Se ci sono una regione ed un comprensorio che negli ultimi trent’anni hanno registrato un incremento abnorme del turismo, quelli sono certamente la Puglia ed il Salento, le cui incantevoli spiagge attirano ogni estate milioni di visitatori, capaci di generare nel 2018 oltre 4 milioni di presenze e 15 milioni di pernottamenti, più di Sicilia e Sardegna, con il Salento al 29,5 %. Con simili premesse risulta difficile avanzare critiche alla gestione compiuta dalle autorità competenti, ma occorre non dimenticare che oltre al bene esiste anche il meglio. Se c’è un appunto tout court da muovere è che si tratta di un turismo edonistico e vacanziero, puntato su balneazione, cucina, alloggi di charme, divertimento, manifestazioni ed eventi, ma dove si trascura la cultura. Ad esempio, quanti sanno che il Salento rappresenta uno dei territori italiani più ricchi di testimonianze della preistoria, con un patrimonio storico ed artistico unico ed invidiabile ? Sicuramente pochi, perché fino ad ora è stato fatto molto poco per valorizzare e per fare conoscere tali siti, capaci da soli di generare un turismo colto e qualificato, e per giunta destagionalizzato.
Prendiamo il caso, sintomatico al riguardo, di Porto Badisco, minuscola località della costa adriatica, quattro case sulla statale affacciate su un incredibile fiordo, che si insinua in profondità nella roccia a formare l’unico vero approdo naturale del basso canale d’Otranto, in un tratto di mare d’ incanto, dominato alle spalle da un ambiente severo e selvaggio, con una formazione geologica peculiare formata da rocce bianche calcaree ben erose, emergenti da una bassa gariga profumatissima di essenze aromatiche e medicinali, con qualche pineta qua e là. Dopo una spiaggetta il fiordo si inoltra in un vallone carsico, dove un tempo scorreva un paleo fiume ora inabissatosi, le cui acque risorgono in mare attraverso sorgenti sotterranee, in grado di modificare il chimismo e la temperatura di quel tratto di mare, fenomeno a cui potrebbe essere associata la presenza abbondante dei migliori ricci marini del basso Adriatico. Insomma un posto di struggente bellezza e di estremo interesse, all’interno del Parco regionale costiero Otranto – Santa Maria di Leuca, per giunta nobilitato dal mito del presunto sbarco in Italia di Enea e della sua flotta in fuga da Troia, come ci racconta Virgilio nel III° libro dell’Eneide.
Ma il vero inestimabile tesoro di questa località, capace di renderla famosa anche fuori dai confini nazionali, risulta costituito dalla presenza della Grotta dei Cervi, anche se nessuno dei locali può affermare di averla mai vista con i propri occhi, in quanto totalmente inaccessibile ed ermeticamente chiusa. In estrema sintesi, nel febbraio del 1970 speleologi di Maglie, forzando un’antica frana da cui spirava una debole corrente d’aria calda, penetrarono in una vasta cavità lunga complessivamente 2.462 m su una profondità di 29 (una delle maggiori della Puglia), formata grosso modo da tre gallerie parallele che in alcuni tratti si ampliano in vaste caverne, raccordate tra di loro da stretti passaggi e da bassi cunicoli fangosi, decorate da diverse concrezioni non particolarmente attraenti (nulla da spartire per intenderci con Castellana, e neppure con la non lontana Grotta Zinzulusa). Ma la vera sorpresa per quegli intrepidi esploratori fu la scoperta che alcuni tratti delle pareti e delle volte di quelle gallerie erano adorne da qualcosa come ben tremila immagini, raggruppate in una sessantina di pannelli, tracciate dall’uomo preistorico.
