Quante volte, visitando un luogo pubblico – sia esso un parco, un bosco, un giardino, una spiaggia o quant’altro, ma anche una strada, un sentiero o un fiume – ci siamo trovati a dire: “Che bel posto, peccato sia tanto sporco”. A sporcarlo con i propri rifiuti il più delle volte non è stata la natura, bensì l’uomo il quale – chissà perché – quando si trova in un luogo pubblico – cioè di tutti – tende a comportarsi come fosse di sua esclusiva proprietà. Anzi molto peggio, in quanto nessuno risulta tanto autolesionista da riempire di immondizia i luoghi dove vive. A volte sono soltanto mozziconi di sigarette, pezzi di carta, sacchetti o bottiglie vuote di plastica: brutti da vedere, impossibili da smaltire naturalmente e con il difetto che con l’accumulo possono trasformarsi in montagne. Ma a volte sono mobili, frigo, materassi, gomme d’auto e batterie e quant’altro, abbandonati scientemente da incivili delinquenti della società che potrebbero benissimo smaltirli nei modi dovuti, con un aggravio di tempo e di costi modesti. Ma nella loro ristretta visione risulta assai più comodo scaricare questi costi sulla collettività.
Le pubbliche amministrazioni con le loro strutture fanno il possibile per evitare simili sconcezze, ma molto spesso si tratta di territori troppo vasti e fuori mano per potere essere tenuti sotto controllo e ripuliti dalla mano pubblica. A questo punto all’uomo civile, che ci auguriamo essere istruito ed educato, restano soltanto due possibilità: vivere tranquillo in mezzo alla schifezza, in attesa che dal cielo arrivi una soluzione, oppure rimboccarsi le maniche e fare qualcosa al riguardo. A prescindere dal fatto che la soluzione migliore risiede sempre nella prevenzione e non negli interventi successivi (meglio non inquinare, per non dovere poi ripulire), noi siamo per la seconda soluzione. La stessa che da parecchio tempo ha adottato una delle maggiori associazioni protezionistiche italiane, Legambiente (in collaborazione con numerose importanti enti ed associazioni come Arci, Erasmus, Libera, Fiab, Slow Food, CNGEI, TCI, Croce Rossa, Anas, Comunità islamica, Società Speleologica, ecc.), con l’iniziativa Puliamo il Mondo, quest’anno in programma dal 28 al 30 settembre 2018 e giunta alla sua 26° edizione.
In pratica Legambiente, dopo aver sensibilizzato al problema cittadini, enti ed autorità, si è posta come capofila coordinatrice per tutte le iniziative pratiche al riguardo, perché una cosa sono le parole e le belle intenzioni, dall’altro i fatti concreti. Nel 2017 l’iniziativa ha coinvolto ben 600 mila volontari in tutta Italia, impegnati in 1700 comuni diversi a ripulire oltre 4 mila aree pubbliche. Puliamo il Mondo è diventata anche la sezione italiana di Clear up the World, il maggior appuntamento di volontaria ambientale nel mondo, a cui fanno capo oltre mille gruppi organizzati di volontari dell’ambiente. Si può aderire singolarmente, fornendo il proprio personale contributo ad iniziative già programmate da altri per uno o più giorni, oppure proporre un’iniziativa propria. Partecipare risulta facile: basta andare sul sito www.puliamoilmondo.it e compilare l’apposita scheda di adesione; sullo stesso sito si possono visualizzare anche tutte le iniziative già previste per il 2018, ripartite per regione, provincia e comune, onde scegliere quella più vicina o interessante.
Un notevole contributo all’inquinamento con rifiuti di luoghi pubblici, compreso anche il mare, risulta costituito dalla plastica, dove un ruolo non secondario lo giocano le bottiglie vuote di acqua minerale gettate un po’ ovunque ed indistruttibili agli agenti atmosferici naturali, mentre bruciate generano diossina. L’Italia vanta infatti al riguardo un’anomalia tutta sua, della quale non andare affatto orgogliosi, vale a dire il maggior consumo individuale di acque minerali in Europa e nel mondo (secondi soltanto al Messico), forse anche dovuta al fatto che la nostra rete pubblica risulta un vero colabrodo, con perdite fisiologiche fino al 30 – 40 %. Ebbene il giro d’affari delle acque minerali viene stimato sui 10 miliardi di euro l’anno, con un fatturato per le sole aziende imbottigliatrici di 2,8 miliardi di euro, di cui solo lo 0,6 % arriva nelle casse dello Stato. Le aziende pagano infatti per concessione canoni che arrivano al massimo ai 2 millesimi di euro al litro, cioè un costo 250 volte inferiore rispetto al prezzo medio di vendita della singola bottiglia. In Italia sono registrati oltre 260 marchi diversi, prodotti in 100 stabilimenti in grado di imbottigliare oltre 14 miliardi di litri/anno, necessari per garantire un consumo stratosferico pro capite di ben 206 litri (fonte Censis e Legambiente).
Incredibilmente l’inquinamento da rifiuti non colpisce soltanto la superficie terrestre, anche nei suoi angoli più remoti, ma è arrivato addirittura sottoterra, interessando caverne e pozzi carsici dove vengono gettati un po’ di tutto., secondo il principio “occhio non vede, cuore non duole” Tanti anni fa, assieme alle Forze dell’Ordine, faticammo le fatidiche sette camicie per recuperare da un pozzo del Bolognese una cassaforte di notevoli dimensioni, rubata, svuotata e poi gettata dai ladri. Per secoli nella voragine iniziale della Grotta di Castellana, profonda 60 m, i contadini del luogo gettarono di tutto, in quanto l’abisso – funzionante da discarica naturale – inghiottiva ogni rifiuto; quando decisero la turistizzazione della grotta, dovettero portare in superficie montagne di rifiuti.
Nelle scorse settimane speleologi del CAI di Catania hanno trovato in una grotta di Belpasso, già in parte utilizzata come discarica abusiva, una quantità di posta non recapitata: il postino trovava più comodo gettare lì le lettere, che non consegnarle ai destinatari; i Carabinieri sono riusciti a risalire al postino fedifrago il quale, per fare sparire le prove del reato, ha pensato bene di dare fuoco alla caverna, provocando un piccolo disastro ambientale. In qualche caso sono state individuate carcasse di animali morti, elettrodomestici, automobili e finanche rifiuti ospedalieri, con possibile inquinamento delle falde idriche a cui debbono attingere i locali. Ecco perché ogni anno Società Speleologica Italiana e Legambiente collaborano, negli stessi giorni di “Puliamo il Mondo”, per realizzare l’iniziativa “Puliamo il Buio”, con centinaia di speleologi impegnati in tutta Italia nella pulizia del sottosuolo, perché anche se l’occhio non vede, il cuore (degli ecologisti) duole.
Info: Puliamo il Mondo
www.puliamoilmondo.it – puliamoilmondo@legambiente.it -Tel. 02 97 69 93 01
Puliamo il Buio: www.puliamoilbuio.it – info@puliamoilbuio.it –
Testo/Giulio Badini – Foto/Google Immagini