Si parla molto della “pandemia”, ma meno della crisi del turismo. Ricordano i dati Istat, che se tra luglio e settembre 2021 c’è stato un +22,3% di presenze sul 2020, dal 2019 sono state invece -38,4%, di cui il 78% estere. Situazione aggravata dagli aumenti di elettricità e gas, con perdita di migliaia di posti di lavoro e la fine di molte attività. Ma, come si dice a Napoli, «Ha da passà ‘a nuttata e, in attesa che questo rimanga solo un brutto ricordo, osserviamo che, come avrebbe detto Galilei, qualcosa «Eppur si muove». Difatti molte persone hanno colto la pausa natalizia per fare una piccola vacanza, magari solo per “staccare la spina” da questa sorta di “panofobia”, che ci vede per molto tempo chiusi in casa. L’ho fatto anch’io e in poche ore stavo a Torino, città frequentata per lavoro, ma rimasta nei miei desiderata per non essere mai riuscito ad apprezzarne appieno la valenza culturale.
Torino, tra storia, mito e cultura alternativa
Per quelli più avanti con l’età come me, di questa che fu la prima capitale d’Italia rimane solo un vago ricordo scolastico; però i treni pieni d’emigranti che vi andarono per lavorare in Fiat li ricordiamo bene, come la prima volta che venni qui: alla richiesta di un’informazione mi fu risposto in tanti dialetti, meno che in torinese.
Per me Torino rimase sempre una “Parigi minore”, ma diversa dalla ‘Bologna’ cantata da Francesco Guccini, coi «Mercati all’aperto e bistrots». Lo stemma araldico cittadino campeggia un po’ dovunque, ma a dare senso a questa città è forse l’ortogonalità della sua urbanistica. Perché in questa che fu la regina della Belle Époque italiana, l’influsso della Ville Lumière si tocca con mano, tra grandi piazze e lunghi viali alberati, come i boulevard parigini. Stanno lì tra lunghe teorie di edifici che la nebbia rende evanescenti, arricchiti da portici e stucchi che richiamano al Barocco e al Liberty. E poi c’è il Po che l’attraversa, come la Senna e i suoi canali. Le Alpi imbiancate fanno da sfondo alla Mole Antonelliana, nostrano surrogato della Torre Eiffel. Fuori Porta Nuova, stazione ferroviaria gioiello stilistico del XIX secolo, c’è Corso Vittorio Emanuele II, con i caffè dai tavoli semideserti e le molte serrande abbassate sotto ai portici: vago ricordo di quello che fu. A 400 metri dalla stazione s’incontra la Sinagoga di Torino (fine XIX sec.) dove svettano le 4 torri di 27 metri, con cupole a bulbo. Il quartiere è San Salvario e attorno al luogo di culto vivono ancora molti torinesi di religione ebraica. Il Po sta in fondo a Corso Vittorio Emanuele II e a destra c’è il Parco del Valentino con il castello del XVII secolo che fu residenza estiva dei Savoia. Invece sulla sinistra ci sono i Murazzi, muraglioni costruiti nel XIX secolo, per difendersi dalle piene del fiume. I locali creati all’interno come magazzini o per le barche, sono oggi un punto di ritrovo della movida torinese.
La prima tappa per soddisfare le necessità del corpo con le delizie per la gola è il mercato di Porta Palazzo, in Piazza della Repubblica. È il più grande mercato all’aperto europeo e vi si vende di tutto, dall’agroalimentare ai casalinghi. Alle spalle, c’è l’Antica Tettoia dell’Orologio di Porta Palazzo, un mercato coperto del XIX secolo, dove invece ci sono solo prodotti alimentari freschi. La struttura, in ferro e vetro, ricorda quelle del mercato Colon a Valencia o della Boqueria di Barcellona. Sulla facciata scritte al neon in diverse lingue e colori: ‘love difference/amare le differenze’. Con un doppio significato, sia riferito alla varietà dei prodotti, che al rispetto dell’Altro. Che in questo caso sono i tanti stranieri che vi lavorano e lo hanno reso un importante mercato multietnico.
