Sri Lanka, terra risplendente. Un nome musicale per una languida isola tropicale dal fascino esotico, satura di spiritualità e serenità, capace di evocare immagini di zaffiri scintillanti, di tè aromatici, di elefanti al lavoro, di spiagge sterminate, di imponenti resti di antiche civiltà, di enormi statue del Budda, di dimore coloniali, di giungle intricate. Sri Lanka, la vecchia Ceylon dei colonialisti europei e la Serendib degli arabi, l’isola a forma di lacrima – o di una goccia di tè per il suo prodotto più famoso (terzo produttore al mondo) – grande tre volte la Sardegna e situata ad appena 35 km di distanza dalla costa sud orientale della penisola indiana, in un braccio di mare dove una serie di isolotti corallini formano una specie di ponte naturale – è tutto questo e molto di più ancora. Costituisce infatti la culla del buddismo, una delle più elevate espressioni del pensiero umano, e la terra delle spezie per eccellenza, meta da sempre di trafficanti e di colonizzatori alla ricerca di avorio, pietre preziose, perle, gomma, tè e tessuti dai colori sgargianti. Foreste rigogliose si susseguono a montagne coltivate a terrazze, dove il verde assume mille gradazioni diverse; sembra impossibile poter trovare in mezzo all’oceano Indiano, a poca distanza dall’Equatore, una tale abbondanza di fiumi, cascate e laghi, che gli antichi cingalesi seppero regimentare con enorme perizia idraulica, ricavandone una terra estremamente fertile. Lunga 433 km e larga al massimo 244, con 1.330 km di coste, si presenta pianeggiante al nord, con rilievi collinari e montuosi nel centro-sud e massima altezza a 2.524 m; un terzo del territorio si presenta ricoperto da foreste, mentre la costa est, più arida, presenta savane. Il clima è tropicale equatoriale, con due diversi monsoni. La scoperta degli imponenti resti di antiche raffinate civiltà risalgono alla metà del 1800, quando l’avanzare delle piantagioni ha rivelato gli splendidi monumenti fino ad allora celati dalla vegetazione.
Sarebbe un errore imperdonabile pensare a quest’isola come ad un’appendice dell’India: nonostante la vicinanza e le inevitabili influenze, essa costituisce infatti un’entità autonoma e a sé stante, assai diversa dall’ingombrante vicino. Si può anzi sostenere che Sri Lanka offre al visitatore parecchi di quegli elementi stereotipati dell’India che l’India industrializzata e tecnologica ormai non possiede più da tempo. Insomma, tutta un’altra cosa, senza contare che l’India è induista e musulmana, Sri Lanka invece a maggioranza buddista. Quello etnico-religioso costituisce da sempre il grave problema dell’isola: infatti alla netta maggioranza dei singalesi autoctoni, di religione buddista e lingua indoariana, va aggiunta nel nord una significativa minoranza tamil, induisti di lingua dravidica, migrati in diverse ondate dal sud dell’India. La convivenza tra le due comunità, accentuata dalla presenza di minoranze musulmane e cristiane, non sempre è stata pacifica e nella seconda metà del secolo scorso è culminata in una sanguinosa guerra civile, risolta soltanto da un ventennio. Marco Polo, uno che di Oriente se ne intendeva, non a caso la definì l’isola più bella del mondo. Qualcuno si è spinto a paragonarla al giardino dell’Eden: un paragone sicuramente un po’ audace, ma non si può negare che contenga un minimo di verità. Come sempre vedere per credere, e per poter giudicare.
Il visitatore colto e curioso l’isola di Sri Lanka ha parecchio da offrire. A cominciare dalla sua pluralità etnica, che se dal punto di vista politico e amministrativo pone non pochi problemi, da quello turistico rappresenta una considerevole risorsa: un crogiuolo di razze, un mosaico di culture dove ogni gruppo conserva un patrimonio di fede, usanze, abiti e riti che regolano la vita individuale e il comportamento sociale. Poi il buddismo Theravada, nato e prosperato proprio qui come religione ufficiale da oltre duemila anni, la forma più austera e ascetica, capace di influenzare sensibilmente la cultura e l’arte: basta visitare gli innumerevoli templi e monasteri sparsi in tutto il paese, oppure gli imponenti resti delle grandi capitali antiche come Anuradhapura, Polonnaruwa, Kandy o l’incredibile fortezza di Sigirya, eretta su una rupe alta 200 metri, un maestoso monolite vulcanico che nel 477 venne trasformato nell’imprendibile roccaforte di un principe locale. L’architettura buddista si è sviluppata con uno stile proprio, autoctono, anzi esportato poi in paesi come Birmania, Thailandia, Vietnam, Laos e Cambogia. L’esempio più evidente è costituito dal dagoba, enormi stupa di mattoni a forma di emisfero solido, contenenti reliquie sacre; con la loro semplicità rappresentano la quintessenza del buddismo. Ma allo stesso tempo anche un’architettura non da poco: il Jatavanarama Dagoba di Anuradhapura, alto 121 metri, costituisce il maggior monumento buddista al mondo e uno dei più grandi edifici religiosi della terra.
La natura costituisce l’altra importante valenza. Fitte foreste tropicali, piene di piante pregiate come ebano, teak, palma da cocco, banani, mango e frangipane, con tremila specie di fiori (di cui mille autoctoni) dove spiccano le orchidee selvatiche e le piante officinali, ad offrire riparo ad elefanti selvatici, leopardi, cervi, scimmie, orsi cinghiali e coccodrilli, con in mare balene, delfini, tartarughe e lamantini. Il 16 % degli animali e il 23 delle piante sono endemici. I parchi e le riserve sono un centinaio, tra cui la più antica in assoluto, istituita nel III secolo a.C., ma a tutti interessa principalmente quello di Pinnawela, l’unico orfanotrofio al mondo per elefantini abbandonati. I siti Unesco sono otto. Per non parlare poi di spiagge d’incanto, dei giardini dove si coltivano le odorose essenze medicinali, di una delle più alte cascate della terra, del fascino di residenze coloniali e di piantagioni di tè, di coloratissime cerimonie religiose, del luccichio di zaffiri, di sbuffanti treni d’epoca, di erbe terapeutiche e di intrugli portentosi, di piccanti piatti aromatici e di frutti esotici. Sri Lanka, terra risplendente.
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