La città metropolitana di Bologna è sorta a ridosso delle prime colline dell’Appennino, da cui scendono diversi corsi d’acqua di differenti portate e lunghezza, i quali si sono aperti il percorso in altrettanti solchi vallivi. Tra questi uno, nel settore più orientale, è incredibilmente rimasto quasi intatto: la Valle del fiume Zena.
Ancora oggi, percorrendo questa tortuosa vallata, è come fare un vero viaggio che si dipana tra paesaggi diversi, permeati di storia e geologia: un affascinante mondo naturale che oserei quasi definire una piccola “wilderness”.
Lasciamo San Lazzaro di Savena, non dopo aver visitato il moderno ed interessantissimo Museo della Preistoria “Luigi Donini”, in cui si impara a conoscere le realtà di tempi lontani, quando l’Uomo muoveva i primi passi nei nostri territori. Qui le amigdale ed i numerosi manufatti trovati da Luigi Fantini (appassionato ricercatore bolognese) si integrano perfettamente in sale dove diorami e ricostruzioni ambientali raccontano il nostro passato. Il museo è intitolato al giovane speleolgo, naturalista e medaglia d’oro al valor civile di San Lazzaro che nel 1967 perse la vita in un abisso bergamasco nel tentativo di prestare soccorso ad altri speleologi.Iniziamo a risalire questa vallata partendo dalla sua foce. Le prime colline che incontriamo, formate da arenarie semi incoerenti, sono le cosidette Sabbie Gialle, ovvero sedimenti di una zona costiera dell’ultimo mare che, nel Pleistocene (circa 1 milione di anni da oggi), bagnava tutto il pedeappennino fino alla Romagna. Il colore giallo di queste sabbie, dovuto a ossidi di ferro, ha caratterizzato l’antica Bologna, poiché fu utilizzato negli intonaci degli edifici della città medievale fino al ‘700..
Sempre alla foce dello Zena, a Pizzocalvo, affiorano particolari sassi dalle forme vagamente antropomorfe: sono i Botroidi. Si tratta di concrezioni a grappolo formati da sabbie di epoca pliocenica (sottostanti alle Sabbie Gialle) e di origine marina,, cementatesi grazie alla presenza di Carbonato di Calcio. Fu Luigi Fantini che ne raccolse in gran copia e che, ora, sono esposti al Museo di Tazzola, come vedremo più avanti. Molto prima di lui, Ulisse Aldrovandi ne aveva parlato nella sua opera “Musaeum metallicum” (1648) riferendosi a forme analoghe trovate però in un piccolo rio verso Bazzano (Rio delle Meraviglie). Dopo alcuni chilometri si arriva nella località Farneto, famoso per la presenza di una importante grotta che, in epoca preistorica, venne utilizzata dall’uomo come rifugio ed abitazione. La cavità, formatasi nei Gessi, venne scoperta da Francesco Orsoni, la cui famiglia aveva una villa non lontana dallo sbocco della Val di Zena. Un giorno del 1871, arrivò al Farneto, alla base del colle di Gesso, forse dopo una sosta nella vicina locanda “Osteriola”. Risalendo il dirupo, si trovò davanti ad un grande riparo usato da dei pastori . Da una stretta apertura fuoriusciva dell’aria fresca. Dopo aver scavato a lungo ed entrato in un cunicolo, sbucò in una grande sala coperta da guano di pipistrello, da cui spuntavano vari oggetti in terracotta: aveva scoperto la Grotta del Farneto. Per Orsoni fu una esperienza che gli cambiò la vita, ma non sempre in meglio. La presenza di un cospicuo numero di suppellettili, ossami ecc. attesta che questa cavità venne frequentata per tutta l’Età del Bronzo (3500 – 1200 a.C. circa) stagionalmente e per pratiche pastorali. Dopo che diverse frane ne avevano ostruito l’ingresso, nel 2008 è stato possibile riattivare l’accesso e renderla turistica, riscuotendo un notevole successo di pubblico. I gruppi speleologici bolognesi (GSB-USB) collaborano attivamente con il Parco Regionale dei Gessi, per la sua salvaguardia e gli accompagnamenti in grotta. Tutta la zona del Farneto e l’attigua micro regione della Croara, si caratterizzano, infatti, per la presenza di un esteso affioramento di Gesso cristallino