Proprio accanto ai Musei Reali c’è la Cattedrale di San Giovanni Battista: il contrasto tra qui e la vicina Piazza Reale è forte e dagli ombrelloni si passa alle statue equestri di Castore e Polluce che ti accolgono al cancello. Ma davanti a me vedo solo delle statue in marmo tatuate e non truppe in alta uniforme, come nei secoli passati. Quella serie di riproduzioni di opere classiche in marmo di Carrara, sono parte della mostra d’arte In Between. A realizzarla Fabio Viale, artista per il quale quei tatuaggi simboleggerebbero il rapporto tra immortalità dell’arte classica e immaginario contemporaneo. Duomo. Qui il 6 maggio 1949 si svolsero i funerali del Grande Torino. Morirono in 31 tra giocatori, accompagnatori, dirigenti e giornalisti. L’aereo si schiantò contro la collina della Basilica di Superga al ritorno da Lisbona, dopo una partita di beneficienza con il Benfica. Ma il Duomo è noto specie per la cappella, un tempo comunicante con il Palazzo Reale, dove si conserva la Sacra Sindone: il lenzuolo di lino che, secondo la tradizione cattolica, avrebbe avvolto il corpo di Gesù. Ma la scienza ha confutato questa ipotesi fideistica e, dopo esami di laboratorio fatti con tecnica del carbonio-14 nel 1988, si stabilì una diversa datazione, tra il XIII e XIV secolo.
Pochi passi e c’è il cuore di Torino: Piazza Castello. Nata sull’area dell’antico castrum, è attorniata da facciate di edifici storici. Come quella del Teatro Regio, riaperto nel 1973 dopo lunghi restauri e superstite dell’incendio che nel ‘36 distrusse quello del 1740. In mezzo alla piazza c’è Palazzo Madama. Qui c’era l’antica Porta Decumana poi inglobata nella “casa-forte”, che i Savoia-Acaja completarono tra il XIV e XV secolo, dandole l’attuale forma quadrata con, torri cilindriche agli angoli. Luogo ideale per la narrazione sullo sviluppo storico-architettonico della città, nelle sue viscere e sopra, racchiude i resti stratificati di oltre duemila anni di storia. Alla vista si presenta con la splendida facciata barocca dalle ampie finestre, dietro le quali dal 1934 ha sede il Museo Civico d’Arte Antica.
Oggi della romana Iulia Augusta Taurinorum rimane molto poco. Ci sono parti di basolato venuti alla luce qui e là, i resti del Teatro romano nell’area del Parco Archeologico di via XX Settembre, o le tombe scoperte durante lavori di scavo, come il sarcofago in pietra ritrovato presso corso Regina Margherita e l’ara funeraria rinvenuta fuori Porta Palatina. Tutti reperti conservati nel Museo, con i vari resti e oggetti raccolti, scampati all’espansione urbanistica dei secoli XIX e XX. Pochi metri su via Roma e c’è Piazza San Carlo (XVII sec.), il salotto buono di Torino, dove pare stesse l’anfiteatro romano. Al centro, la statua equestre di Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580), colui che tracciò le basi per la Torino futura capitale di un moderno Stato sabaudo. Per la cronaca, qui il 3 giugno 2017 accaddero gravi incidenti, coinvolgendo la folla convenuta per vedere la finale della Champions League tra Juventus e Real Madrid, con 1500 feriti e dei morti. A causarli, una banda di rapinatori con spray che crearono il panico per derubare la gente. Oggi sono tutti in carcere.
