Oggi questo centro culturale di origine etrusca diventato una delle roccaforti dello Stato Pontificio, gioca il suo rilancio economico su un’offerta di turismo culturale incentrato soprattutto sul confronto tra diversi movimenti artistici.
Bellezza, cultura e spiritualità ferme nel tempo. Un luogo iconico non solo nella storia italica, per via delle sue origini etrusche e poi romane. Ma anche in quella d’Europa. Sutri, uno dei borghi più caratteristici, nonché di maggior riferimento per il turismo di qualità, del centro Italia (anche per questo, bandiera arancione del Touring Club) costituì infatti per secoli uno dei punti ‘caldi’ della Via Francigena, l’insieme di percorsi, detti anche vie romee, che dall’Europa occidentale conducevano fino a Roma per poi proseguire più a sud, in direzione dei porti d’imbarco dalla Puglia alla Terra Santa. Di questa grande arteria di genti e fede, arti, conoscenza e merci, Sutri fu l’ultima stazione di sosta attrezzata sulla parte terminale del tragitto verso la città Eterna, da cui dista 54 chilometri.
Una posizione fortunata. Questa città dalle origini risalenti all’età del Bronzo che la mitologia romana vuole fondata da Saturno, il dio delle sementi e della vite che nello stemma ufficiale del comune è raffigurato a cavallo con 3 spighe di grano in mano, sorge infatti a 28 chilometri da Viterbo. Ovvero il territorio indentificato come Etruria meridionale, quello che include Tarquinia, le valli e le forre dell’Agro Falisco (con i suoi 10 affascinanti borghi tra i quali Calcata, Nepi e Civita Castellana) e la città di Veio, altra importante roccaforte etrusca.
Prima che quest’ultima venisse conquistata dai Romani nel 383 avanti Cristo, Sutri godette di un forte sviluppo agricolo e commerciale, mantenuto comunque anche durante l’espansione e il consolidamento dell’Impero. Tra il V e l’VIII secolo la città fu coinvolta nelle lotte tra Bizantini e Longobardi, fino a quando, nel 728, il loro sovrano, Liutprando, la cedette, con tutte le terre adiacenti, al Papa Gregorio II. La cosiddetta Donazione di Sutri fu il primo passo verso il dominio temporale della Chiesa.
Durante il feudalesimo la cittadina fu al centro degli scontri tra Guelfi e Ghibellini, culminati nell’incendio del 1433 appiccato dal capitano di ventura Niccolò Fortebraccio. È proprio questo il momento in cui Sutri inizia ad arretrare sia sul piano demografico che su quello economico. In quel periodo infatti i flussi commerciali verso Roma provenienti da nord venivano progressivamente dirottati lungo la via Cimina, variante della via Cassia, potenziata dai Farnese. Una situazione, questa, che ridimensionò il rango di Sutri al livello di cittadina rurale di secondo piano nello Stato Pontificio. Nel XVIII secolo venne infine conquistata dalle truppe francesi e accomunata al vicino borgo di Ronciglione. Nella restaurazione a Sutri toccò nuovamente di essere resa alla Chiesa, seguendone le sorti fino alla proclamazione del Regno d’Italia.
Dal 1988 il borgo, che oggi conta 6.600 abitanti, è incluso nel Parco urbano dell’Antichissima Città di Sutri: territorio piccolo, non superiore a 7 ettari, ma denso di valori naturalistici e soprattutto archeologici. A cominciare dalla ’terna’ d’eccellenza formata dall’Anfiteatro Romano, la Necropoli monumentale e la Chiesa della Madonna del Parto, più famosa come l’antico Mitreo di Sutri.
Simbolo principale della città, nonché uno dei monumenti più rilevanti dell’antichità dell’intero Lazio, l’Anfiteatro è interamente scavato nella collina tufacea: invisibile quindi dall’esterno. La sua costruzione, attorno a una pianta ellittica, si fa risalire all’epoca compresa tra il I secolo avanti Cristo e il I dopo Cristo. Conteneva sette mila spettatori, divisi in tre cavee a seconda del censo: la lima cavea, prima fila riservata a personalità di rango senatorio, la media cavea dove sedevano le persone di censo intermedio e la summa cavea, destinata alla plebe. A questi ordini di posti si accedeva mediante i vomitoria, ingressi laterali funzionanti anche come uscite, accessibili mediante il deambulacro che girava tutt’intorno all’arena.