In seguito verrà accertato trattarsi di gran lunga della più ricca ed organica documentazione sull’arte della tarda preistoria esistente in Europa e nel mondo. Si tratta di pittogrammi dipinti con ocra rossa triturata (le più antiche, ancora con influenze naturalistiche precedenti) e con guano di pipistrello (abituale frequentatore di quest’antro, quelle più recenti di colore scuro) mischiati a grassi organici, ritraenti animali (cervi, cani e cavalli con scene di caccia), figure umane semplici e complesse, oggetti e simboli magici, figure geometriche con un gran numero di spirali estremamente arzigogolate e complicate, uomini ed animali pettiniformi assai stilizzati. Qualcosa di assolutamente unico per la comprensione del mondo artistico e spirituale dell’uomo di 6- 5 mila anni fa, tra Neolitico medio ed Eneolitico. Ma soprattutto, da una serie molteplice di indizi, non un luogo qualunque e casuale, quanto piuttosto di un vero e proprio santuario ipogeo – l’unico finora conosciuto in assoluto per quell’epoca – dove si svolgevano riti magico-religiosi di iniziazione, compresi anche sacrifici umani, nonché riunioni tribali sotto la guida di sciamani in trance allucinogena ed alle tremule luci di torce resinose. Ovunque si trovasse nel mondo un simile monumento, avrebbe ricevuto il massimo della protezione e della valorizzazione: non da noi.
Badisco rappresenta un punto obbligato di passaggio per quanti percorrono la costiera adriatica tra Otranto e Leuca; molti vorrebbero fermarsi per la delizia paesaggistica del luogo, ma in estate risulta praticamente impossibile per l’eccessivo affollamento, la mancanza di parcheggi, di posti al ristorante, di spazi vitali, di un luogo dove stendere un asciugamano e fare un bagno. Nei restanti dieci mesi dell’anno si presenta completamente vuota, chiusa, disabitata. Appena 5 residenti in inverno, fino a mille nelle domeniche estive. Tra quanti vi si fermano, ben pochi chiedono della Grotta dei Cervi, perché in loco non vi è nulla che ne parli: la grotta, infatti, risulta inaccessibile per chiunque – unica maniera per preservare la conservazione delle pitture organiche dalle correnti di aria salmastra, dagli sbalzi termici e di umidità, dalle spore e dai funghi portati dall’esterno, dallo stesso ossido di carbonio prodotto dalla respirazione dei visitatori, senza contare le profonde trasformazioni richieste da un eventuale adattamento turistico –, i reperti archeologici rinvenuti sparpagliati tra i musei di Firenze, Taranto, Lecce, Otranto e Maglie. La grotta è rimasta praticamente cristallizzata alla scoperta ed agli studi condottivi per 10 anni dal prof. Paolo Graziosi, massimo esperto italiano di arte rupestre, ferma a mezzo secolo fa. Nessuna ricerca, ad esempio, è mai stata fatta sull’abitato che doveva esistere in epoca neolitica, e la proposta della Provincia avanzata parecchi anni fa sul meritato riconoscimento da parte dell’Unesco come patrimonio dell’umanità non ha ottenuto l’appoggio degli altri enti locali. Protezione non vuole dire anche automaticamente mancanza di valorizzazione e di informazione.
Un esempio significativo viene dalla Francia. Nel 1940 in Dordogna venne scoperta la Grotta di Lascaux, una delle più belle e ricche al mondo di pitture rupestri del Paleolitico superiore (17.500 anni fa) con 6.000 figure di cervi, tori, uri, cavali e felini, riconosciuta nel 1979 dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Aperte al pubblico nel 1945, dovettero essere chiuse definitivamente dieci anni dopo, quando registravano una media di 1.200 visitatori al giorno, perché le pitture si stavano deteriorando. Ma accanto edificarono un museo ed una riproduzione artificiale parziale della grotta con le sue pitture più significative, la quale da allora sostituisce egregiamente l’originale. Con tutti i soldi spesi della Regione Puglia per la promozione in giro per il mondo, mancano forse gli spiccioli per fare altrettanto con Badisco 2 ? Oltre tutto non occorre neppure sforzarsi per avere un’idea geniale: basta copiare, senza contare che con le moderne tecnologie di realtà virtuale accresciuta bastano una stanza, qualche poltrona ed una serie di visori per essere trasportati nelle gallerie della Grotta dei Cervi con una spesa decisamente contenuta. E in quel caso Badisco potrebbe vivere un turismo destagionalizzato, colto e remunerativo, per tutto l’anno. Se avete dei dubbi in proposito, andate a visitare il Museo della Realtà Virtuale di Bologna (www.lamacchinadeltempo.eu) e poi ne riparliamo.