In fondo a via Po c’è Piazza Vittorio Veneto, a luogo dedita al passeggio ma anche per manifestazioni politiche, folkloristiche e religiose. Con i sottostanti Murazzi è un importante punto di ritrovo dei giovani. Attraversando ponte Vittorio Emanuele I fatto costruire da Napoleone Bonaparte, non si può fare a meno di notare un edificio simile al romano Pantheon. È la chiesa della Gran madre di Dio, nel quartiere Borgo Po. La più importante dopo il Duomo, è In stile neoclassico a navata unica e pianta circolare ma, data la particolare forma architettonica, non ha un campanile, poi realizzato con tanto di orologio su un edificio adiacente. Vi si accede da una grande scalinata che ne risalta la maestosità, con ai lati di base le statue della Fede e Religione.
Da qui non si può fare a meno di vedere svettare dietro le case la Mole Antonelliana, emblema per eccellenza di Torino. Passata verso la fine del XIX secolo da costruzione in muratura più alta del mondo (167,5 metri) a sede del Museo nazionale del cinema dal 2000, questo monumento nato per essere una sinagoga fu realizzato in più tappe, dal 1863 al 1906. Si caratterizza per la guglia slanciata che parte dalla cima della cupola quadrangolare e che non è stata molto fortunata dalla sua costruzione. Nell’agosto del 1904, dalla cima che oggi ha una stella, cadde durante un nubifragio la pesante statua del Genio alato, poi recuperata e conservata nell’edificio. A maggio 1953, sempre per cause metereologiche, caddero nel giardino della sede RAI di via Verdi, lì accanto, 47 metri della guglia. L’inaugurazione dopo i restauri avvenne il 31 gennaio 1961, durante le cerimonie per il centenario dell’Unità d’Italia.
Non saranno i passages parigini, ma le 3 gallerie coperte di Torino sono di tutto rispetto e non solo per gustare un caffè al tavolo o fare acquisti. La Galleria Umberto I ha la pianta a croce e la copertura in vetro e metallo. Uno degli accessi è su Porta Palazzo e, a ricordo del primo ospedale di Torino che ebbe sede qui, è rimasta l’antica Farmacia Mauriziana (1575). Un’altra galleria è quella Subalpina, tra Piazza Castello e Piazza Carlo Alberto. Tra le attività storiche, il caffè Baratti & Milano, che dal 1874 è punto di ritrovo d’intellettuali e artisti, e il Cinema Romano. Quando per primo aprì nel 1905, fu chiamato Cinematografo Lumière, ma due anni dopo prese l’attuale nome.
Di particolare pregio la Galleria San Federico, vicino a piazza San Carlo, con pianta a ‘T’ e accessi da via Santa Teresa, via Roma e via Bertola, dove si trova il Palazzo della luce, sede storica dell’Enel, con la facciata che ricorda quella di Palazzo Madama. Per lo splendore dei soffitti ellittici a botte e vetrati, gli stucchi, le colonne e i pavimenti di marmo, la Galleria San Federico potrebbe sembrare l’interno di una chiesa. Inaugurata nel 1933, ha quattro piani fuori terra e due sotterranei. Dal 1934 è la sede storica del quotidiano La Stampa e nello stesso anno aprì il Cinema Lux (poi Dux nel 1942 e dal 1945, Rex), allora il più grande e moderno della città.
Una cartolina dalla città post-industriale
Con la fine delle grandi fabbriche Torino si è un po’ snaturata, anche se perdura la celebrata enogastronomia piemontese. Le nuove generazioni guardano avanti, perché qui si è sviluppato un importante e rinomato polo internazionale per la ricerca universitaria avanzata, che punta specialmente all’automotive, high-tech o alla tecnologia aerospaziale. Ma si sta sviluppando sempre più il turismo culturale, con un’offerta attrattiva sostanziata dalle numerose residenze sabaude inserite dal 1997 tra i siti Unesco e gli oltre 50 musei, tra cui quelli Reali, Egizio e del Cinema. E poi, dal 10 al 14 maggio 2022 qui si terrà anche il 66° concorso canoro internazionale, Eurovision Song Contest, vinto l’anno scorso dai Måneskin.