formatosi quando il Mediterraneo si era prosciugato a causa della chiusura, tra la Penisola Iberica ed il Marocco, per lo scontro delle placche continentali dell’Africa e dell’Europa (dai 5,59 ai 5, 33 milioni di anni fa). Nelle numerose lagune costiere che circondavano un’Italia ben diversa dall’attuale, cominciarono a formarsi fenomeni di eutrofizzazione algale ed attorno ai fusticini microscopici si depositarono germi di Gesso che , favoriti dalle condizioni chimico – fisiche e dalle temperature tropicali del periodo, si accrebbero a dismisura. Poi , nel successivo periodo Pliocene, il mare coprì questi sedimenti con centinaia di metri di spessore di sabbie. Quando, all’inizio del periodo Quaternario , iniziarono con più veemenza i sollevamenti dell’Appennino bolognese, le formazioni di Gesso vennero portate allo scoperto e poi l’erosione, accelerata dai periodi glaciali creò un imponente fenomeno carsico con centinaia di grotte di cui il Farneto ne è un significativo esempio:
Proseguendo la nostra visita alla Valle dello Zena il torrente, lasciatosi alle spalle le colline dei Gessi, passa in mezzo a una nuova formazione geologica: le Argille scagliose. In realtà la presenza di questi grigi terreni, solcati da ripide e taglienti erosioni a calanco, ci raccontano un’altra storia piena di fascino e mistero, che ci porta ancora una volta molto più indietro nel tempo. Infatti oltre 65 milioni di anni fa il Mediterraneo non esisteva ancora, perché vi era un enorme oceano (Tetide) che si estendeva da Est ad Ovest. In questo enorme distesa d’acqua vivevano ancora i grandi Rettili marini (Ittiosauri, Mosasauri ecc.) . Nel nostro caso lo spostamento della Corsica e della Sardegna fece migrare i fondali verso Nord-Est. Si era , pertanto, creata una gigantesca coltre sottomarina che con migliaia di metri cubi di spessore passò sopra a quello che sarebbe poi diventato l’Appennino. Sui dorsi di questi materiali caoticizzati , in lento movimento, si depositarono via via, tutte le formazioni geologiche di questa valle, e non solo. Ancora una volta l’erosione del Quaternario espose queste argille spaccate e disarticolate. Passando dal Botteghino di Zocca, una trattoria con annesso bar costituisce una tappa d’obbligo per i numerosi ciclisti che amano inoltrarsi in questa vallata. Poco più avanti il paesaggio cambia e ci racconta di nuove ed affascinati vicissitudini geologiche. Un laghetto artificiale dal nome altisonante (Lago dei castori), rappresenta un luogo dove chi ama la pesca può cimentarsi. Qui ora le colline sono dolci e per lo più coltivate, al contrario di quelle osservate in precedenza. Stiamo entrando sul fondo di un altro antico mare: quello del Pliocene. A metà del XVIII° secolo lo scienziato bolognese Giacomo Biancani Tazzi parlò per la prima volta della presenza di ossa di cetacei affioranti nelle arenarie vicine alla città. Da allora in poi vennero alla luce altri fossili di grandi mammiferi marini. Infatti, dopo la Crisi di salinità del Messiniano (quella della formazione dei Gessi) l’Africa e l’Europa ancora una volta si separarono. Con una grande serie di cascate le acque dell’Oceano Atlantico riempirono rapidamente il bacino disseccato del Mediterraneo. Il Golfo Padano si arricchì di centinaia di faune marine varie ed abbondanti, favorite da un clima tropicale. Tra queste, molti mammiferi marini si trovarono all’interno di una confortevole insenatura orientata a sud, larga non più di 5 km, delimitata dal Colle della Guardia (dove oggi svetta il santuario di San Luca) ed il Monte Paderno, dove si riprodussero in queste acque protette. Nei pressi dell’antico borgo di Gorgognano (purtroppo distrutto dalla guerra), nel 1965 fu scoperto lo scheletro di una Balena probabilmente morta spiaggiata sulla costa che allora corrispondeva a quello che oggi è il cosiddetto Contrafforte Pliocenico. Si era tra i 2 ed i 5 milioni di anni