«Nel mondo si contano soltanto altri due esempi di anfiteatri simili a quello di questo, a Cagliari e a Leptis Magna, in Libia» – sottolinea Tommaso Valeri, direttore del Parco Archeologico di Sutri. Questo monumento – illustra – “è rimasto interrato per secoli e l’area che lo riguarda è stata sfruttata per un tempo altrettanto lungo come area agricola, benché l’imponente struttura fosse stata già individuata sin dal Medioevo, quando veniva chiamata Coliseum».
Solo nel 1838 si cominciò a far riaffiorare l’anfiteatro grazie a una iniziale ricerca archeologica finanziata dalla famiglia Savorelli, proprietaria del terreno. Ma i primi veri e propri scavi risalgono agli inizi del Novecento. Quello di Sutri viene considerato uno degli anfiteatri più importanti d’Italia anche per la varietà degli spettacoli che vi si svolgevano: “di certo ludi gladiatori ma anche, data la vicinanza alla necropoli, ritualità funerarie”, aggiunge Valeri.
La Necropoli monumentale, datata tra il I secolo avanti Cristo e il IV dopo Cristo. sorge in tutta la sua imponenza rupestre nei pressi della via Cassia e testimonia un importante esempio di architettura funeraria romana nel territorio etrusco-falisco. Sono 64 sia ad una camera sia a doppia camera, le tombe visibili, distribuite su più livelli. Vi si praticavano sia l’inumazione che l’incinerazione (cremazione). Nei pressi dell’anfiteatro, il Mitreo è uno dei massimi esempi di architettura rupestre in Italia. Anche questo monumento scavato per intero nella roccia, dedicato al culto del dio Mitra (piuttosto diffuso nel mondo ellenistico-romano)., presenta tre navate e la volta a botte. È unico nel suo genere: per circa 3 secoli ha infatti mantenuto intatte le caratteristiche di luogo di culto dedicato all’antica divinità indo-iranica del sole e della natura generante, ma anche della giustizia, dell’onestà e della solidarietà. “Con la diffusione del Cristianesimo, nel quarto secolo, la struttura venne convertita in chiesa cristiana, destinata a essere ulteriormente trasformata nell’VIII secolo e, ancora, nel Medioevo, quando divenne un punto di riferimento della via Francigena», riprende Valeri L’ultimo step nell’evoluzione dell’antico Mitreo si registrerà nel XVIII secolo, quando viene definitivamente dedicato alla Madonna e quindi ribattezzato come Chiesa di Santa Maria del Parto.
La secolare appartenenza allo Stato Pontificio fa di Sutri un centro ricco di numerose altre chiese che attraverso i rispettivi e ripetuti restauri testimoniano l’avvicendarsi di grandi famiglie nobiliari fiorentine e romane che provvidero a finanziare questi interventi di ripristino. La principale della città è la concattedrale di Santa Maria Assunta , fino al 1986 cattedrale della diocesi sutrina, attualmente legata a quella di Civita Castellana. La sua Cripta è uno dei più importanti e suggestivi monumenti di epoca longobarda. Avvolge il visitatore con il fascino mistico della sua architettura, composta da colonne e capitelli riutilizzati con sapienza dai costruttori longobardi durante il periodo medievale. Le navate sono scandite da tre serie di colonne, i capitelli realizzati in epoche diverse sorreggono le volte a crociera in tufo.
Altro importante edificio di culto, la chiesa dedicata alla Madonna del Monte, datata al 13° secolo. Originariamente di proprietà della famiglia Altoviti, passò all’inizio del 17° secolo in quella dei Muti- Papazzurri che commissionò in particolare i lavori di rifacimento della sua facciata che, per valorizzare ulteriormente l’edificio, venne affiancata da due torri campanarie.