Ma dal 2014, la città è tra le 12 italiane rientranti nel progetto Creative City Unesco, con un impegno nella rigenerazione urbana per uno sviluppo sostenibile, iniziato prima del 2006. Il nuovo design post-industriale ha interessato per prima un’icona cittadina come il Lingotto, dove nel 1920 nacque la prima fabbrica Fiat, Mirafiori, famosa per la pista per il collaudo delle auto sul tetto. Dopo la sua chiusura nel 1980, la vasta area è diventata un importante e moderno centro polifunzionale e fieristico conosciuto in tutto il mondo. La fermata Lingotto della metropolitana è a due passi e si può prendere da Porta Nuova. Ma vi si arriva anche sovrappassando lo scalo ferroviario di Torino Smistamento, per mezzo di una passerella pedonale innovativa, sorretta da un arco alto 69 metri e tanti cavi. Fu realizzata per permettere agli atleti dei Giochi olimpici del 2006, di raggiungere gli alloggi del villaggio olimpico realizzati negli ex Mercati generali, oggi in via di riqualificazione.
La Torino città magica
Le fitte nebbie che d’inverno si alzano dal Po fanno da corollario alle leggende sulle due anime dicotomiche della Torino segreta, tra logge massoniche, magia ed esoterismo. Una città che sarebbe attraversata da misteriosi flussi energetici che metterebbero in competizione il bene e il male, e attira per questo anche un turismo dell’occulto con tanto di tour notturni organizzati.
Uno dei principali luoghi del mistero si trova in Piazza Statuto. Ultima tra quelle risorgimentali a essere realizzata, più che per la sua storia ha un posto di rilievo nel panorama esoterico mondiale, perché si ritiene che il gruppo marmoreo al suo centro, che ricorda i lavoratori che scavarono la galleria del Frejus, sia uno dei vertici del cosiddetto “triangolo della magia nera”, che unirebbe Torino a Londra e San Francisco. Di converso, la fontana delle Nereidi e dei Tritoni nei giardini di Palazzo Reale, sarebbe un vertice del “triangolo della magia bianca”, con Praga e Lione.
Altro luogo della Torino esoterica di dubbia identificazione, sono le “grotte alchemiche”, ritenute dai seguaci dell’occultismo bogianen, una sorta di stargate, portale spazio/temporale verso mondi paralleli. Di certo si sa che sotto il centro storico ci sono antichi passaggi, frequentati da persone dedite allo studio dell’esoterismo, parapsicologia e alchimia. Tra i luoghi esoterici, la Sacra di San Michele, l’abbazia dove fu girato il film ‘In nome della rosa’. È dedicata all’arcangelo Michele rappresentato come un combattente con la spada in mano, che secondo il Libro dell’Apocalisse sconfisse gli angeli ribelli capeggiati da Lucifero. Ritenuta ricca di simbologie esoteriche, sta a 30 km da Torino ed equidistante, lungo una linea ideale, da due luoghi “magici” come Monte Sant’Angelo, in Puglia e Mont Saint Michel, in Francia.
Rientra tra le credenze esoteriche anche la Mole Antonelliana, ritenuta altro luogo simbolo della magia bianca e dalla cui guglia, a mo’ di antenna, si irraggerebbe sulla città l’energia positiva assorbita dal sottosuolo. Ma non poteva mancare quella che a Torino sarebbe nascosto il Sacro Graal, la coppa che secondo la leggenda fu usata da Gesù nella famosa “Ultima Cena” e avrebbe poi contenuto il suo sangue dopo la crocifissione. Qui il luogo esoterico sarebbe proprio la chiesa della Gran Madre di Dio, che si ritiene fosse stata costruita sui resti di un tempio dedicato al culto della dea egizia Iside, e le due statue alla base della scalinata sarebbero sentinelle simboliche relazionate proprio al Sacro Graal.
Credenze magiche che ci porterebbero anche nelle sale del Museo Egizio, che sarebbe anch’esso sede di forze negative e positive per gli oggetti custoditi. Ma di questo si tratterà in un prossimo articolo.
Testo/foto Maurizio Ceccaioni