Troppo difficile da capire ? Nel frattempo a Badisco i problemi si accavallano e tendono ad ingrandirsi, gravanti tutti sulla benemerita Pro Loco, unica struttura locale funzionante con gli scarsi mezzi a disposizione: oltre all’eccessivo affollamento estivo, quando viene a mancare tutto – dall’acqua potabile allo spazio per muoversi– si aggiunga l’assurdo dell’unica spiaggia di accesso al mare per pescatori e bagnanti, di proprietà privata per un gioco delle tre carte (con una infinita vertenza giudiziaria risolta in Appello soltanto nei giorni scorsi con una sentenza salomonica: riconoscimento della proprietà privata ma con diritto di uso pubblico per usucapione). E poi il fatto che Badisco è soltanto una frazione di Otranto, distante 7,5 km dal capoluogo, dove tutti si sentono trascurati e cittadini di serie B, anche perchè gli idruntini non vengono certo al mare qui, ma sulle belle spiagge sabbiose a nord, mentre questo funge da mare per gli abitanti di comuni dell’interno, i quali però non possiedono alcun potere decisionale. E per la grotta ci sono le imposizioni calate dall’alto da parte di Soprintendenza e dell’ Università di Lecce, l’una contro l’altra in competizione a tutela delle rispettive prerogative, ma coalizzate nell’ escludere interventi di organismi scientifici come Istituto Italiano di Speleologia, Società Speleologica Italiana o Federazione Speleologica Pugliese, sicuramente più competenti ad esempio sulla meteorologia ipogea, da cui dipende la salute delle pitture preistoriche. Mentre nessuno si preoccupa per il fatto che da mezzo secolo centinaia di camion pesanti percorrono ogni giorno la litoranea, qualche decina di metri sopra le pitture ipogee, a cui non credo le continue vibrazioni possano fare bene.
Badisco un caso unico ? Probabilmente il più importante e significativo, ma purtroppo in buona compagnia, in quanto il Salento possiede un enorme patrimonio storico, artistico e culturale, salvo rare eccezioni trascurato e per nulla valorizzato, tanto da giustificare il sospetto che qualcuno pensi ancora che con la cultura non si mangia, mentre in realtà costituisce il nostro petrolio. In estrema sintesi mi riferisco a dolmen e menhirs, tombe megalitiche preistoriche: all’inizio del secolo scorso erano oltre un centinaio, oggi si fa fatica ad individuarne una decina; alle grotte, presenti in diverse centinaia tra interno e costa, che hanno spesso restituito ingenti testimonianze della frequentazione animale ed umana, di cui una soltanto (la Zinzulusa) attrezzata per le visite del pubblico; dell’arte rupestre paleolitica di Grotta Romanelli, la più antica d’Italia, non accessibile; le ventarole, decine di profondi inghiottitoi carsici risalenti a 60-120 mila anni fa messi in luce dalle cave e ripieni di resti di animali preistorici precipitatevi, di cui nemmeno una visitabile; e poi le centinaia di cripte e di chiese rupestri basiliane, decorate con pregevoli affreschi bizantini, difficili da localizzare e visitabili a proprio rischio e pericolo. E potrei proseguire ancora con geositi, cave di fossili, antichi torchi storici sotterranei, alberi secolari e specie vegetali autoctone: un enorme patrimonio ignorato, non valorizzato e quindi sprecato.
Se andate a Badisco, e vi suggerisco proprio di farlo (non in luglio-agosto), godetevi l’ammiccante panorama e gustatevi i saporiti ricci, ma non chiedete della Grotta dei Cervi: potreste non trovare neppure un misero depliant. Ditemi voi se ciò non costituisce, per il Salento, la Puglia, l’Italia e la cultura in genere, un’occasione mancata per un corretto sviluppo economico, in un Sud affamato di posti di lavoro.
Info: Pro Loco Porto Badisco: www.prolocoportobadisco.it – tel. 0836 81 16 40 – proloco_portobadisco@libero.it – Castello di Otranto: esposizione di reperti di Porto Badisco e proiezione di un filmato in 2D sulla grotta della durata di 16 minuti; ingresso 6 €, orario 10 – 19; www.viaggiareinpuglia.it – castelloaragonese@gmail.com – tel. 0836 21 00 94 –
Testo/Giulio Badini – Foto/Arch. Arnesano-Badini (grotta) e Google Immagini