Tra le stazioni di posta per il ristoro dei pellegrini diretti a Roma, c’è la Chiesa di San Giovanni del Tempio, guidata dai Cavalieri di Malta: struttura esterna semplice, squadrata, con pochi ornamenti e decorazioni tipiche del periodo rinascimentale. All’interno, sulla parete frontale, un unico altare con affresco raffigurante la Madonna con il Bambino, sormontato da un bassorilievo in stucco che ritrae San Giovanni Battista.
A Sutri le leggende si combinano ai fatti storici. In un centro dalla storia così variegata non possono mancare leggende che si amalgamano con fatti storici, alcune raccontate da edifici. Come il Castello di Carlo Magno: solo un rudere in cima al Colle Savorelli (nome, questo, di un’altra grande famiglia che fu influente a Sutri come testimonia la villa storica più grande del Parco). A questo castello sarebbe legata la vicenda del soggiorno del sovrano franco alla volta di Roma per la sua incoronazione. Ma è pressoché certo che si tratti solo di una ricostruzione fittizia, veicolata dalla tradizione orale e non da seri riscontri storici. A confermarlo sarebbe non solo l’architettura di questo bastione formato da blocchi di tufo ma anche la stessa sua datazione, riconducibile a non prima del XIV secolo. Sempre a proposito del grande sovrano franco la storia narra che Carlo Magno assegnò il feudo di Sutri alla sorella Berta, da lui allontanata dalla corte in quanto colpevole di amare Milone, un condottiero privo di titolo. Ma tornando nel solco della leggenda, proprio da questa donna sarebbe stato partorito in una grotta locale il numero uno dei paladini, Orlando. Si tramanda nei racconti che il prode spadaccino sarebbe cresciuto a Sutri per poi conquistare con furbizia la stima dello zio e il primo piano tra le pagine dei poemi cavallereschi.
Sutri è insomma un coacervo complesso di storia, e storie più o meno fittizie, legata al cristianesimo.
“Negli ultimi anni, con la sindacatura di Vittorio Sgarbi, l’attività di ricerca si è concentrata più che sugli scavi archeologici su accurate indagini scientifiche – dice Valeri – Queste hanno generato la pubblicazione di tre volumi scientifici di alto livello: Sutri in epoca cristiana, Sutri nel Medioevo, e Sutri tra il Cinquecento e il Seicento. Proprio lo studio relativo al periodo medievale ha messo in luce il periodo di maggior auge della città che arrivò a contare più di 15mila abitanti e, nella metà del Quattrocento, a contare ben 6 notai roganti. Un attivo centro economico in cui la Chiesa ha sempre esercitato un grande potere”.
Antichissimo simbolo della città, è l’Efebo, piccola statua in bronzo, alta 78 centimetri, risalente al I secolo dopo Cristo. Rinvenuta nel 1912 da due contadini del borgo rappresenta una di giovane uomo, nuda e in posizione eretta, con il braccio destro sul capo e il sinistro piegato in modo da portare ad altezza del volto un oggetto oggi mancante, probabilmente uno specchio. Tra le molte altre suggestioni di Sutri, c’è anche il campanile della Chiesa di San Silvestro. Contiene infatti una campana, ancora funzionante, donata dalla contessa Matilde di Canossa in occasione del concilio del dicembre 1046 tenuto a Sutri.
Dalla fine del Medioevo al Rinascimento, lo sviluppo di Sutri è ugualmente molto rilevante grazie alla presenza e all’interazione tra famiglie romane e fiorentine, tutte detentrici di ricche proprietà.
Per quanto riguarda gli scavi archeologici, l’ultimo ha riguardato il sottosuolo di Palazzo Doebbing, ex sede vescovile recentemente convertita in un nuovo spazio espositivo, che offre almeno due mostre all’anno. Questo si aggiunge al museo del Patrimonium, ubicato invece nell’edificio quattrocentesco già sede del Civico Ospedale, nel quale è custodito anche l’Efebo di Sutri, antichissima statuetta datata I secolo dopo Cristo, ritrovata nel 1912 da due contadini locali.