fa. Una bella ricostruzione della balena, dello scultore Davide Rivalta, si può ammirare dal 2008 nello stesso punto in cui venne scoperta. La valle , dopo un restringimento, si allarga di nuovo e le Argille Azzurre di prima (sedimentate in un mare profondo) lasciano il passo ad arenarie più grossolane, tipiche di un mare basso, che l’erosione ha modellato a pareti verticali con protuberanze tondeggianti (cogoli), le quali altro non sono che sabbie ricementate e contenenti frammenti di conchiglie, sabbie poi sottoposte a rotolamenti dovuti alle burrasche che interessavano allora questi territori. Certe pareti, concave ed incombenti sulla strada, ricordano le murate di antichi velieri. In realtà sono anse fossili dell’antico torrente. Si arriva così a Zena, un piccolo agglomerato di case sorte attorno ad un vecchio mulino. Qui si può sostare in un ristorante, con bar, della famiglia Grillini specializzato in crescentine e piatti locali.
Poco prima di raggiungere questa frazione, una strada a destra reca l’indicazione di Cà di Pippo e Monte delle Formiche. L’imbocchiamo e con una serie di tornanti in salita in breve tempo siamo in quota. Attorno si apre un panorama splendido. Ad Ovest si staglia la rupe di Livergnano che rappresenta un tratto spettacolare del Contrafforte Pliocenico, sulle cui pareti nidificano addirittura delle aquile. Si oltrepassa la località di Cà di Pippo, dove un altra piccola trattoria dà accoglienza ai turisti. La strada sale e, dopo alcuni chilometri, tra i castagneti finalmente si raggiunge la cima di questo particolarissimo monte, alto appena 638 metri s.l.m., ma per la sua morfologia visibile fin dalla pianura. La vetta è occupata da una chiesa (Santa Maria di Zena) ricostruita dopo la distruzione della guerra, ma che posa su fondamenta di origini antichissime. Infatti, già probabilmente in epoca romana qui esisteva un tempio forse dedicato a Giove. La parola Zena sembra derivare dal greco, e significherebbe “appartenente a Zeus” Di fronte alla vetta si staglia Monte Bibele, sede di un villaggio etrusco-celtico (di cui se ne parlerà più avanti) altrettanto sacro per gli antichi. Appena sotto alla cima, nel minuscolo cimitero, è sepolto Luigi Fantini a cui si deve la scoperta del fenomeno carsico dei Gessi Bolognesi, la catalogazione delle antiche costruzioni appenniniche e l’appassionante ricerca della presenza preistorica umana, in particolare quella del periodo Paleolitico. Da sempre, all’inizio di Settembre, si assiste, sulla cima, attorno alla chiesa al volo nuziale di centinaia di formiche alate della varietà Mirmyca scabrinodis. Subito dopo l’accoppiamento in volo, le femmine perdono le ali ed iniziano a fondare nuovi formicai, mentre i maschi cadono morti. Fino alla metà del secolo scorso venivano raccolte e vendute come amuleti; in realtà l’acido formico serviva come agente conservante ed antibiotico per curare emicranie, reumatismi e mal di denti. In questo periodo la parrocchia organizza una serie di feste e manifestazioni, con suggestive processioni nei boschi circostanti di giorno e di sera. Nella rupe a picco sotto la chiesa una piccola cavità, nota con il nome di Tana del Romito, fu abitata per lungo tempo nel XVI sec. da un eremita di nome Barberio, dando origine a numerose leggende; purtroppo la cavità è crollata per una frana nel 2003. Ridiscendendo a Cà di Pippo, imboccando una breve stradina si giunge al borgo di Tazzola. In questo minuscolo gruppo di antiche case dal 2006 è stato aperto in un ex stalla un piccolo museo dedicato alla Valle dello Zena, con le sue interessanti testimonianze geologiche e storiche. Ma la particolarità di questa sala espositiva sono soprattutto i Botroidi che Luigi Fantini, negli anni ’60, raccolse a centinaia alle foci dello Zena. Queste pietre dalle tipiche forme antropomorfe (oltre 250) sono una delle ragioni che hanno reso ormai famoso questo piccolo museo.
