Autunno, stagione di bilanci, con la domanda di prammatica su come sia andata l’estate per il turismo, e poiché il calendario è ormai giunto a tre quarti del suo percorso, lecito domandarsi anche come sia andata l’annata turistica in corso. Noi partiamo e torniamo, pensando che le cose rimangano sempre uguali. Invece motivazioni diverse – come la crisi economica, oppure la paura di attentati in alcune nazioni, l’instabilità e l’insicurezza in altre – spostano ogni anno anche sensibilmente i flussi dei vacanzieri, premiando nuove mete e seppellendone altre, con notevoli ripercussioni economiche per le casse pubbliche e le tasche private. Secondo i dati dell’OMT il turismo è un affare che riguarda ormai oltre 1.100 milioni di persone, per una spesa di 1.200 miliardi di dollari, in costante significativa crescita negli ultimi anni, cifre a cui nessuno vuole o può rinunciare. I dati di cui disponiamo al momento sono disomogenei, per valuta e per periodo, per cui vanno letti più come tendenza che in assoluto, ma le indicazioni che ne emergono risultano ben chiare e significative.
E addentriamoci nei numeri. Per l’Italia, complice il crollo di alcune mete tradizionali e la saturazione di altre, dopo anni consecutivi in rosso è stata finalmente l’estate del tutto esaurito, almeno a ferragosto, con ben 33,3 milioni di vacanzieri nostrani (quasi la metà della popolazione) e 28 di stranieri, con un incremento del 9,5 %, un giro d’affari in crescita del 17,2 % (da 18,3 a 21,5 miliardi di euro). Qualcuno finalmente ha tirato il fiato. Come sempre la parte del leone lo ha fatto il mare (62 %), seguito di parecchie distanze da città d’arte (7,7) e montagna (6,7). A livello di regioni si confermano vincenti quelle in grado di garantire offerte abbinate integrate, dove al mare si aggiungono attrattive culturali, cucina ed eventi/divertimento, come Puglia, Sicilia, Emilia-Romagna. La Sardegna deve dire grazie ai Sauditi, in abnorme crescita del 68 %, così come tutta la penisola ai Tedeschi, in aumento del 13,5. Ricordiamo che l’Italia occupa il quinto posto a livello internazionale per numero di visitatori (dietro Usa, Spagna, Francia e Cina, ma tallonata dalla Thailandia) e che il PIL del turismo vale circa il 10 % del totale.
E veniamo al turismo internazionale, in particolare a quello europeo e mediterraneo, dove si registrano le variazioni più sensibili, determinati da mutamenti geopolitici. Al crollo dei due pilastri balneari mediterranei di Tunisia (-22 %) ed Egitto (-50 %), in atto già da tempo, si è aggiunta quest’anno la Turchia, abbandonata dal 41 % dei frequentatori (soprattutto europei e tedeschi in particolare), senza tralasciare il Marocco (-6,6), a riprova della crisi vissuta da tutti i paesi musulmani. La Turchia ha salvato una parte del suo fatturato con una scelta azzardata obbligata e forse irreversibile, la trasformazione cioè al turismo halal – quello islamico – che mal si concilia con la convivenza con lo stile di vita europeo ed occidentale; in compenso esso può attingere ad un bacino di utenza enorme come numeri e come potere d’acquisto. Dobbiamo rassegnarci a perdere la Turchia dalle nostre usuali mete balneari, oltre che da un’utopica integrazione europea. Ma male sono andate anche la Francia (-60 %) e altri paesi europei come Belgio ed Olanda, pesantemente coinvolti in atti recenti di terrorismo. Parigi nel 1916 ha perso un miliardo di euro, ed è stata tradita dalla metà dei visitatori stranieri extraeuropei.
A beneficiare di queste flessioni soprattutto Spagna (+11 %), Portogallo (+32) e Croazia (+7), oltre all’Italia, e poi Cuba (+17,4), dove la normalizzazione dei rapporti con gli Usa apre al turismo prospettive inimmaginabili che già cominciano a dare i loro frutti. La palma in realtà spetterebbe all’Islanda, che quest’anno dovrebbe arrivare ai due milioni di visitatori, su una popolazione totale di 330 mila abitanti, oltre sei volte tanto. Alto in termini relativi, ma basso in assoluto. Pensare che con il crack finanziario del 2008 il paese si era mangiato in un sol boccone i due terzi del PIL, ricostruito in questi anni soprattutto grazie al turismo. Discorso diverso, e più complesso, per la Grecia. Secondo le premesse (rotta dei migranti mediorientali e aumento dell’Iva per alberghi e ristoranti dal 13 al 23 %), quest’anno avrebbe dovuto registrare una debacle. In realtà, tra luci (il crollo della Turchia) e ombre, è riuscita a sfangarsela, chiudendo il bilancio con un saldo in leggero attivo. Tra le destinazioni culturali extraeuropee continua l’apprezzamento per Iran, Birmania e Giappone, mentre sono in crollo verticale – anche per penuria di destinazioni – i viaggi avventura e quelli nel deserto.
Testo / Giulio Badini