La “lacrima dell’India”, come viene definita l’ex isola di Ceylon, offre al visitatore paradisi naturali incontaminati, spiagge di palme, fortezze coloniali e vivaci templi buddisti, ma anche chilometri e chilometri di canali e bacini idrici. Perché l’acqua qui rappresenta la principale fonte di vita. Lo capirono subito i re che 500 anni prima di Cristo compresero l’importanza di fare di necessità virtù piegando i capricci della natura monsonica di quest’area alle esigenze dell’uomo: ne è nato un sistema ingegneristico di grande qualità, ben visibile ai piedi della fortezza di Sigirya, fatto di vasche di decantazione e di grondaie per trasportare l’acqua piovana fino a riempire il grande fossato che difendeva la rocca. E lo si vede sul lago Kandalama, a due passi dalle grotte di Dambulla, realizzato 2200 anni fa grazie a una diga.

Opere d’ingegneria idraulica al servizio di un’agricoltura fiorente, come dimostrano le risaie (che tuttavia non soddisfano completamente le esigenze del mercato interno), le piantagioni di tè di cui l’isola è una grande esportatrice, i tipi diversi di banane (ne vengono prodotti 49 tipi diversi), gli ortaggi (zucca, zucchine, melanzane) le spezie e il cacao. Acqua al servizio anche dei luoghi di delizie, come gli splendidi Giardini Botanici di Peradeniya, a pochi chilometri da Kandy, visitati ogni anno da oltre un milione di persone, un paradiso nato nel 1371 dalla mano dell’uomo, fatto da sessanta ettari a verde e fiori dove sono coltivate oltre 4000 specie diverse, dalle orchidee alle palme, dal bambù, alle spezie, dai ficus al cocco. Acqua che dà e acqua che prende, comed quella del terribile tsunami che quindici anni fa provocò 55 mila morti fra India e Sri Lanka. Tuttavia, l’isola così simile per colori al vicino stato indiano del Kerala ha ricostruito buona parte di ciò che era stato inghiottito dall’onda anomala, pronta a ricominciare, investendo soprattutto nel ritorno dei turisti.

Questi ultimi, che arrivino per un soggiorno stanziale o vedano nello Sri Lanka solo una tappa verso le Maldive, tornano ad apprezzare un luogo capace di offrire di tutto un po’. Non solo paradisi naturali, con le spiagge e i safari in jeep (imperdibile il Parco nazionale di Yala al sud dell’isola, con i suoi elefanti, i bisonti e i coccodrilli, una riserva dove con un po’ di fortuna si può avvistare anche il famoso leopardo asiatico) ma soprattutto cultura grazie ai templi ricchi di fascino. Spettacolari i templi scavati nelle grotte a Dambulla, nel cuore dell’isola, con oltre 150 statue del Buddha (ma anche tre statue di re e due di divinità indù, Visnu e Ganesha) e 2100 metri quadrati di pitture murali. Per raggiungere le grotte, abitate fin dal terzo secolo avanti Cristo, occorre salire una collina di 400 gradini, una passeggiata di mezz’oretta. Nulla rispetto alla scarpinata richiesta per accedere all’imponente fortezza di Sigiriya, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Edificata sulla roccia nel V secolo e alta 370 metri, per raggiungerne la sommità occorre inerpicarsi su per 1200 gradini ricavati sul fianco dell’altura, da cui si dipartono due grandi sculture a zampa di leone. Sulla cittadella scoperta nel 1907 aleggia una leggenda secondo la quale il re Kaspaya, suo fondatore, avesse murato vivo il padre per prenderne il trono, che sarebbe invece spettato al fratello Mugallan. Costui però,dopo essere scappato in India meditando vendetta, sarebbe tornato per dare battaglia. Kaspaya, vistosi abbandonato dai suoi, si suicidò, mentre il fratello trasformò il castello in un monastero.

