Se per il Borbone Enrico IV di Francia, «Parigi val bene una messa», a capitarci com’è successo a me, a cavallo del passato fine settimana dominato dallo sciopero generale, sarebbe da rivedere tutto. Avevo colto l’occasione di ritornare a Parigi per stare dai miei parenti prima di Natale, ammirare la Ville Lumière e scattare qualche fotografia con i colori dell’autunno, i platani svestiti delle foglie ormai color ruggine, i viali addobbati per le festività natalizie. Ma, soprattutto, ammirare la sempre eterna ‘Dame de Fer’, il simbolo di Parigi: la Torre Eiffel. Realizzata per l’Esposizione Universale parigina del 1889, avrebbe dovuto essere smantellata al termine, ma a tutt’oggi, con i suoi 300 metri di altezza, di notte risplende con migliaia di luci a led e di giorno domina lo skyline cittadino, in concorrenza con i 231 metri della più avveniristica Tour First (2011), nel quartiere de La Défense, ed i 210 metri della scura Tour Montparnasse, primo grattacielo di Parigi (1978).
Avevo prenotato per tempo il volo A/R, ma senza fare i conti con lo sciopero indetto da tutti i sindacati, a partire dal 5 dicembre, evoluzione delle proteste dei “gilet gialli” contro le riforme economiche e sociali del presidente Macron. L’arrivo ad Orly in una serata fredda, era solo il preludio al girone infernale in cui si stava cacciando il mio taxi. Per coprire i circa 20 km fino al centro città, abbiamo impiegato quasi 2 ore, tra enormi ingorghi, moto, ciclisti e monopattini elettrici che facevano lo slalom tra le macchine bloccate e le trombe dei clacson, più potenti di quelle della marcia trionfale dell’Aida di Verdi. Così, mentre assistevo rassegnato al mondo impazzito attorno a me, ho ripensato, seppure in tutt’altro senso, alle parole lasciate alla storia dal poeta Émile Deschamps: «Niente può essere paragonato a Parigi».
Già, specie quando si lotta per i propri diritti, come la Rivoluzione insegna. A far scattare la molla del dissenso popolare, una riforma delle pensioni per razionalizzare i 42 fondi già esistenti e spesso molto sperequati, creando un unico sistema universale. Perché qui si va in pensione a 62 anni e non 67, come da noi. Però c’è anche chi può andarci a 50, come i macchinisti di treni, metro e bus. La ‘Grève’, lo sciopero, l’ho capito meglio la mattinata dopo, quando ti potevi muovere solo a piedi, taxi o Uber. Un problema per molti turisti incontrati per strada, anch’essi vittime degli eventi. Perché qui il blocco di treni, metropolitane e autobus, ha ridotto fino al 90% il servizio. Conseguenze? L’ammasso di gente alle fermate, le strade della Île de France – la regione dove si trova Parigi – bloccate per centinaia di chilometri, file di auto e camion, in sciopero anche per l’aumento dei carburanti. Perché in Francia, quando decidono di fare una cosa, la fanno: come hanno dimostrato quell’oltre milione e mezzo di persone scese in piazza nel Paese. Uno sciopero a oltranza che potrebbe arrivare fino alle feste natalizie, reso possibile anche da una ‘caisse de solidarieté’, (un fondo di solidarietà) che garantisce agli scioperanti 7,30 euro/h durante la lotta. Con buona pace degli operatori turistici e di chi sperava di venire qui a trascorrere il Natale.
Il primo giorno di blocco, in Place de la République già era in piena attività un presidio dei lavoratori dei vigili del fuoco, accampati dal giorno prima con i bracieri accesi per riscaldarsi, sotto la statua della ‘Marianne’, il simbolo della Francia. Qui, nel quartiere delle Arti e dei Mestieri, s’incontrano i Grands Boulevards che presero il posto delle antiche mura del XIV e XVIII secolo e delle viuzze medievali, spettatrici silenziose delle barricate rivoluzionarie. Nei pressi della piazza, più tardi, sono poi avvenuti i primi scontri tra alcuni manifestanti e polizia, tra il “fuggi fuggi” generale di passanti e turisti diretti a Notre Dame.
Queste sono zone, un tempo popolari, che videro nascere l’illuminismo di Diderot, Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Condorcet; e su questi boulevards scrisse le rime il “poeta maledetto” Charles Baudelaire. A pranzo, per riprendermi dallo “stress”, sono andato a La Grande Roquette, un bar-ristorante vicino alle fermate M2 – Philippe Auguste e M9 – Voltaire, dove ho gustato un ottimo cous cous algerino con verdure e agnello, bevendo un Domaine de Khmis Boulaouane (Cabernet Sauvignon e Merlot) prodotto in Marocco. Infine, un tè verde alla menta, per rispettare la tradizione del Maghreb.
