestendole a festa con collane di foglie di palma intrecciate e accessori in fibra naturale. Da qualche tempo a Kudakajima sono introvabili e l’ultima volta che quest’antico rituale è stato fatto, nel 1978, si è deciso di filmarlo, disobbedendo alle regole per salvarlo dall’oblio. Un’isola rilevante per il presente demografico giapponese, ma che non rappresenta in modo esaustivo l’immensa varietà di esperienze che le isole minori giapponesi possono offrire a chi le sceglie per conoscere un Paese apparentemente noto a tutti ma realmente conosciuto da pochi. Non è un caso, infatti, che un’autrice come Francesca Scotti, che in Giappone ci vive da anni, abbia voluto regalare ai viaggiatori (con la valigia o con la mente) una guida alternativa ai classici elenchi di percorsi e itinerari standard, conditi da stereotipi e proposti con paraocchi invisibili inclusi. “Esistono isole per tutti i gusti e per ogni tipologia di esperienza si desideri fare, a livello sia di comodità sia di passioni. Se ne possono combinare due o tre scegliendo una delle zone che presento: consiglio di prendersi il tempo di viverle a fondo quando si raggiungono” spiega Scotti.
Se a Okinoshima, l’isola dei Kami, girano solo sacerdoti shintō addetti a rituali e offerte, a Sadogashima si incontrano sia abitanti che persone e lo stesso vale per Awajishima, essendo tra l’altro raggiungibile perfino con un ponte. Ce ne sono poi di più piccole, d’inaccessibili, di naturalistiche e di affollate. Se l’indice di Shimaguni fosse un menù, nello sfogliarlo verrebbe l’acquolina in bocca a ogni voce e Scotti non vuole condizionare la scelta di chi sfoglia il suo libro con l’intento di decollare verso est. Non può però trattenersi dal confessare il suo attaccamento per Kamishima, l’isola dove l’autore giapponese Mishima Yokio ha ambientato “La voce delle onde”, la contrastata storia d’amore tra Shinji, introverso pescatore e Hatsue, figlia di un benestante locale, tornata sull’isola dopo un periodo in cui era stata data in adozione. Un romanzo da mettere in valigia se si ascolta il suo consiglio, per raggiungere “preparati” questa piccola terra tanto decantata, ora abbandonata. “Aveva un faro bellissimo ed è stata spesso ripresa nei film – racconta Scotti – ora vi si trovano cartelli e resti coperti di ruggine ed è abitata da 200 persone, non ci sono bar né attività di ricezione, ma non ha perso il fascino e vale ancora la pena di visitarla di persona”. Di persona o leggendo con mente sognante un libro che viene spontaneo maneggiare con delicatezza e riguardo. Prima di tutto perché è esteticamente bello, grazie anche alle immaginifiche illustrazioni di Uragami Kazuhisa, poi, una volta iniziato, per la carica emotiva e la potenza di trascinamento che rilascia. Si può leggere come un atlante insolito, se vogliamo partire ma non per quel Giappone dove tutto sembra già visto, anche se non ci abbiamo mai messo piede prima. Oppure si può utilizzare come strumento per vivere un’esperienza giapponese, instaurando un legame con il Paese raccontato nella sua forma più emotiva. Vi si trovano informazioni e storie ma anche parole che permettono di “respirare il Giappone”.
La parola chiave di questo volume è “rispetto”. Per la cultura narrata, per il Paese che ha accolto l’autrice anni fa, ma anche per noi stessi, nel riservarci un tempo per la meraviglia e per la conoscenza profonda, nel programmare un viaggio lento e diverso, personalizzato ed emotivo, oltre che lontano e sognato. Il rispetto c’è anche in come l’autrice si rivolge ai lettori, rinunciando a spiegare il suo paese d’adozione e lasciando che la sua protagonista viaggiatrice si affidi a delle “guide spirituali (in senso giapponese) e onniscienti che scelgono cosa mostrarle e raccontarle. “È un espediente per non imporre la propria mentalità e le proprie aspettative sul Paese e per lasciare da parte le immagini standard in cui è ingabbiato all’estero. Bisogna creare spazio per la meraviglia, la sorpresa e la conoscenza, uno spazio che può essere poi colmato solo se si resta in ascolto delle isole. È l’unico modo per andare oltre gli stereotipi: quando esci dal terreno battuto, il Giappone può riservarti grandi cose. Anche i visi dei bambini e quelli pieni di rughe sono veri e propri paesaggi ricchi di storia e storie”. Scotti ne ha incontrati tanti nei due anni di esplorazioni sistematiche tra isole necessari per scrivere Shimaguni. Ogni riga di questo libro nasce dall’esperienza fatta sul campo, con i piedi e lo sguardo, ma anche con la pancia e con il cuore. Scotti ha raggiunto quasi tutte le mete raccontate e quando non l’ha potuto fare, ci ha pensato Ozumi Asuka, consulente linguistico-culturale del libro, inviandole messaggi vocali, foto e video in real time. Una necessità logistica che è poi diventata un valore aggiunto per una guida che fa percepire un lavoro di squadra, con lei come con l’illustratore che, grazie all’idea di Scotti, ha imparato ad amare le isole del Paese in cui è nato. Mai, infatti, aveva fatto caso al fascino malinconico di Kamishima o all’originale frammentarietà di Matsushima con le sue oltre 250 piccole isole distribuite disordinatamente nel mare. E poi nemmeno all’irresistibile Sōfugan, un pilastro inaccessibile di basalto a strapiombo sul mare alto un centinaio di metri. Nei suoi 0,0037 km² di estensione vi sono racchiuse centinaia di storie e di Storia, compresa quella di Lot, tratta dalla Genesi. Questa isola viene anche chiamata “moglie di Lot”, ricordando come forma questa donna diventata una statua di sale dopo aver guardato Sodoma.
Mentre ci s’immerge nelle storie vere e leggendarie cui Francesca Scotti ha regalato eternità con Shimaguni, si può coltivare l’idea di partire affidandosi alle sue indicazioni, al proprio istinto e agli efficienti siti di turismo ufficiali giapponesi. “Si può organizzare tutto autonomamente, l’importante è essere abituati a cambi programmi imprevisti, causa meteo. Mare e vento dettano i tempi del viaggio” spiega Scotti, e fa parte del gioco. Chi viaggia spesso lo sa bene e chi non è abituato, può cogliere l’occasione per imparare a lasciare che i programmi si adattino al Paese che lo accoglie, senza imporre i propri tempi, i propri desideri e le proprie aspettative. Con un Paese come il Giappone il rischio esiste. Ma con Shimaguni, è un rischio scampato.
Testo/Marta Abbà