L’isola di Zanzibar, chiamata anche l’isola delle spezie, rappresenta uno straordinario luogo di vacanza, molto frequentato dal pubblico italiano, sita al largo della Tanzania, di cui fa parte da qualche anno. Rinomata per le sue magnifiche spiagge, per l’affabilità dei suoi poveri abitanti, per le coltivazioni di spezie e per la capitale Stone Town, la città di pietra, una volta residenza dei sultani, costituisce anche una poco conosciuta meta per le immersioni subacquee nell’Oceano Indiano. Vicina al continente africano, la costa ovest è quella che offre una minore visibilità, ma anche minori correnti, invece fortemente presenti nel lato est dell’isola, rivolto verso l’Oceano e soggetto particolarmente al fenomeno delle maree.
Uno dei luoghi più conosciuti per ammirare i suoi paesaggi sommersi è l’atollo di Mnemba, isola privata sulla costa nordorientale di Zanzibar, circondata da una magnifica barriera corallina. Il viaggio tra il resort ed il reef di Mnemba non si può certamente definire comodo, malgrado gli sforzi organizzativi del diving center: d’altronde ci troviamo in Africa, ed occorre sempre un pizzico di spirito di adattamento. Sveglia prima dell’alba, quindi trasferimento privato al diving, ove verranno espletate le pratiche e pagate le immersioni; quindi trasferimento su strade più o meno sterrate verso la spiaggia di pescatori di Muyuni. Qui lunga camminata per salire a bordo di una piccola barca, la quale serve per effettuare il trasferimento verso la barca grande, che si dirige finalmente verso l’atollo.
Giunti all’interno del grande reef che circonda l’isola, la maggior parte dei turisti si getta felice in acqua alla scoperta della barriera corallina e dei suoi abitanti. Quanti, di solito pochi, invece effettuano immersioni, cominciano finalmente a preparare l’attrezzatura subacquea, interrotti solo dall’attento briefing della guida: “Scendiamo, a metà consumo della bombola torniamo indietro”. Perfetto. Lo spettacolo che si pone in quel momento davanti agli occhi appare magnifico, con il sole che brucia ed accende di colori pastello l’ambiente circostante: blu notte il mare, azzurro il cielo, bianche le spiagge circondate dal verde delle palme. Un vero paradiso.
Una volta sott’acqua, la corrente prende il subacqueo con sé e lo trascina senza dargli la necessità di pinneggiare; la visibilità risulta intorno ai 30 metri e la temperatura è eccezionale, mantenendosi sempre intorno ai 30 gradi in profondità come in superficie, consentendo così l’utilizzo di un mutino shorty da 3 mm. L’ambiente non si presenta ricco di vita come alle Maldive, né i coralli sono colorati come in Mar Rosso, ma riserva sempre incontri piacevoli: nuvole di grunt fish, Jack fish (simili alle nostre ricciole), pesci pagliaccio, scatole, palla, napoleone. Il ritorno al punto di partenza, malgrado le rassicurazioni della guida, risulta ovviamente reso impossibile dalla forte corrente, così è per loro normale risalire in mezzo all’oceano ed essere poi recuperati fortunosamente da una qualche barca di passaggio.
Nella pausa fra la prima e la seconda immersione, si risale sulla barca grande, dove i ragazzi dello staff hanno preparato un break con biscotti, the e frutta zanzibarina, di sapore eccezionale; in questi momenti può capitare di vedere i delfini, che vivono stanziali in questa zona, saltellare attorno all’imbarcazione. Le immersioni ripetitive vengono abitualmente svolte a profondità inferiore, con meno corrente e maggiore presenza di pesce tra i coralli: di solito si ha quindi la possibilità di vedere tanti pesci balestra, cernie, pesci foglia e coccodrillo, polpi e tartarughe. Attraversare poi una nuvola di grugnitori rappresenta un’esperienza che fa sempre tornare bambini.
Dopo una pausa di riposo, il lungo ritorno verso casa riconduce anche alla realtà; se si ha però la possibilità di passare un po’ di tempo sulla grande spiaggia di pescatori, si può avere l’occasione di un contatto con questa gente, sempre così gentile ed aperta verso il turismo straniero.
Zanzibar: informazioni pratiche
Zanzibar si è unita nel 1964 al Tanganica, formando così la Tanzania, di cui ora fa parte; la moneta è lo scellino tanzaniano (1€ = circa 2200 scellini), ma sono accettati normalmente anche euro e dollari americani.
Quando andare: sono da evitare la “stagione delle lunghe piogge”, che va da fine marzo a fine maggio, e la “stagione delle brevi piogge, tra metà ottobre e dicembre. Negli altri mesi il clima si presenta ottimo, con sole e caldo mitigato dalle brezze marine; nel caso di un improvviso temporale, tutto si svolge nel giro di pochi minuti, al termine dei quali sarete completamente fradici, per asciugarvi poi nuovamente lungo le magnifiche spiagge.
Come arrivare: l’isola di Zanzibar risulta ben collegata con l’Italia, grazie al notevole flusso di vacanzieri alla ricerca di sabbie bianche e mare da favola. È quindi possibile avvalersi di diverse compagnie aeree che effettuano voli con scalo, oppure prendere i voli charter a basso costo di Meridiana, Blu-express e Neos air.
Documenti necessari: passaporto con visto, ottenibile direttamente in aeroporto all’arrivo. Vaccinazioni: nessuna, a meno che non si provenga da zone in cui la febbre gialla risulta endemica.
Fuso orario: GMT +3, quindi + 2 ore rispetto all’Italia, 1 quando c’è l’ora legale.
Dove soggiornare: in uno dei molteplici e splendidi resort sulla costa est, quella battuta dall’oceano e soggetta al fenomeno delle maree. Queste a volte impediscono la balneazione e portano le alghe, ma anche mare pulito e dai colori indescrivibili. Le località più famose sono Nungwi a nord e Jambiani o Kiwenga sulla costa orientale.
Cosa mangiare: un tripudio di frutta, riso e pesce fresco.
Cosa fare e vedere: a parte le ovvie attività che si svolgono nei villaggi od in spiaggia, l’isola si presenta molto bella da visitare. Da non perdere i villaggi dove costruiscono le barche come centinaia di anni fa, la Via delle Spezie, dove si visitano le piantagioni di chiodi di garofano, anice, bergamotto, cannella, vaniglia ed infinite varietà di piante tropicali, ed infine Stone Town, il capoluogo ed antica capitale dove soggiornavano i sultani, oggi Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.
Testo/Paolo Ponga – Foto/Paolo Ponga e Google Immagini