Nei giorni successivi, ho girato con attenzione per le vie di questa città, che per estensione è meno di un decimo di Roma e a ogni angolo ho trovato sempre qualcosa da documentare. Come il Marché des enfantes rouges, nel quartiere del Marais al 39 di Rue de Bretagne. È il più antico mercato di generi alimentari della città e fu fatto costruire nel 1615 da Luigi XIII. Prende il nome da un orfanotrofio che stava lì vicino, dove i bambini erano vestiti con panni rossi. Vicino all’entrata, un anziano artista trasforma vecchi libri in opere uniche, pieghettandone ad arte le pagine. In Boulevard Voltaire, nel quartiere Saint-Ambroise, invece non si può fare a meno di notare le guglie di 68 metri dell’omonima chiesa dei primi del 1900, dichiarata monumento storico di Francia.
Ma poi c’è sempre la Torre Eiffel, sulla sinistra del fiume, con il sole del tramonto che filtra tra le strutture metalliche e i riflessi dorati ondeggiano sulle acque solcate dai Bateaux mouches, i battelli per turisti che vanno su e giù per la Senna. Attraversando il Ponte d’Iéna, si va al Trocadéro, un quartiere parigino che prende il nome dal complesso monumentale neoclassico, realizzato sulla collina Chaillot, lì di fronte. Lo sguardo cade su tre Ferrari rosse: per meno di 100 euro si può fare un’esperienza di guida su questi bolidi fermi davanti agli splendidi giardini, alla base della Fontana di Varsavia. Questa è formata da una serie di piccole vasche declinanti a cascata, che di notte danno il loro meglio coi giochi d’acqua. Impreziosite da alberelli e sculture in pietra e bronzo fino alla sommità, da dove si erge il Palais de Chaillot, opera che ricorda vagamente l’architettura fascista, ma fino al 1935 c’era il Palais du Trocadéro (1878). Da lassù si gode un fantastico panorama, con la Torre Eiffel di fronte e in lontananza, il grattacielo di Montparnasse e la cupola dorata dell’Hôtel des Invalides, dov’è sepolto Napoleone.
Tra i due grandi edifici a semicerchio, si apre l’esplanade du Trocadéro, il piazzale che ospita musei e teatri. In alto le frasi del poeta Paul Valéry. In basso, c’è chi realizza uno spot pubblicitario, e chi, come un nutrito gruppo di orientali con bandiere e cartelli, chiede più libertà dalla Cina, per Hong Kong, Tibet e Vietnam. Alle spalle del complesso, l’edificio Conseil économique, social et environnemental , un po’ come il nostro Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla fine dell’Avenue du Président Wilson, presso il Ponte dell’Alma, una stele ricorda Diana Spencer principessa di Galles, morta dopo l’incidente nel tunnel sottostante il 31 agosto 1997. La forma ricorda la fiamma di una candela, e si rifà alle parole di ‘Candle in the wind’, la canzone cantata da Elton John al suo funerale. Oltre il fiume, sulla sinistra le cupole dorate della cattedrale ortodossa della Santa Trinità; a destra ancora l’onnipresente Torre Eiffel in contrasto con la sera che avanza.
Ma Parigi è la capitale europea del divertimento e della moda, per cui, seppure a piedi, non si poteva evitare di passare davanti al Moulin Rouge, o lungo i luoghi sacri dove hanno sede le più grandi firme del lusso. Come il triangolo tra gli Champs-Elysées, Avenue Montaigne e Avenue George V. Ma ormai è sera avanzata e qui lungo gli Champs-Elysées, dove gli alberi ora risplendono con milioni di lucine rosse, stavolta non si sentono gli echi della protesta e, poco lontano, l’Arco di Trionfo sembra fare da sentinella alla città. Poi tutti al ristorante/enoteca NoLita, nel Motor Village, l’elegante salone espositivo della Fiat sugli Champs-Élysées (www. lafourchette.com), dove per 39 euro a persona puoi mangiare a buffet e senza limiti, tanti ottimi prodotti della gastronomia italiana. In attesa che la notte porti consiglio a tutti.
Info: Atout France Italia – Agenzia per lo sviluppo del turismo Francese, www.france.fr – tel 02 58 48 655
Testo/Foto Maurizio Ceccaioni