Il 15 Aprile 2023 in Sudan è scoppiata una guerra che fino ad oggi ha provocato morti, distruzioni e fughe verso i vicini paesi confinanti. A parte questa grave situazione crediamo almeno utile ricordare l’importanza archeologica e storica di questo grande paese africano che confidiamo di poter visitare di nuovo un giorno non lontano.
Meroe nella Storia. A 200 chilometri a nord est della capitale Khartoum si innalzano, ancora, le piramidi di Meroe, fondata intorno all’VIII secolo a.C. sulla riva orientale del Nilo. Questa antica città divenne la capitale del famoso Regno di Kush che arrivò ad estendersi fino al delta del Nilo intorno al 700 a.C. Le tre città nubiane, Napata, Kerma e Meroe, favorirono i rapporti commerciali tra il Mediterraneo ed il sud del Sahara che, a quei tempi, probabilmente non era ancora totalmente desertificato.
Meroe era stata edificata in quella posizione perché trovandosi tra la quinta e sesta cataratta era vicina a quella fascia climatica che favoriva le piogge estive e quindi l’agricoltura, ma anche per la ricchezza di giacimenti di ferro. Erodoto (V° sec. a.C.) nelle sue Historiae la descrive come grande ed importante. Infatti, essendo capitale della Nubia, creeranno due cimiteri reali con raffinati corredi funerari. Dopo il 30 a.C. Roma, che aveva occupato l’Egitto per ridurre le frequenti incursioni dei Meroiti, invase il Kush.
Nel I° secolo d.C. il Regno di Meroe ormai aveva perso importanza e scomparve.
La riscoperta. Un mineralogista francese, Frederic Cailliaud nel 1821 pubblicò alcuni disegni e successivamente furono prodotte delle stampe in cui si rappresentavano, per la prima volta, le rovine di Meroe. Fu però un bolognese, Giuseppe Ferlini, che effettuò, nel 1834, scavi nelle necropoli di questa antica città. Molto curiosa ed appassionante è stata la sua vita.
Un originale esploratore bolognese di Meroe. Giuseppe Ferlini, nato a Bologna nel 1797, a diciassette anni uscì da casa per contrasti con la matrigna e si recò a Venezia e poi nell’isola di Corfù. Avendo conosciuto il Pascià di Giannina lavorò come medico in Albania con le truppe presenti. Nel 1822 in Grecia partecipò, sempre come medico, nei combattimenti tra i Greci contro i Turchi. Rientrato a Bologna nel 1827, ben presto ripartì, questa volta, per l’Egitto dove Mohammed Alì (che diventerà il padre fondatore dell’Egitto moderno) stava reclutando per l‘esercito anche medici stranieri. Tre anni dopo, stanco del lavoro ospedaliero si aggregò ad una spedizione militare che scendeva verso il Sudan sempre in qualità di medico. L’Alta Nubia lo attirava per le notizie che aveva raccolto sui tesori ancora celati tra le sabbie. La scoperta di Meroe, effettuata nel 1821 da Caillaud, gli era giunta all’orecchio e volle partire alla volta di quella mitica città sepolta. Nel 1834, in pieno agosto, dopo aver organizzato la spedizione, partì verso le antiche piramidi nubiane. La sua opera consistette nel cercare i tesori nascosti all’interno delle piramidi di Meroe, più piccole di quelle ben note di Giza, ma più numerose. Per entrare all’interno di quelle costruzioni funebri, insieme al socio albanese Stèfani, non ebbe alcuna remora a demolire e sbriciolare le parti sommitali pur di penetrare nelle tombe. In quei tempi questa era un’usanza abbastanza comune. Finalmente, nella piramide più grande, appartenuta alla regina Amanishakheto, recuperò un vero tesoro di oggetti preziosi. Senza mostrarlo agli indigeni che lo coadiuvavano nello scavo archeologico, nottetempo fuggì su dei dromedari fino ad imbarcarsi su un battello del Nilo e verso la fine del 1836 riuscì a rientrare in Italia a Bologna. Ferlini, grazie all’esperienza dei suoi viaggi, era in grado di parlare il greco, l’albanese, l’inglese e l’arabo e questo lo favorì nelle sue contrattazioni.
Dopo incontri con alcuni commercianti che non avevano dato un buon risultato, Ferlini riuscì a vendere una parte degli oggetti recuperati al Re Ludwig I° di Baviera, amante delle arti. Tentò anche di vendere a Londra altro materiale coadiuvato dall’esule Giuseppe Mazzini e dove conobbe il bolognese Conte Carlo Pepoli anche lui lì rifugiatosi per i suoi profondi sentimenti patriottici. Purtroppo il British Museum non accettò gli oggetti proposti perché ritenuti falsi, ma l’affare andò in porto con il Nuovo Museo di Berlino. Il Conte Pepoli rientrato a Bologna e Livio Zambeccari patriota e massone, permisero a Ferlini di donare al Museo Egizio di Torino (creato nel 1824) numerosi facsimili di ori e bronzi meroitici. Nel 1843 Ferlini donò alla città di Bologna una serie di oggetti anche preziosi che aveva scavato in Sudan. Morì a Bologna nel 1870.
Meroe oggi. La Nubia, in pratica, è situata tra Assuan e la confluenza del Nilo Azzurro col Nilo Bianco (dove oggi sorge Khartoum). La parola Nubia deriva dal termine egizio Nub che significa “oro” per la presenza di giacimenti del prezioso quarzo aurifero.
Meroe si caratterizza per le sue numerose tombe sotterranee sovrastate da piramidi aguzze, molto più basse di quelle del nord egiziano. In origine erano oltre un centinaio. Le necropoli reali sono due dislocate a nord ed a sud dove vi sono i sepolcri più antichi. Attualmente sono una quarantina le costruzioni nel settore nord dove vennero sepolti re e principi ereditari. Verso il Nilo, ad ovest, esiste un’altra necropoli con personaggi meno importanti. Sulla parte frontale delle piramidi vennero edificati piccoli templi decorati ed anche tre camere sotterranee. Quando si entrò in una fase di decadenza lo stile ne risentì. Le dimensioni delle piramidi si ridussero.
Notevole era la ricchezza degli arredi anche perché i sovrani venivano seppelliti insieme alla loro corte fatta di servi, di donne dell’harem oltre ai loro animali (cani, cavalli e dromedari). A parte le necropoli, la città vera e propria, situata sul Nilo, non è mai stata interessata dalle ricerche archeologiche o, per lo meno, le indagini non sono mai state completate. In base ai piccoli rilievi di scarti e di scorie, si è confermata la presenza di artigiani e di valenti fabbri. Questo sito archeologico, unico nel suo genere, trasmette ancora oggi un fascino incredibile. Purtroppo le attuali vicende politiche non promettono nulla di buono. Un pensiero va a quei tour operators che negli ultimi anni avevano tanto lavorato per fare conoscere questi territori, quasi dimenticati, a persone sempre alla ricerca di nuove emozioni. Quella presenza turistica aveva offerto, indirettamente, anche un valido aiuto, economico e scolastico, a quelle popolazioni sparse che continuano a vivere quasi dimenticate, tra le sabbie del grande deserto nubiano.
Testo e foto/Giuseppe Rivalta e Carla Ferraresi