Ritornando a Zena, una nuova deviazione ci conduce all’omonimo vetusto castello, oggi in restauro. Le sue origini si perdono intorno all’anno 1000. Fu di Matilde di Canossa, che lo utilizzò per la sua posizione strategica posta su uno sperone di arenaria. Da un anno è stato creato un sentiero CAI (N° 815) che da Zena ,passando dal castello e per Tazzola, arriva al Monte delle Formiche. Risalendo ancora la valle, si passa davanti al B&B “Sassolungo” dove si può sostare in un edificio rurale di origine medievale, circondato da boschi e prati, dove è possibile fare passeggiate a cavallo nei boschi lungo antichi sentieri. Il torrente Zena s’incunea, ora, sotto la Rupe di Livergnano dalle alte rocce arenacee incombenti sulla strada. Al di là di questa scura gola la valle si allarga e s’inizia a salire. Dopo alcuni chilometri eccoci all’ingresso del Parco Archeologico di Monte Bibele. Importantissimo è il villaggio etrusco-celtico che venne abitato pacificamente da queste due popolazioni, finchè i Romani non lo misero a ferro e fuoco. Resti di case ed una cisterna sono stati accuratamente restaurati. Importanti i reperti rinvenuti anche nella vicina necropoli di Monte Tamburino, visibili nel bel Museo Luigi Fantini nella sottostante cittadina di Monterenzio in Val d’Idice.
La valle ora si fa alta e stretta. Il torrente infatti si è scavato una vera e propria forra nelle rocce del Cretaceo. Una cascata di una trentina di metri precipita sul fondo. Pochi chilometri più avanti si arriva a Quinzano, il paese da cui nasce lo Zena. Più avanti si è nuovamente nella zona di Argille Scagliose che ci portano sul ventoso e solitario crinale appenninico coperto da bassi cespugli.
Una visita a questa interessante valle, bagnata in un lontano passato da 4 mari, lascerà certamente un ricordo piacevole nel turista che in bici, in auto o a piedi si troverà immerso in una natura, nonostante tutto, ancora intatta.
Testo / Foto : Giuseppe Rivalta – Associazione Parco Museale Val di Zena
Per contatti:
Museo della Preistoria “Luigi Donini”, via Canova, 49 – San Lazzaro di Savena (BO) – Tel: 051 465132 – www.museodellapreistoria.it
Museo Civico Archeologico “L. Fantini”, Via del Museo, 240050 – Monterenzio (BO) – tel. 051 929766 – www.storia-culture-civilta-unibo.it
Parco Museale della Val di Zena (sede tecnica), Via Kennedy, 36, San Lazzaro di Savena ( BO) – tel. 051 18890508 – www.parcomusealevaldizena.it
Museo dei Botroidi – Parco Museale della Val di Zena – Contatto: Lamberto Monti (333.6124867), Pianoro (BO) – www.valdizena.tbo.it
Dove mangiare:
Trattoria-Bar “Al Botteghino”, Via Zena, 67 – Pianoro (BO) – tel. 051 051 65 199.01
Trattoria Cà di Pippo Trattoria, Piccolo Borgo – Pianoro (BO) – tel. 051 65 100 63 e 328 09 999 66
Ristorante Grillini, Via Zena 25 – Pianoro (BO) – tel. 051 65 100 34
Bed & Breakfast Podere Sassolungo – Val di Zena – di Ermanno Luconi-
Via Ca’ di Lavacchio 1, Pianoro (BO) – tel. 051 6510038 – www.sassolungo.com