Meritano un’escursione anche Anuradhapura, prima capitale singalese dal IV secolo avanti Cristo fino al X, e la seconda capitale Polonnaruwa, anch’esse entrate nella World Heritage List dell’Unesco. I templi di Polonnaruwa, capitale del regno tra l’XI e il XIII secolo, sono tra i meglio conservati del Paese. Straordinario l’impatto con il Gal-Vihara, un tempio all’aperto che custodisce quattro statue del Buddha, perfettamente conservate, ricavate da un’unica colossale lastra di granito. La statua del Buddha in piedi, alta 7 metri, viene considerata la più bella. Vicino si trova il Buddha sdraiato, una statua lunga 14 metri, mentre raggiunge il Nirvana. Le altre due statue raffigurano il Buddha seduto e una si trova in una grotta scavata artificialmente.

Molti sono i templi ancora frequentati, ai quali si accede con le gambe e le braccia coperte. Fra quelli più noti – resi caratteristici dalle processioni di uomini, donne e bambini di ogni età vestiti di bianco che portano fiori in omaggio al Buddha – c’è il Tempio del Sacro Dente (Dalada Maligawa), all’interno del complesso del Palazzo Reale di Kandy. Si tratta di uno dei maggiori luoghi di pellegrinaggio buddista. Secondo la leggenda, il corpo d Buddha fu cremato in India ma il suo dente canino sinistro fu recuperato dai diversi re, che lo utilizzarono come simbolo e legittimazione del potere, allo stesso modo della Corona ferrea con il chiodo della Crocifissione, diventata simbolo del Sacro romano impero in Occidente. Il buddismo in Sri Lanka è costituito principalmente dalla scuola Theravada, che raccoglie il 70 per cento della popolazione. L’isola di Ceylon è stata infatti uno dei massimi luoghi di culto e insegnamento del buddismo. Tra culto e tradizione anche un’altra reliquia venerata ad Anuradhapura, dove si crede che il tempio Thuparama Dagoba custodisca la clavicola destra del Buddha.

Ma l’isola è anche ricca di testimonianze coloniali portoghesi, olandesi e inglesi. Le si trovano a Nuwara Eliya, suggestiva stazione montana a 1889 metri di altitudine, già nota ai tempi della colonia britannica, di cui restano tracce nel palazzo della posta. Ma la summa dei domini stranieri resta sicuramente la fortezza di Galle. Situata sulla punta sud occidentale, colonia portoghese, olandese e infine inglese, spicca per le sue chiese bianche (tra queste la cattedrale di Santa Maria, fondata dai gesuiti) e i bastioni imponenti. La città vecchia è la più grande fortezza di origine europea tra quelle rimaste in Asia. Il 26 dicembre del 2004 Galle venne devastata dal maremoto, si salvò solo un piccolo tempio buddista. Oggi rappresenta ancora una delle città più importanti dello Sri Lanka e ospita uno stadio di cricket, il Galle international stadium, dove si giocano i test match della disciplina.

L’antica Ceylon propone anche suggestioni quali la tradizione del mare e dei pescatori in bilico su un palo, pratica un tempo molto diffusa nel sud dell’isola ma oggi rimasta come attrazione per turisti. Ben nota anche la tradizione della danza. Si chiama Rangaari e non va persa. Secondo la tradizione ogni funzione comincia con il suono di una conchiglia, cui si affiancano i tamburi, parte integrante del rituale. In questa danza, eseguita per celebrare raccolti abbondanti e per ottenere immunità dai demoni e dalle malattie, a differenza del Katakali in Kerala, alla cui scuola accedono solo uomini, sono protagoniste anche le donne. Tutto si conclude con il cammino sul fuoco, risalente all’epoca di Rama e Sita. Ravana, re di Ceylon, rapisce la principessa Sita dall’India. Quando Rama la riprende, Sita, per provare la sua fedeltà al marito anche durante la sua cattura, cammina sul fuco chiedendo l’aiuto del dio Skanda e della dea Pattini.
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Testo e foto/Monica Guzzi