“Lo scavo concluso poco più di due anni fa ha consentito di individuare vestigia risalenti al V secolo avanti Cristo che testimoniano la probabile presenza di un abitato etrusco proprio nell’area della civitas medievale e rinascimentale”, specifica il direttore del Parco.
Gli stop dell’emergenza sanitaria si sono tradotti in crisi generalizzata anche per Sutri. “Dalla scorsa primavera l’allentamento delle restrizioni ha lasciato margini alla ripresa del turismo e, visto l’incremento del turismo di prossimità, a trarre vantaggio sono stati proprio i borghi storici come questo – considera Claudia Mercuri, assessore alla cultura e al talento. La nostra proposta di eventi culturali è tornata a essere vivace e, fatte le debite proporzioni, non teme confronti anche con quella della Capitale. Nella Tuscia viterbese e a Sutri in particolare i riscontri turistici di questa estate sono tornati lusinghieri anche grazie alla novità centrale di questo 2021, la mostra ‘Luci e Ombre a Sutri’, ideata da Vittorio Sgarbi e inaugurata lo scorso maggio alla presenza dei neo cittadini onorari Andrea Bocelli e l’architetto Paolo Portoghesi”. Ci sarà tempo fino al 10 gennaio 2022 per ammirare il confronto tra tele di epoche e tematiche molto differenti”. La carrellata dei quadri esposti parte infatti da Mattia Preti, l’ultimo tra i pittori caravaggeschi e approda alle opere di Fortunato Depero, tra i più importanti artisti del futurismo capace, come sottolinea il sindaco Vittorio Sgarbi, “di trasformare il linguaggio della pittura in comunicazione e pubblicità”. Oltre che mediante l’assegnazione di cittadinanze onorarie a personaggi illustri, distintisi anche nel campo del mecenatismo, Sutri sta in effetti giocando il suo rilancio turistico-culturale già da prima della pandemia, anche attraverso il rinnovamento della sua toponomastica: “abbiamo finora intitolato diverse vie del centro storico anche a importanti personaggi dell’attualità”, riprende l’assessore Mercuri. Se fino a 3 anni fa, Sutri menava vanto solo per il suo anfiteatro romano e la chiesa del Mitreo oggi può continuare a farlo grazie a una offerta di bellezza artistica e architettonica che corre sul solco del dialogo tra le vestigia del suo parco archeologico, il suo pulsante centro medievale e l’arte del Novecento”. E proprio il nuovo museo di Palazzo Doebbing è lo strumento di questa nuova svolta.
In un tale scrigno di cultura, anche la gastronomia ha la sua storia. Prodotto tipico locale è il fagiolo di Sutri, che secondo la leggenda popolare riuscì a lenire i dolori causato da un attacco di gotta a Carlo Magno. Durante la sagra ad essi dedicata, i fagioli locali vengono serviti in caratteristiche ciotole di terracotta. Tra i piatti che li includono, i fagioli della regina. Sempre sul piatto, la biodiversità del territorio di Sutri si esprime anche attraverso le nocciole. La cultivar Tonda Gentile Romana, dal 2008 è certificata DOP. Pare che questa varietà, dalla forma leggermente a punta, esistesse ancora prima dei romani allo stato selvatico, nel sottobosco. Oggi è molto ricercata dall’industria dolciaria e utilizzate in particolare per la preparazione dei tozzetti viterbesi, biscotti secchi simili, ma un po’ più grandi, rispetto ai cantucci toscani, che possono contenere anche gocce di cioccolato. Ottimi per un fine pasto accompagnato da un bicchiere di buon vino dolce.
Info: Comune di Sutri
Piazza del Comune, 32,
01015 Sutri (VT)
Tel 0761 6011
PromoTuscia S.r.l.
Piazza dei Caduti, 1, 01100 Viterbo VT
Telefono:
328 0993588
Testo/Antonio Schembri – foto/Antonio Schembri e Promo Tuscia