Degustazioni, visite in cantina, piccoli B&B affacciati sul paesaggio rilassante delle colline vitate, e poi piatti della tradizione, trekking e pedalate nel verde. Siamo nella terra delle bollicine, un paesaggio di tradizioni antiche che ha fatto entrare le colline del Prosecco di Valdobbiadene nella World Heritage List, la lista dei siti certificati dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Il riconoscimento per la terra che produce il vino più noto al pubblico (un fenomeno da 650 milioni di bottiglie l’anno di cui circa 90 milioni prodotti nell’area della DOCG) è arrivato due anni fa.
Premia una terra, quella delle colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, fatta di 15 comuni e 97 chilometri quadrati di declivi vitati dal sapere antico come il nome della sua uva, la glera. “Queste viti sono lì dal 1918”, racconta Gabriella Vettoretti, contitolare de La Tordera, accompagnando gli ospiti nel suo vigneto del Cartizze, punta di diamante della produzione dell’azienda. “Qui si fa tutto a mano e cerchiamo di preservare le viti vecchie perché la qualità è migliore, con grande attenzione al rispetto per l’ambiente”. La sua è un’azienda storica: da più di un secolo, la famiglia Vettoretti (composta da Renato, Gabriella, Paolo, con i genitori Mirella e Pietro) trasforma le uve dei 70 ettari vitati a conduzione diretta in eleganti spumanti tra i quali Superiore di Cartizze DOCG, Valdobbiadene DOCG, Asolo Prosecco Superiore DOCG e Prosecco Doc Treviso.
Fulcro della famiglia il papà Pietro, nominato cavaliere, che a 80 anni ancora va in vigna. “La natura è al centro del nostro pensare e del nostro agire. Siamo viticoltori cresciuti nell’incanto delle colline di Valdobbiadene e i veri custodi del territorio di cui ci prendiamo cura”, continua Gabriella Vettoretti.Non c’è quindi da stupirsi se la proposta dell’azienda è a 360 gradi, nel segno del rispetto e della riconoscenza nei confronti della natura. Il percorso aziendale intrapreso e fortemente voluto dalla famiglia Vettoretti si identifica con il concetto “Natural Balance” che vuole valorizzare il grande impegno dell’azienda per una produzione che rispetti il territorio e sia vera espressione dell’essenza dell’uva e delle diversità dei singoli vigneti. Un impegno che si concretizza in una serie di buone pratiche green. Tutte le bottiglie riportano sul collo un bollino con la dicitura Natural Balance; nella retro etichetta non solo le informazioni di legge, ma anche ulteriori come la dichiarazione del contenuto di solfiti ed il contenuto di zuccheri.
La cantina è il frutto del legame esistente tra terra, natura e funzionalità. Sin dal progetto che ha visto l’impiego di materiali e pratiche ecosostenibili, la struttura nasce per utilizzare sinergicamente e in un’ottica di risparmio energetico varie fonti di energia: acqua, legno, energia termica e solare e, per questo, è la prima e, ad oggi, unica cantina in Veneto ad aver ottenuto la certificazione CasaClima Wine nel 2018. Il restyling ha lo scopo di sottolineare maggiormente il legame col territorio e con le proprie origini. L’origine del nome dell’azienda è legato al secolare vigneto di proprietà nel Cartizze e, in particolare, alla presenza di un’altura denominata “tordera” frequentata dai tordi. Una storia racchiusa in una nuova bottiglia impreziosita da un rilievo sul collo con la riproduzione del tordo stilizzato racchiuso nel suo nido.
Qui non arrivano solo gli amanti del vino. Oltre alle esperienze di degustazione in cantina il turista può cimentarsi tra pedalate e passeggiate. L’ultima proposta riguarda infatti la Trekking Adventure, una passeggiata tra i filari, seguita dalla visita in cantina con la degustazione per ritrovare nei calici i profumi respirati all’aria aperta. Imperdibile anche per i più pigri l’esperienza della e-bike, una pedalata sulle rive con la bici elettrica, immersi nel paesaggi collinare, per concludere con l’assaggio dei vini . C’è poi Casa Oltraval, quattro camere ricavate in un edificio del 1800, tutelate dalla Soprintendenza e arredate in stile romantico dalla famiglia Vettoretti a Guia di Valdobbiadene, paesino di mille anime nel cuore dell’area del Prosecco Superiore, con un belvedere dal quale l’occhio si può spingere fino alla laguna di Venezia. Le camere si chiamano Brunei, Serrai, Saomì e Alnè, nomi che ricordano gli spumanti.
Tra le vigne, anche tanta storia, come quella dell’abbazia benedettina di Santa Bona in Vidor. Fondata nel 1106 da Giovanni da Vidor, signore del castello, con un atto di donazione conservato oggi a Montecassino, è dedicata a Santa Bona, le cui reliquie secondo la pia tradizione arrivarono fin qui dall’Egitto. Dopo la fondazione l’abbazia divenne, in pochi anni, un centro di spiritualità e un faro di civiltà per tutte le genti del territorio. I monaci benedettini portarono da Pomposa, abbazia madre, nuove tecniche agricole, dissodarono terreni paludosi, accogliendo poveri , ammalati e pellegrini che transitavano sul vicino passo-barca del Piave. La parte più antica è costituita dalla Chiesa in stile romanico che contiene l’antichissimo e splendido affresco di San Cristoforo, con un magnifico chiostro in stile gotico costruito tra la fine del Duecento e i primi del Trecento. Col passare del tempo l’abbazia si arricchì di un consistente patrimonio fondiario, esito delle donazioni di privati e divenne anche un importante centro agricolo.
La chiusura del Monastero dopo la metà del Quattrocento portò in abbazia gli abati commendatari che la governarono per 310 anni, fino alla vendita da parte della Repubblica Veneta nel 1774 al nobile veneziano Nicolò Erizzo. La famiglia signorile apportò un significativo contributo nel succedersi delle varie generazioni soprattutto nel periodo della prima guerra mondiale, quando la struttura subì ingenti danni. Oggi è di proprietà del conte Alberto Da Sacco ed è aperta al pubblico per determinati eventi culturali e per la festa di San Giuseppe a marzo, come per la festa di Santa Bona, a settembre.
Info: www.latordera.it
www.casaoltraval.it
Testo/Monica Guzzi